Dalla locomotiva allo stetoscopio: gran parte delle innovazioni del mondo moderno risalgono alla Rivoluzione Industriale, una vera rivoluzione che ha plasmato la società e il moderno consumismo, tutto ha inizio nel 700 in Inghilterra…
Una trasformazione globale e radicale dell’organizzazione economica e sociale che tocca anche i prodotti coltivati che se non sono presenti nella terra inglese ora vengono cercati attraverso l’importazione. Nuove colonie e nuovi mercati, nuovi frutti, nuovi animali, nuove piante che hanno un enorme commercio e che forniscono le tessere mancanti all’avvio della moderna economia globale. Capire le potenzialità economiche di nuove piante e nuove culture portarono a nuove scoperte compreso il té che all’epoca era raro e prezioso, ma soprattutto era monopolio della Cina che non ne vendeva le piante.
La coltivazione dell’oro verde entrò nelle consolidate tradizioni inglesi. I ricchi e gli aristocratici lo sorbivano da porcellane cinesi e in tazze piuttosto piccole, mentre gli altri ricorrevano alle mug, tazza in ceramica comune, più capiente e senza sottotazza. Il consumo in Gran Bretagna è cresciuto moltissimo tanto che si può parlare del tè come bevanda nazionale inglese, consumata varie volte al giorno e in miscele di diverse qualità. Il té ha acceso il piacere degli inglesi, diventando la dolce vita dell’epoca.Ma il vero tesoro è il cotone.
Tra i materiali che i vascelli inglesi trasportavano attraverso l’Atlantico primeggiava sicuramente il cotone, che veniva comprato grezzo nelle colonie americane: le cotonine (tessuti) che uscivano poi dai numerosi opifici facendo dell’Ingh
ilterra la prima produttiva nazione al mondo.Tanti prodotti e oggetti che diventano accessibili a molti grazie alla produzione e alla meccanizzazione in serie e innescano la vera rivoluzione dei beni di consumo e ancora oggi tutto ciò che sta intorno è frutto di quella prima rivoluzione della storia che ha gettato le basi della moderna società dei consumi.
La rivoluzione industriale dunque completò il rovesciamento del rapporto uomo–natura: se la sopravvivenza dell’uomo dipendeva prima dalla clemenza della natura, ora è la natura a dipendere dalla clemenza dell’uomo e purtroppo noi siamo i testimoni di quanta insensibilità l’uomo abbia usato nei suoi confronti. È possibile pensare l’uomo, il mondo o il nostro rapporto con la natura al di fuori di strutture culturali e sociali così radicate? Una prospettiva alternativa veramente sostenibile può basarsi solo su un’analisi radicale, sistemica, autoriflessiva e autocritica della storia dello sviluppo, della società e della vita umana e non può essere pensata indipendentemente da una di queste dimensioni.