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Graziella

Creato il 13 settembre 2012 da Peolaborghese @mesosbrodleto
Graziella

La Graziella, considerata sostanza dopante già dal 1975

Siccome sono un radical chic, leggo Il Post spesso e volentieri. Tramite questo sito, e non altrimenti, ho letto un articolo apparso sul Corriere della Sera (di solito lo evito come la peste). Autore: lo scrittore Mauro Covacich. Argomento: versione abbellita della soluzione bar sport al problema doping. Il succo è dunque il solito: lo sport è spettacolo, tanto vale liberalizzare il doping, così andrebbero tutti alla pari. Finale con postilla utopistic-buonista: “però se sapremo appassionarci anche ai dilettanti, il sistema fallirà”. Nel testo si parla, vivaddio, anche di ciclismo. Anche qui il bar sport domina, con la solita tesi: con tappe di 250 km sempre ai 50 all’ora, ovvio che si dopino. A sostegno dell’argomentazione: negli ultimi vent’anni non ricordo un campione del ciclismo che non abbia avuto qualche problema con l’antidoping.

Controprova per l’ultimo teorema, primi due nomi che mi vengono in mente: Cadel Evans (Tour 2011, Campionato del Mondo 2009), Damiano Cunego (Giro 2004, classiche di un giorno). Risalendo nel vortice del ragionamento, dettagli tecnici sulle medie orarie a parte, non ci vuole molto a capire come non sia l’entità dello sforzo a “favorire” il ricorso al doping, ma l’agonismo. Ci si dopa nei 100 metri come nella marcia 50km. Nonostante queste lievi contraddizioni, ci si riprende poi con la soluzione finale: tanto conta solo lo spettacolo (è tutto un magna magna!), dovremmo appassionarci anche ai dilettanti (la gente si deve svegliare!). Il bar acclama l’avvenuta dimostrazione con un “oooh!” collettivo,quindi è giunta l’ora di pranzo e si va tutti a casa.

E io che credevo che per essere scrittori fosse necessario non far esclamare ai propri lettori: grazie al cazzo, questa la scrivevo anche io.



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