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Guerra in Siria: le armi in campo

Creato il 11 aprile 2014 da Bloglobal @bloglobal_opi

Guerra in Siria: le armi in campo

Guerra in Siria: le armi in campo
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di Damiano Becherucci

Mentre l’attenzione dei media internazionali è concentrata sui fatti di Crimea, in Siria continua ad imperversare la guerra civile. Anche la seconda sessione di negoziati di Ginevra II, conclusasi il 16 febbraio scorso, si è dimostrata un sostanziale fallimento e il mediatore ONU Lakhdar Brahimi ha giudicato una ripresa dei negoziati come un’eventualità fuori discussione al momento [1]. L’ultima iniziativa internazionale registrata è stata, invece, l’approvazione, il 22 febbraio, della Risoluzione 2139 del Consiglio di Sicurezza ONU, che ha visto per la prima volta Russia e Cina non opporsi con il veto ad una decisione vincolate contro il regime siriano. La Risoluzione, però, nonostante minacciasse entro 30 giorni “ulteriori azioni” in caso della violazione delle sue richieste (si chiede la fine degli attacchi verso i civili e il permesso di accesso degli aiuti umanitari), è solo una risposta annacquata alle violazioni dei diritti umani e alle violenze che la popolazione siriana sta vivendo da ormai 3 anni [2].

Ad alimentare questa drammatica situazione è senza dubbio la presenza nel Paese di ingenti quantità di armamenti dovuta anche ai numerosi trasferimenti di armi e munizioni che gli alleati dei contendenti al conflitto forniscono loro. Un’analisi del traffico di armi e della tipologia di armamenti presenti in campo può infatti fornire un quadro esaustivo degli attori coinvolti e del loro allineamento, nonché della drammatica situazione in cui è precipitato il conflitto e, di conseguenza, della sua difficile soluzione nel breve periodo.

Il traffico di armi verso la Siria

Dall’inizio della guerra civile la comunità internazionale non è riuscita mai a presentarsi con una posizione univoca, dando così vita ad una serie di alleanze, alcune delle quali trasversali, che rivendicavano le ragioni tanto dell’una, tanto dell’altra parte. Da un lato vi sono Russia, Cina e Iran ed Hezbollah che sostengono la posizione del regime di Assad; dall’altro, gli Stati Uniti, gli alleati europei e le monarchie sunnite del Golfo che perorano la causa delle opposizioni. Arabia Saudita e Qatar, in particolar modo, hanno mutato il proprio sostegno dal piano solo diplomatico a quello di assistenza militare, in funzione soprattutto anti-iraniana, attraverso il rifornimento di materiale bellico ai movimenti radicali, alcuni dei quali direttamente collegati alla galassia qaedista. La verifica dei traffici di armi verso la Siria ha delineato un sistema di alleanze all’interno delle quali sono emersi determinati attori capaci di influenzare l’andamento della guerra.

Gli Stati che hanno provveduto finora a sostenere la Repubblica Araba Siriana attraverso l’invio di armamenti sono: la Russia, l’Iran, la Corea del Nord, la Cina, la Bielorussia e il Venezuela. Lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) ha rivelato che prima dell’inizio del conflitto le importazioni di armi convenzionali della Siria erano aumentate del 330% tra il 2001-05 e il 2006-10 per provvedere all’ammodernamento delle proprie tecnologie militari. Sempre secondo SIPRI tra il 2008-12 il 71% di queste importazioni provenivano dalla Russia, il 14 % dall’Iran e l’11% dalla Bielorussia [3]. Dallo scoppio del conflitto i trasferimenti russi sono continuati nonostante le pressioni internazionali e i continui richiami da parte di ONU e dei Paesi occidentali. Secondo gli esponenti russi prendere parte ad un embargo di armamenti avrebbe avvantaggiato i gruppi di opposizione che, a detta loro, già ottenevano sostegno dai Paesi del Golfo e dagli stessi Occidentali [4].

