Magro il formaggio e magra l’economia di sussistenza dalla quale proviene: quella dell’antico Tirolo, oggi Alto Adige, e specificamente dalla zona della Valle Aurina.
Capita di trovarlo sempre più di frequente in Alto Adige dove è diventato un piatto da intenditori, tanto da essere presidio Slow Food. Il Graukäse, o formaggio grigio, è un “sauermilkkäse”, cioè un formaggio a coagulazione acida che non prevede l’utilizzo di caglio. Questo lo colloca in un periodo antico e primordiale, i primi documenti relativi alla sua presenza in Valle Aurina risalgono al 1325, dove non c’era tecnologia e l’economia povera faceva si che si facesse il formaggio con il latte avanzato dalla produzione del burro. Il risultato è che la materia grassa sul residuo secco non supera il 2%.
Il Graukäse, però, ha anche un coté altolocato: i registri di Sonnenburg (Castel Badia), convento per le figlie della nobiltà locale, testimoniano che le migliori decime, fra cui questo formaggio, venivano date per i pranzi delle monache.
La lavorazione oggi non è cambiata da allora: il latte scremato rimane nel contenitore per due giorni, tempo necessario per innescare la coagulazione lattica. La cagliata filtrata viene spezzata e pressata ancora a mano e il formaggio viene stagionato per due, tre settimane su ripiani di abete. Durante questo periodo il Graukäse sviluppa muffe fungine grigio-verdi che conferiscono odore e sapore penetrante. Ha forma irregolare, pasta marmorizzata, interno gessoso e con la maturazione diventa giallo e untuoso. Fra l’acidulo e l’amarognolo, è ottimo mangiato coperto di cipolla cruda e cosparso di aceto di mele, sempre altoatesino, naturalmente!
inserito da Elena Bianco