L’attenzione mediatica di vari programmi e appuntamenti informativi quotidiani è puntata sulla veloce crescita del consenso che il Movimento5stelle sta ottenendo. Il trascinatore Grillo attacca i vertici della politica italiana, che costa quanto Buckingham Palace: ”iniziamo dall’alto, dal Quirinale, dalle Camere. I politici diventino persone normali come i politici negli altri paesi”, ma non si ferma e aggiunge “tagliare i rimborsi elettorali, ai giornali. Si comincino a recuperare i soldi dell’evasione fiscale, 98 miliardi di euro, con i quali si potrebbero pagare le piccole e medie imprese ed evitare i suicidi”.
Grillo si pone come diverso da tutti gli altri leader di partito, colma la distanza, parla ai cittadini di temi concreti, affonda il dito nella disuguaglianza di classe, alzando il tiro sui costi della politica. ”La Camera costa un miliardo e mezzo all’anno, cominciamo da lì e dai rimborsi elettorali. Se il Paese deve fare sacrifici, questi devono essere fatti da tutti o da nessuno”. Come contraddirlo? Difronte all’assenza del rinnovamento dei partiti, non stupiamoci della sua crescita esponenziale. Oggi è il terzo partito. E sempre più italiani sono propensi a votarlo. Gli italiani che vogliono cambiamenti radicali della classe dirigente, quelli dell’area del non voto, dell’web, ma, anche quelli sopra i 50, insomma tutti coloro che si pongono in modo critico verso il sistema.
Grillo prende il suffragio grazie alla degenerazione del sistema che non è più in grado di rappresentarci. Grillo propone alternative ad un sistema che non funziona o perlomeno ci prova. Grillo rappresenta l’attuale giudizio critico sulla passata politica italiana. I politici, aggiunge, ”hanno spolpato, tutti, questo Paese da 20 anni”.
Una classe dirigente che per anni si è disinteressata delle necessità del paese, una classe dirigente italiana che è la più vecchia d’Europa. Un mancato ricambio di energia e pulsioni. Una classe longeva. Signori attempati, fossilizzati e ancorati ai propri benefici. La Repubblica italiana è fondata sulla gerontocrazia. L’età media della classe dirigente italiana impegnata nelle politica, nell’economia e nella pubblica amministrazione in tempo di crisi del nostro Paese è intorno ai 59 anni. A conquistare il triste primato dell’anzianità sono le banche, i cui amministratori delegati e presidenti hanno un’età media di circa 67 anni, pari addirittura a quella dei Vescovi italiani in carica. Nelle Istituzioni, l’età media dei senatori è di 57 anni e quella dei deputati 54. Ancora più alta è l’età media del Governo guidato da Mario Monti, che non si distingue certo per avere dei ministri giovani: 64 anni.
Il nostro presidente del Consiglio ha 69 anni e i ministri più giovani, Renato Balduzzi e Filippo Patroni Griffi, ne hanno “solo” 57.