La Russia attraverso le proprie aziende di Stato come Rosoboronexport, impegnate nell’import/export di armi, ha provveduto a rifornire Assad, anche durante il conflitto, di aerei, elicotteri e droni da guerra, oltre che di esplosivi e missili guidati dall’alto potenziale distruttivo come gli S-300 o gli Yakhont. Secondo diverse fonti, i punti di approdo degli armamenti pro-regime sarebbero il porto e l’aeroporto di Latakia e il porto di Tartous, che ospita una base della marina militare russa [5]. L’Iran, grazie anche al sostegno degli attori transnazionali suoi alleati come Hezbollah in Libano e Jihad Islamica e Hamas a Gaza, ha fornito materiale bellico ma soprattutto addestramento e supporto tattico e strategico attraverso l’invio dei militanti della forza al-Quds dell’Esercito dei Guardiani della Rivoluzione. Tuttavia un punto ancora oscuro nell’assistenza iraniana al regime è quello relativo alla formazione di milizie locali sul modello di quelle iraniane Basij, ossia la polizia segreta della Repubblica islamica, più volte denunciata dal Dipartimento di Stato USA [6]. Un ruolo importante continua a svolgere Hezbollah che usa il confine libanese e la valle del Beqaa’ come base per rifornimenti di armi e mercenari per la Siria [7]. Infine, sono stati rilevati trasporti illeciti di carattere bellico provenienti anche dalla Corea del Nord, la quale sembra aver consegnato materiale missilistico, munizioni e armi leggere [8].

Senza il sostegno di questi Paesi “amici” Assad non avrebbe avuto le risorse necessarie per affrontare un conflitto così lungo sia per quanto riguarda le risorse energetiche sia per ciò che concerne le munizioni e gli equipaggiamenti militari [9]. Recentemente l’agenzia Reuters ha dato notizia del continuo afflusso di armamenti ed attrezzatura militare provenienti da Russia e Iran, in particolare di droni, missili e ricambi per aerei militari, utili per stanare e colpire le milizie d’opposizione [10].

Dall’altra parte del fronte, le opposizioni – mal equipaggiate e scarsamente coese anche sul campo di battaglia – hanno utilizzato come fonti di approvvigionamento il saccheggio di depositi militari del governo, il mercato nero dal Libano e dall’Iraq, ma anche il trasferimento di armi da parte da Paesi terzi. Tra i maggiori finanziatori si annoverano: Arabia Saudita, Qatar, Libia, Giordania, Turchia, Iraq, Sudan, Croazia, Stati Uniti, Gran Bretagna [11]. Sin dal 2011, quando le forze di Assad hanno cominciato a reprimere con la violenza le manifestazioni anti-regime, i gruppi militari d’opposizione hanno cominciato a chiedere insistentemente armi ai Paesi loro sostenitori per rispondere alla superiorità di mezzi dell’esercito siriano. È nato così un dibattito internazionale che continua ancora oggi sull’opportunità e sulla legalità di rifornire con materiale bellico equivalente a quello delle forze lealiste un attore non-statale come l’Esercito Libero Siriano (ELS), la compagine armata del Consiglio Nazionale Siriano che riunisce anime tanto eterogenee. A tre anni di distanza, e nonostante l’innumerevole serie di appuntamenti ufficiali di Friends of Syria e di due Conferenze internazionali di Pace, non si è ancora giunti ad un’intesa comune su come aiutare i ribelli siriani. Gli Stati Uniti e gli alleati europei hanno optato inizialmente per un embargo di armi verso la Siria, mentre altri hanno da subito deciso di armare le opposizioni, in forme e in modalità diverse, seppur segretamente [12].

