Magazine Società

Gli «omissis» nella sentenza d’appello sul maxi-risarcimento a CIR da parte di Fininvest, decisivi o no?

Creato il 04 ottobre 2011 da Iljester

Gli «omissis» nella sentenza d’appello sul maxi-risarcimento a CIR da parte di Fininvest, decisivi o no?

Il mio è solo un interesse tecnico, più che politico. Ecco perché mi sono preso la briga di dare ancora una volta un’occhiata alla spinosa vicenda. Prima di tutto però dobbiamo tenere presente che le sentenze diventano definitive quando non sono impugnate, decorso un certo tempo. Se non lo sono e il tempo decorre allora fanno stato fra le parti e diventano un punto fisso nel mondo giuridico. Non possono più essere modificate né impugnate e devono essere eseguite.
Ciò detto, la questione ruota intorno al Lodo Mondadori che negli anni ‘90 attribuì la Mondadori a Finivest anziché a CIR, a seguito di una sentenza civile della Corte d’Appello di Milano; sentenza che poi si rivelò viziata dal fatto corruttivo di un giudice del collegio (il giudice Metta) che decise a favore di Fininvest.
Ebbene, prima di tutto dobbiamo affermare che, corruzione o meno, quella la sentenza civile non fu mai impugnata né contestata da CIR, perciò divenne definitiva e inoppugnabile dopo il tempo stabilito dalla legge per impugnarla. Divenne quel che si dice irrevocabile e perfettamente obbligatoria fra le parti. Senonché accadde che un’altra sentenza – questa volta penale – qualche anno fa accertò il predetto fatto corruttivo, riconoscendo dunque che CIR avrebbe potuto anche avere (non che avrebbe avuto!) ragione senza la corruzione. Anche questa sentenza è diventata poi irrevocabile (non più contestabile).
Orbene, CIR, sulla base della sentenza penale anzidetta, qualche anno fa propose nei confronti di Fininvest un’azione per richiedere il risarcimento del danno a seguito della sentenza del 1991 che, riconoscendo la validità del Lodo Mondadori, assegnò a Fininvest la Casa Editrice. Il Tribunale di Milano due anni fa diede ragione a CIR e le assegnò un maxi-risarcimento di circa 750 milioni di euro, proprio sulla base della sentenza penale che accertò la corruzione di Metta. Fininvest però appellò. Qualche mese fa la sentenza: Fininvest deve risarcire circa 500 milioni.
E siamo così giunti al nuovo capitolo della vicenda. Fininvest ricorre in Cassazione, ma non si limita a questo. Propone un esposto agli organi disciplinari dei magistrati (Ministero della Giustizia e Procuratore Generale), accusando i giudici della Corte d’Appello di avere omesso alcuni passaggi nel citare la giurisprudenza di legittimità (Cassazione) a fondamento della propria decisione e a sostegno delle ragioni di CIR. Una giurisprudenza che se citata correttamente avrebbe determinato la Corte – secondo Fininvest – a decidere nel senso inverso: a disconoscere cioè il fondamento del danno e dunque il risarcimento.
Bene. È necessario fare chiarezza. Ho detto prima che le sentenze definitive non sono più impugnabili e sono definitive. Anche quelle che sono viziate da corruzione del giudice. Non a caso, la legge stabilisce che per queste sentenze l’unico strumento idoneo per cancellarle è la revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c. Il dolo del giudice infatti è uno dei motivi che possono comportare la revocazione, fino a rendere le sentenze passate in giudicato (definitive) tamquam non esset (come se non fossero mai state emesse. Rectius: revocate). Senza l’invocazione dello strumento straordinario anzidetto, nessun giudice può mettere in discussione la verità processuale accertata in una sentenza irrevocabile, seppure (ahinoi!) affetta da corruzione in conseguenza di una sentenza penale che riconosce il fatto corruttivo (al di là della provata determinazione della corruzione sulla decisione). Questa regola risponde alla fondamentale esigenza di certezza del diritto e dell’intangibilità del giudicato.

 

di Martino © 2011 Il Jester 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :