(Copertina originale del manoscritto – “Mario Saragat”)
Grazie a Ines Saragat, nipote del protagonista di queste pagine, che a quell’evento partecipò in prima persona, abbiamo l’opportunità, dopo quasi ottant’anni, di riflettere su una pagina assai controversa della nostra storia recente, che ci viene presentata in forma di diario.
Un documento prezioso, che pubblichiamo in esclusiva, a puntate, per i lettori dell’Urlo.
Felice Saragat sulla “Guzzi 500″
19-12-35: arrivato tardi (ero da Felice), mi sono messo subito, dopo aver preso un po’ di caffè, a dormire, mi sono alzato alle 10 del mattino e ho saputo che ero di servizio.
Cosicché rimandai la mia visita a Felice al giorno 20 perché Capo Posto al E Parco.
20-12-35: a mezzogiorno, finito il servizio di Capo Posto. Alle ore due di sera adunata di Battaglione per il saluto del Cap. Azzi. Il Capitano parla ai suoi soldati con le lacrime agli occhi e, si capisce, fa commuovere e piangere tutti, e tutti abbiamo avuto una grande eco della sua partenza, specie i sardi.
21-12-35. I nostri pezzi fanno continuamente fuoco d’inquadramento: tre colpi a salve di Batteria. Da Felice non sono potuto andare perché si ha paura di un allarme da un momento all’altro.
22-12-35. Tutta la giornata, quasi, da Felice. Lui ricevette lettera da casa, ma aveva già risposto. A sera, dopo che rientrai, conobbi un carabiniere che era ad Iglesias; (il compagno di colui che ci fermò per carnevale nel ’33 ad Iglesias). Di mattina ascoltai la Messa.
23: sostituito uno che era di Capo Posto e ricevuto lettera da mamma, subito risposto e corso da Felice per fargliela leggere. Rientrato subito.
24-12-35: smontato di servizio e fatta la confessione; ed ho aiutato a fare un bel presepio. Tutta la sera per addobbare bene la tenda ” Lazio” per fare la S. Messa. Alle ore 10 di sera, preparazione per il canto e la musica. Alle ore 24 ha inizio la Messa (dopo cinque minuti una telefonata in attesa dall’osservatorio n° 1: “Rinforzare la vigilanza, una colonna abissina in marcia” ma non è successo niente).
La funzione è stata magnifica, mai ho compreso tale importanza della funzione, dieci persone eravamo al canto, diretti da un Capitano, e 2 violini, 2 sassofoni e un clarino.
Tutti gli ufficiali del “7°” sono venuti da noi a sentire la Messa e quasi tutti hanno fatto la S. Comunione, in testa il colonnello. Finita la S. Messa ai cantori e musicisti hanno fatto l’invito.
Natale: giorno 25-12-35, mercoledì.
La mattinata presto chiesto il permesso per andare da Felice; alle ore 9 sono già da lui. Un rancio speciale, e dopo mezzogiorno abbiamo preso la macchina e siamo andati a fare fotografie, prima al Gruppo mio e trovare gli amici, così era la proposta, ma Sechi era all’Osservatorio di servizio. Allora, in compagnia di Camba, dopo esserci fatto un paio di fotografie, siamo andati al 60° Fanteria; andando, abbiamo preso le fotografie ai carri armati.
Arrivati al 60° Fanteria abbiamo trovato Mario Sechi, Gana, Alias e Manconi, e così abbiamo preparato un piccolo spuntino; alle 8 di notte già eravamo quasi tutti ubriachi, allegri, e così abbiamo passato la sera di Natale dell’A.O. Tornati all’accampamento di Felice abbiamo mangiato e subito in cammino; lui, come solito, mi accompagnò fino al punto fisso. Ci siamo dati la buona notte, e ognuno a casa sua.
Arrivato alla mia tenda, baldoria degli amici, e dopo a dormire.
26-12-35: la testa è un po’ pesante, alle 11 mi alzo e subito ricevo una lettera da Nuccio, alquanto in ritardo, e passo la giornata a scrivere e a riposarmi. Il giorno 26 gran bombardamento degli aeroplani, distrutto un paese completo, si vedeva dal nostro Fronte Osservatorio a 150 metri.
Felice Saragat – Al centro, senza berretto.
Il 27, andati al paese distrutto, io, il Colonnello e un tenente, per prendere posizioni e visione.
Il 28-12, andato a trovare Felice il quale trasferito al Comando di Regg.; appena arrivato, dopo lunga strada, siamo andati a trovare Armando Lai, e stati assieme fino alla sera. Il bombardamento si continua sempre.
29, domenica: ascoltata la S. Messa, riposo tutto il giorno. Gli aerei fanno esercitazioni e vanno di ricognizione, a sera si aspetta il nemico.
30-12-35. Tutta la notte è un brontolio di cannoni; noi, a 150 metri, verifichiamo i colpi, ma la forte nebbia non ci fa vedere bene i bersagli di carri abissini. Varie perdite da parte nostra, di ascari e di abissini.
31-12-35. Il fuoco alla mattina cessa, ma riprende con più celerità alle ore 9 di sera e finisce alle 4 del mattino. Durante la notte si è sbaragliata una intera colonna di nemici; alle prime ore i nostri hanno avuto un forte contraccolpo a corpo, loro resistono meravigliosamente ai nostri, e di questi ultimi si hanno delle perdite, finché non tuona il cannone e la mitraglia, 800 nemici e varie bestie nelle nostre mani. Un aereo nostro si perde nella forte nebbia e non atterra sino all’alba.