Qatar ed Arabia Saudita, appunto, sono stati i più attivi nel trasferimento più o meno occulto di armi già nel 2012, ma con un grosso incremento nel 2013: si parla di più di 160 voli militari cargo. Secondo Hugh Griffiths del SIPRI, intervistato dal New York Times, questi voli avrebbero scaricato ben 3.500 tonnellate di armamenti nelle mani dei ribelli (dati dei primi mesi del 2013). Inoltre lo studio dei traffici illeciti di armi ha evidenziato che «l’intensità e la frequenza dei trasferimenti sono indicativi di un’operazione logistica militare clandestina ben pianificata e coordinata» [13]. A questi voli, infatti, hanno partecipato logisticamente anche altri Stati. Da una parte la Turchia, principale punto di atterraggio dei cargo militari, che dopo l’autunno 2012 ha dato il via libera ad una accelerata degli arrivi. Dall’altra la Giordania, che ha offerto anch’essa i propri aeroporti, ma che ha fornito anche i propri aerei di trasporto militari. In questo senso, rilevanti sono stati, per esempio, i trasferimenti con aerei giordani da Zagabria ad Amman di armamenti del vecchio conflitto jugoslavo comprati dai Sauditi per i ribelli siriani: si è trattato di ben 75 voli e di 3.000 tonnellate di armi da dicembre 2012 ai primi mesi del 2013 [13]. Sia Turchia sia Giordania hanno regolarmente negato il loro coinvolgimento in questo tipo di operazioni in modo da evitare di essere inglobati nel conflitto o di subire ripercussioni nei rapporti con l’Iran [14].

Sempre secondo il reportage del New York Times, al centro di questa organizzazione logistica è presente la CIA, che rappresenta l’organo facilitatore e aggregante tra i Paesi pronti ad armare i ribelli. La ragione di questa partecipazione americana è senz’altro legata alla volontà di avere un certo grado di controllo dei trasferimenti bellici, che sarebbero stati comunque effettuati anche senza gli Stati Uniti e soprattutto per accertarsi che i destinatari non fossero jihadisti [16].

Infine, estremamente importante anche il ruolo della Libia nel rifornimento di armi ai ribelli. Molti degli ex-combattenti contro il regime di Gheddafi oggi concorrono a smantellare l’immenso arsenale del Colonnello dichiarandosi vicini ai ribelli siriani. Si è creato, infatti, un canale di trasferimento armi, finanziato largamente dal Qatar, in cui il Consiglio Militare Supremo (SMC) dell’ELS raccoglie le necessità delle diverse milizie sul campo, ordinando gli armamenti ai Libici che provvedono ad imbarcare per nave o caricare sugli aerei del Qatar via Turchia. Per i gruppi in guerra è quindi fondamentale avere una forte influenza sugli esponenti dell’ELS per accaparrarsi la maggior parte dei rifornimenti. Nonostante l’intento degli esponenti dell’opposizione laica sia solo quella di armare le milizie loro affiliate, a volte gli equipaggiamenti finiscono nelle mani dei jihadisti perché venduti proprio dai gruppi a cui sono consegnate [17].

Per quanto riguarda invece i Paesi occidentali, solo nell’estate 2013 con le notizie di presunti attacchi con armi chimiche da parte di Assad questi hanno scelto di armare anch’essi l’opposizione. Dopo aver mantenuto per lungo tempo l’embargo verso la Siria, lo scorso giugno l’UE ha lasciato i propri membri liberi di decidere in merito autonomamente, tutto ciò sotto la spinta di Francia e Gran Bretagna, che già fornivano da tempo all’opposizione materiale non-letale [18]. Nello stesso mese di giugno anche gli Stati Uniti avevano promesso la concessione di materiale bellico, ma il Congresso aveva bocciato questa decisione temendo che gli aiuti militari finissero nelle mani dei gruppi jihadisti, che stavano accrescendo la loro forza tra le milizie di opposizione. Lo scorso gennaio, però, proprio durante gli zoppicanti negoziati di Ginevra II, il Congresso ha approvato a porte chiuse il trasferimento di armamenti leggeri alle forze ribelli “moderate” [19].

