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Guantoni rosa per Timor Est

Creato il 16 luglio 2011 da Sportduepuntozero

Guantoni rosa per Timor EstIl Club Sport Dili e Benfica era l’orgoglio sportivo di Timor Est. Questo fino all’invasione indonesiana del 74, che ha chiuso tutte le attività culturali e ha instaurato un regime di terrore. Ma nel 2010 il Club Sport Dili e Benfica è rinato grazie a Sport for Life, organizzazione non governativa che promuove lo sport nei paesi reduci da conflitti. E il 28 agosto si tiene il primo torneo pugilistico da quando Timor Est è diventata indipendente, nove anni fa.

Organizzarlo non è stato facile: la federazione ha tenuto un atteggiamento ostruzionista, negando il ring e l’adesione. Grazie ai militari australiani e neozelandesi, però, i pugili timoresi potranno combattere sotto la bandiera nazionale, per la prima volta nella storia.
Non è certo un torneo ambizioso: si tratta di un quadrangolare con atleti australiani, neozelandesi, indonesiani e timoresi. Fra questi c’è anche una donna. Gelia è la prima donna timorese ad indossare i guantoni in rappresentanza del proprio paese. L’abbiamo incontrata al club Dili e Benfica, dove si allena con gli altri atleti in vista del torneo. Vederla eseguire gli stessi esercizi di uomini grossi il triplo di lei fa un certo effetto.

A me interessa dimostrare che riesco a fare le stesse cose degli uomini: loro lo capiscono e mi rispettano” – dice Gelia. Infatti l’hanno presa sotto la loro ala e quando si tratta di sparring partner, non c’è più differenza fra lei o un ragazzo.

Timor Est è un paese profondamente maschilista e decidere di praticare uno sport “macho” in questa società richiede una forte dose di coraggio. “La mia famiglia all’inizio era contraria ma ora alzano le spalle, come se fossero rassegnati ad avere una figlia stramba. I miei fratellini, invece, sono ben contenti di avere una sorella che può difenderli.” Ma perché Gelia ha scelto uno sport così violento e da molti ritenuti poco femminile?

Da dove vengo io, tutti i ragazzi facevano parte di una gang di arti marziali. Non è facile per una ragazza crescere in un ambiente così. Credo di aver scelto il pugilato come forma di autodifesa, anche se è stato solo un istinto, un aiuto psicologico. Quello che mi ha dato, alla fine, è un’etica, un senso della disciplina, la voglia di mettermi alla prova e la consapevolezza di poter raggiungere i miei obiettivi. Il pugilato per me non è uno sport violento. Anche se finora non ho mai preso un pugno e i miei pugni sono stati solo al sacco o ai guantoni del coach.” Fino al 28 Agosto certamente.

di Stefano Bozzo e Leo Nucera

http://www.sportforlife.org/

Guantoni rosa per Timor Est


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