di Bruno Giurato
da “Lettera43″, 27/10/13
Che mondo sarebbe, per gli intellettuali laici italiani, senza la chiesa cattolica? Lo scherzetto della Zanzara a Piergiorgio Odifreddi ha svelato la figura di un ateo irriducibile che vuole partecipare alla messa papale del 25 ottobre scodinzolando di gioia per la telefonata del falso Bergoglio (e con una mossa di public relations sbilenca gli propone di scrivere la prefazione al suo libro).
Ma soprattutto la goliardata di Giuseppe Cruciani e David Parenzo ha manifestato l’animus di un guardiano della laicità contento della lettera con cui Benedetto XVI risponde al suo libro, e fa a fettine le sue argomentazioni. Odifreddi, anche al telefono con il falso Bergoglio, si è mostrato orgoglioso e onorato di aver ricevuto un calcio nel popò dalla pantofola rossa del Papa emerito. Una lettera vera, più una telefonata farlocca, ed ecco che il matematico impegnato sul fronte di un legalismo scientifico antireligioso si è quasi trasformato in una pecorella, smarrita ma sempre scodinzolante, nella vigna di Pietro. E sì, 300 anni e passa di cultura illuminista, positivista, scientifica se non scientista. Una grande sbornia gramsciana, le tentazioni operaiste, l’ideale liberale come pio desiderio. Una nevicata di postmoderno. E alla fine l’intellettuale, appena può, si raccoglie meditabondo alla corte del papa.
Il principe dei neo-illuministi, Eugenio Scalfari, nell’intervista ormai famosa a Francesco pubblicata su Repubblica, si è detto «anticlericale». Ma poco dopo, l’uomo che non credeva in Dio poneva al papa una domanda dal commovente profumo d’incenso: «Quali sono i santi che lei sente più vicini all’anima sua?» (l’inversione poetica tra nome e aggettivo possessivo dice molto: non «la sua anima», ma «l’anima sua»), e raccontava di aver fatto in gioventù un mese e mezzo di esercizi spirituali, suscitando la risposta incredula e dubitativa di Bergoglio, secondo cui «è impossibile resistere» a questa specie di tour de force di preghiera. Nulla da fare, anche un bell’ateone come Scalfari sente il fascino della religione e non può fare a meno di rivendicare quarti di nobiltà da reducismo cattolico. Tutto prestigio che cola, e con tantopathos metafisico, un pizzico di curialità che non guasta.
E se la tendenza della Chiesa a tuffarsi nel dialogo con i non credenti fa innervosire le correnti più tradizionaliste del cattolicesimo, dall’altra parte, quella dei laici, appunto, è tutta una corsa al libro con il teologo, all’incontro culturale con i prelati. Una nuova forma di buonismo clerical chic che da un po’ è inarrestabile. Per esempio, l’iniziativa Il cortile dei gentili, promossa dal cardinal Gianfranco Ravasi, ministro della cultura del Vaticano, è regolarmente frequentata dal meglio dell’aristocrazia intellettuale. All’incontro romano del 25 settembre 2013 dedicato al giornalismo c’erano, tra gli altri, Ferruccio de Bortoli, Ezio Mauro, Marcello Sorgi, Lilli Gruber, Roberto Napoletano, Mario Calabresi.
Ma non c’è festival della letteratura, della filosofia, di qualcosa, che non tragga lustro, pathos metafisico, e appunto brividi curiali, dalla presenza di qualche teologo o saggista religioso. Perfino nelle terrazze de La grande bellezza di Paolo Sorrentino il cardinale regge di più della scrittrice impegnata, subito sbugardata. La santa poi ti risolve il film. Sul fronte dei libri, inoltre, il clericalchicchismo domina: non si contano le pubblicazioni di filosofi, giornalisti, letterati che dialogano con questo o quel teologo sulle grandi domande esistenziali e religiose. Dagli onnipresenti Scalfari a Corrado Augias, dal filosofo francese (ateo convinto) Michel Onfray, moltissimi hanno scritto almeno un libro con un teologo: gettonatissimo come sparring partner l’eterna brillante promessa della teologia Vito Mancuso. Attualmente nella top 20 della saggistica si trovano ben sette libri che hanno a che fare con argomenti religiosi.
Il cattolicesimo è trend ed è moda, ma in particolare è cool se ne parlano gli anticattolici. Più di Scalfari c’è chi ha costruito carriere intere spiegando, da ateo, ai cattolici come debbono fare per essere veri cattolici. Si parla naturalmente di Paolo Flores d’Arcais, direttore di Micromega, che riempie la sua rivista di articoli di argomento teologico e di tono ammonitorio. L’ultimo suo libro si intitola La democrazia ha bisogno di Dio? Falso! (Laterza). Be’ la democrazia non ne avrà bisogno.
Ma gli intellettuali illuministi, in un modo o nell’altro, come termine di segreti desideri, oggetto di avversione identitaria, potere contrattuale per negoziare anticipi e diritti d’autore, accidenti se ne hanno bisogno. Attualmente Dio è il loro core business.