L’aiuto occidentale all’opposizione siriana ha registrato tuttavia vari stop and go sempre per l’incertezza dei destinatari degli equipaggiamenti. Per esempio lo scorso dicembre Gran Bretagna e Stati Uniti avevano sospeso l’invio di materiali “non-letali” (apparecchi per la comunicazione, veicoli, generatori) all’opposizione siriana per gli eventi di Bab al-Hawa, al confine tra Siria e Turchia, dove un deposito di dotazioni occidentali gestito dall’ELS era passato in mano al Fronte Islamico, formazione che riunisce forze islamiste. Tutto ciò ha naturalmente messo ulteriormente in discussione il sostegno militare occidentale [20]. È importante sottolineare come sia ancora rilevante la partecipazione di Americani e Britannici nell’organizzazione logistica dei trasferimenti di armi. Malgrado tutto, i rappresentanti dell’opposizione moderata siriana continuano a ritenere insufficienti gli armamenti in loro possesso e, anche nel corso del meeting della Lega Araba in Kuwait, lo scorso 26 marzo, hanno sollecitato i propri alleati internazionali per ottenere maggiori armamenti e materiale bellico più sofisticato [21].

Tipologia di armamenti

Un altro aspetto meritevole di approfondimento per avere un quadro più esaustivo dell’argomento  sono le categorie di armamenti presenti in Siria. Il conflitto siriano, infatti, è stato fin qui caratterizzato dalla perpetrazione di numerosi crimini di guerra, crimini contro l’umanità e violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani internazionali, alcuni di essi strettamente legati all’utilizzo di particolari armamenti banditi dalle convenzioni internazionali e/o dal loro impiego indiscriminato, ovvero senza distinguere tra combattenti e popolazione civile [22].

Il rapporto sul trasferimento di armi in Siria del GRIP (Gruppo di Ricerca e Informazione sulla Pace e Sicurezza), Istituto indipendente con sede a Bruxelles, descrive due categorie di armamenti presenti nel Paese: le armi chimiche e quelle convenzionali [23].

Le armi chimiche sono dispositivi e munizioni che contengono alla loro base prodotti tossici o sostanze che possono causare morte, lesioni, incapacità temporanea, irritazioni sensoriali proprio attraverso la loro azione chimica. Quest’ultime sono definite armi di distruzione di massa in grado di uccidere una grande quantità di esseri viventi in maniera indiscriminata. I documenti internazionali che regolano la materia sono il Protocollo per la Proibizione dell’uso in Guerra di gas asfissianti, tossici o simili e mezzi batteriologici, sottoscritto a Ginevra nel 1925 e la Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche di Parigi del 1993. In particolare l’ultimo documento, specifico solo degli armamenti chimici, ne vieta la produzione, conservazione, trasferimento ed utilizzo [24]. Inoltre tale Convenzione, il cui rispetto e la cui promozione è svolta dalla OPAC (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche), non vedeva tra i suoi firmatari la Siria, che ha fatto domanda di partecipazione solo il 14 settembre scorso dopo l’imposizione dello smantellamento del proprio arsenale chimico da parte di Stati Uniti e Russia.

La certezza dell’uso di armi chimiche nel conflitto è giunta il 13 settembre 2013, quando il Segretario Generale Ban Ki-moon ha trasmesso un Rapporto si è certificato l’utilizzo di armi chimiche nella zona di Ghouta, sobborgo orientale nei pressi Damasco; l’attacco, che ha visto un ampio utilizzo di gas Sarin, aveva causato numerose vittime civili, soprattutto tra i bambini [25]. Anche se il documento non forniva indicazioni sui prosecutori degli attacchi, le analisi di esperti e organizzazioni indipendenti, come Human Rights Watch, hanno additato l’esercito di Assad come il più plausibile colpevole, data la sofisticazione di armamenti e le traiettorie dei lanci provenienti dalle aree controllate dal regime. Nonostante tali opinioni, gli ispettori delle Nazioni Unite non hanno potuto dare certezza del colpevole, in quanto il tempo per svolgere le ricerche è stato limitato e alcuni elementi di evidenza erano già stati rimossi prima dell’arrivo degli osservatori [26].