1-1-1936. Alla mattina e in tutta la giornata non si vede nessuno. Alle ore 9 mi incammino da Felice, col quale restiamo tutto il giorno assieme con Armando che ci fa una accoglienza straordinaria; dopo una giornata di pieno divertimento, alle 5 di sera, faccio ritorno alla mia linea, dati gli avvertimenti del comandante che siamo in pericolo.
2-1-36. Il nemico ancora non si fa vivo, ma si aspetta giorno e notte. Io, dal mattino, sono di servizio; a sera viene Felice e ci passiamo un paio d’ore.
3-1-36. Giorno offensivo; il bombardamento degli aerei si fa celere. Alle ore 8 del mattino iniziano i tiri del 149-13 sull’Amba Aradam, mettendo il nemico in fuga.
4-1-36. Il nemico si aspetta dall’Amba, ma invece, credendosi di fregarci, ci arriva all’improvviso dalla parte di Adi Nari.
5-1-36. L’attacco offensivo si fa sempre vivo ma noi siamo sempre lontano dai pericoli.
6-1-36. Ricevo il pacco da casa, e subito vado da Felice, ma inutilmente, lui è andato ad Asmara. La linea nostra è calma.
7-1-36. Il nostro fronte sospende l’attacco e cominciano gli aerei; si dice che buttino del gas. Il non ricevere mi fa pensare.
8-1-36. Andato a Macallè per farci il bagno, qui trovato un mio intimo, Loi di Flumini; a sera, verso le otto di sera, mi viene un forte capogiro che mi fa perdere i sensi, e un forte mal di stomaco. Il medico mi costringe a stare a riposo e a non uscire al sole.
9-1-36. Un po’ meglio ma tutto spossato e molto debole (pensieri per la posta).
10-1-36. Minaccia un forte temporale dal mattino, e i dolori reumatici si svegliano e si fanno vivi. Il medico mi costringe ancora a stare a riposo. Alle 13 incomincia a piovere con forte nebbia e resta tutto il giorno e anche la notte. (la posta ritarda sempre).
Felice Saragat – Al centro, intento a riparare un pezzo d’aereo.
11-1-36. Gli attacchi si fanno sempre, e i colpi di cannone e degli aerei sono vivi. Io mi sento molto meglio – solo la notte.
12-1-36. Da un inviato colto dalla Radio: una colonna di abissini, nei pressi di Sceftà, è stata distrutta dai nostri (piccola perdita Italiana). Alle ore 12 mi metto in cammino per andare da Felice: trovato lui, siamo andati a visitare Armando. Dopo ci siamo mangiati i miei dolci; alle 5 di sera siamo andati alla Divisione e abbiamo ritirato il suo pacco con tutta la posta. Rientrati, abbiamo mangiato un po’ di dolci e alle ore 8 siamo andati via; lui voleva accompagnarmi un pezzo ma, parlando parlando, abbiamo fatto tutti i sei Km che ci separano. Giunti alla mia tenda ci siamo presi il caffè e latte, e dopo una tazza di caffè (che già abbiamo trovato preparato dai miei amici per noi). Alle ore 23 Felice andò via, solo perché era necessario rientrare. Io non lo potei accompagnare causa i dolori alle ossa che avevo. Durante il tragitto assieme i colpi di cannone si facevano sentire ripetutamente; appena arrivato alla mia tenda mi consolai con la lettera di mamma che mi attendeva.
13-1-36. Dall’osservatorio Galliano avvistano dei nemici (un piccolo gruppo); ci mettiamo in marcia, dieci uomini con un sergente, e li facciamo prigionieri, venti abissini e sette quadrupedi. A sera sono comandato all’osservatorio.
14-1-36. Gli attacchi si fanno sempre vivi; d’altronde abbiamo delle piccole perdite alla 1^ Linea della nostra destra.
15-1-36. Sempre lo stesso; i pezzi nostri tirano di continuo ma non si può avanzare.
I dolori reumatici si fanno sentire ogni notte, facendomi stare sveglio per ore ed ore.
A sera comandato a portare al comando due abissini non identificati; vedo un artigliere massacrato sull’autoambulanza, ridotto in queste condizioni dai neri che lo hanno preso di notte mentre faceva i suoi bisogni.
16-1-36. Andati di ricognizione col sig. colonnello all’Amba Aradam, e prese nuove posizioni.
17-1-36. Ritirate le linee per l’avanzamento ai fronti deboli. A sera andato ad accompagnare tre uomini ai loro reparti aggregati, e perso la strada, siamo stati fino alle quattro del mattino in giro.
18-1-36. Preparazione per la partenza (i dolori sono sempre gli stessi).
19-1-36. Alle quattro del mattino partiti improvvisamente senza sapere neppure dove si va; dopo un paio d’ore tutto abbiamo compreso anche noi. Le truppe si spostano al fronte di destra per l’avanzata generale. Alle ore 10 i nostri pezzi incominciano il fuoco. Io, per fortuna, sono col Comando assieme al Sig. Generale Pitassi e al colonnello; le nostre truppe avanzano veloci e senza ostacoli, il nemico rincula in un modo straordinario abbandonando ogni cosa.
Alle ore 16 i nostri hanno già oltrepassato il costone e la vallata; allora ci spostiamo sempre avanti ma nel fronte di destra. Subito, appena arrivati a Debri, i pezzi sparano, siamo in mezzo al fuoco; le squadriglie “Disperata” e “S. Marco” non cessano di bombardare; oltrepassiamo Debri di circa dieci km. e il nemico fa resistenza, però è preso in trappola e chiuso da tutte le parti.
Foto di proprietà di Ines Saragat