Il giudizio di Marco GoiSummary:
Glue potrebbe essere “venduta” come una serie teen thriller, per lo meno se fossimo degli autori televisivi in cerca di un network cui affidare il nostro prodotto. In realtà, a guardarlo più da vicino, Glue si allontana da entrambi i filoni con notevole personalità. Il punto di forza principale di questa novità inglese trasmessa da E4 è proprio la sua originalità. All’interno di un panorama seriale sempre più dominato da lavori che si copiano l’uno con l’altro non è un pregio da poco, e pensare che lo spunto di partenza non è poi certo così nuovo. La vicenda parte infatti con il ritrovamento del cadavere di un ragazzino, in maniera non troppo distante da Broadchurch, oppure da serie come Twin Peaks, Pretty Little Liars o The Killing, solo che in quei casi a essere trovata morta è una ragazza. Da qui in poi si sviluppa una vicenda che tiene sempre d’occhio la componente thriller, ma allo stesso tempo sembra volersi preoccupare di parlarci soprattutto di altro.
In Glue il mistero dell’omicidio tiene banco per tutti gli otto episodi di cui è composta la prima stagione e, lo diciamo senza spoilerare niente, nell’ultima puntata trova una sua conclusione. In attesa di scoprire se la serie avrà una seconda stagione, al momento dall’Inghilterra non sono ancora arrivate notizie in proposito, Glue può quindi essere gustata così, come una mini-serie con un finale ben delineato. Non del tutto sorprendente o inaspettato, a dirla tutta, però un finale coerente e che non fa sentire lo spettatore preso in giro. La componente thriller, per quanto accattivante, non è comunque che soltanto uno degli elementi della serie.
L’aspetto più intrigante e singolare è l’ambientazione scelta. Glue ci porta nel mezzo della campagna britannica e ci racconta le vite di un gruppo di giovani rom e inglesi che vivono in roulotte e cascine, con genitori per lo più assenti. Dei ragazzini che sono dovuti crescere in fretta e che si prendono cura l’uno dell’altro. Quello che emerge dalla serie è allora, più che un classico thriller o l’ennesimo serial teen “fighetto”, un ritratto sociale, il racconto di una comunità finora parecchio inedita. Giusto in un’altra serie adolescenziale molto particolare come Hemlock Grove avevamo incontrato come personaggi dei giovani rom.
Non stupisce trovare dietro a Glue il nome di Jack Thorne, già autore di un’altra creatura seriale parecchio originale come The Fades, vincitrice del BAFTA per la miglior serie drama del 2012, in cui il genere teen si univa al fantasy in una maniera parecchio distante dalle tipiche produzioni americane. In maniera analoga, sebbene Glue parta come una specie di incrocio tra Skins e Pretty Little Liars, in realtà mostra subito di essere qualcosa di differente e di più. Nonostante l’originalità del contesto, non tutto in Glue funziona però alla perfezione. La vicenda thriller non è particolarmente sorprendente e non si distanzia molto da altre serie in circolazione che sotto questo aspetto sono più tese e appassionanti, come il citato Broadchurch. A non convincere al 100% sono poi i protagonisti. Nonostante le buone interpretazioni in particolare di Yasmin Paige, già vista nell’indie movie Submarine, e della rossa Charlotte Spencer, sono un gruppo di ragazzi non troppo simpatici in cui è difficile trovare qualcuno con cui empatizzare e il coinvolgimento emotivo resta quindi un po’ bassino. Glue è allora una serie che colpisce per la sua singolarità, ma allo stesso tempo nella sua freddezza non riesce a colpire del tutto al cuore.
di Marco Goi per Oggialcinema.net
Glue, la serie teen thriller che ci porta nella campagna inglese ultima modifica: 2015-02-10T09:33:55+00:00 da Marco Goi