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L’immagine riassuntiva delle ricerche di Human Rights Watch mostra i due tipi di ordigni utilizzati negli attacchi del 21 agosto 2013 nell’aree est e ovest di Ghouta. Il primo di 140 mm di diametro è composto da una testata che contiene 2,2 kg di sostanza chimica – in questo caso il Sarin – mentre il secondo missile, di dimensioni molto più consistenti, ha un diametro di 330 mm e una testata in grado di contenere circa 50-60 litri di liquido chimico. Una delle prove che queste armi fossero chimiche è la mancanza nei luoghi dell’impatto di ampi crateri o l’assenza di ferite gravi alle vittime, elementi che avrebbero invece suggerito una tipologia di ordigno con carico esplosivo o incendiario. Secondo gli esperti, infatti, le vittime hanno invece evidenziato sintomi tipici di chi rimane esposto a sostanze come il Sarin: soffocamento, spasmi muscolari involontari, nausea, schiuma alla bocca, convulsioni, occhi rossi, vista appannata, etc [27]. L’accordo tra USA e Russia che ha successivamente portato alla Risoluzione 2118 del Consiglio di Sicurezza che ha previsto la consegna ed eliminazione dell’arsenale chimico siriano. Lo scorso 20 marzo l’OPAC ha dichiarato che la metà di tutti gli armamenti chimici dichiarati dalla Siria sono stati rimossi e che il processo dovrebbe concludersi il prossimo giugno [28].

Nonostante questo importante risultato, come ha affermato Ban Ki-moon all’Assemblea Generale ONU il 24 settembre scorso: «possiamo essere a malapena soddisfatti della distruzione degli armamenti chimici mentre una più vasta guerra sta ancora distruggendo l’intera Siria. La vasta maggioranza delle uccisioni e atrocità sono state portate avanti con armi convenzionali» [29]. Per armi convenzionali, invece, si intendono tutte quelle armi che non sono né nucleari, né chimiche, né biologiche. Esse comprendono le SALW (Small Arms and Light Weapons), le cosiddette armi leggere, carri armati e veicoli armati da combattimento, sistemi di artiglieria di grosso calibro, missili e lancia missili, aerei, elicotteri e navi da combattimento etc [30].

La Commissione internazionale d’Inchiesta sulla Repubblica Araba Siriana, istituita dal Consiglio per i Diritti Umani ONU per monitorare le violazioni e i crimini internazionali, ha elaborato un glossario delle armi convenzionali che sono state usate finora in Siria. Da questo si può interpretare la tipologia di attacco che i due schieramenti utilizzano: da una parte, l’esercito siriano che colpisce prevalentemente con bombardamenti per mezzo di aerei, elicotteri, lanciamissili e mortai, dall’altra, le varie milizie di opposizione che rispondono con sistemi e armamenti antiaereo, anticarro, e mortai, cercando di contrastare la superiorità di mezzi del regime [31].

Tra gli armamenti impiegati in maggior parte dalle milizie di opposizione ci sono infatti i MANPADs, i sistemi missilistici antiaereo trasportabili a spalla, molto utilizzati per abbattere aerei o elicotteri a bassa quota. Sono state riscontrate, inoltre, anche un serie numerosa di armi anticarro. Tra questi: lancia-razzi RPD-7, cannoni B-10, missili AT-3 Sagger, mine anticarro ed i cosiddetti IED, ordigni esplosivi improvvisati per azioni terroristiche o di guerriglia [32].

L’esercito del regime ha invece dispiegato la propria artiglieria e i suoi mortai soprattutto per bombardare le città e i centri abitati. Tra i più impiegati: il lanciarazzi d’artiglieria B-21 Grad, veicolo capace di dotarsi fino a 40 razzi e di avere una capacità di fuoco a lunga distanza, i cannoni semi-moventi 2S1 Gvozdika, i lanciarazzi multiplo Tipo 63 oltre a mortai di differenti calibri, utilizzati anche dai gruppi armati di opposizione [33].

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Da sinistra: MANPADs; RPD-7; B-10

Per quanto riguarda le armi leggere le più utilizzate sia dall’esercito che tra i gruppi di opposizione sono i fucili d’assalto: il Kalashnikov AK-47, il fucile FN-FAL e il NORINCO di produzione cinese [34]. I pericoli maggiori, soprattutto per i civili, stanno invece arrivando da due armi/munizioni che con i loro effetti terrorizzano letteralmente i cittadini siriani, ovvero le bombe a grappolo e le bombe barile. L’esercito siriano nei suoi numerosi attacchi aerei o tramite elicotteri sta ripetutamente lanciando nei territori controllati dalle opposizioni e popolati da civili diversi tipi di ordigni aerei in maniera indiscriminata.

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Da sinistra: BM-21 Grad; 2S1 Grozdika; Lanciarazzi multiplo Tipo 63

Le bombe o munizioni a grappolo, bandite dal diritto internazionale attraverso la Convenzione sulle Munizioni a Grappolo del 2008, oltre a colpire senza distinzione in un ampio raggio d’azione, rilasciano prima dell’impatto o in seguito numerosi ordigni che rimangono nel territorio inesplosi e possono quindi causare per lungo tempo gravi conseguenze alla popolazione civile [35]. Tra i Paesi firmatari della convenzione (in totale 108, di cui 84 per ora l’hanno ratificata, tra queste l’Italia) non risultano la Siria, ma neanche gli Stati Uniti, la Russia e la Cina [36]. Secondo Human Rights Watch l’esercito siriano ha cominciato a lanciare varie tipologie di questi ordigni dal 2012, molte di essi sono di produzione sovietica [37].

Bombe a grappolo
Bombe a grappolo

L’ultima Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2139 ha, infine, fatto riferimento tra le sue disposizioni al ripetuto utilizzo di bombe barile da parte dell’esercito di Assad, chiedendo l’immediato stop al loro impiego. Secondo la Commissione d’Inchiesta ONU, l’esercito siriano ha utilizzato bombe barile a partire dall’agosto 2012 con un attacco alle città di Homs e al-Qusayr e dal 20 gennaio 2014 ha dato il via a numerosi bombardamenti di questo tipo in varie zone, in particolare nella città di Aleppo. Questi ordigni molto economici da produrre sono dei contenitori pieni di esplosivi, scarti e rottami metallici, materiali incendiari, che al loro impatto, oltre all’effetto bomba, sono in grado di creare grossi danni ad edifici e postazioni, sparando schegge metalliche che possono colpire come proiettili chiunque si trovi nei paraggi. Essendo un’arma che non può distinguere l’obiettivo che colpisce, l’utilizzo che l’esercito siriano ne sta facendo lanciandole nei centri abitati è totalmente bandito dal diritto internazionale [38].

Bombe barile e schegge metalliche [39]
Bombe barile e schegge metalliche [39]

Questo quadro sintetico degli armamenti più impiegati in Siria e delle modalità del loro utilizzo mostra quindi la gravosità del conflitto siriano e le condizioni critiche che la popolazione sta subendo ormai da tre anni, con un numero di vittime che è approssimato intorno alle 150.000 perdite e ai 2,5 milioni di sfollati interni ed esterni [40].

In conclusione, la maggiore sfida che si presenta per la comunità internazionale – apparsa così divisa sulla condotta da seguire in Siria – è quella di riporre maggiore attenzione e impegno sulla ricerca di soluzioni diplomatiche piuttosto che sull’approvvigionamento militare agli schieramenti coinvolti, poiché il rischio è anche quello di rinforzare la milizie jihadiste. Una cessazione delle ostilità  è l’obiettivo di breve termine che gli attori internazionali dovrebbero raggiungere, come già fatto in occasione dello smantellamento delle armi chimiche. Tuttavia, gli eventi in Crimea, con l’isolamento della Russia da parte degli occidentali, e lo tensioni intra- e trans-regionali nel Golfo sono solo alcuni dei fattori, non poco rilevanti, che rendono questa eventualità molto lontana dal realizzarsi.

* Damiano Becherucci è Dottore in Relazioni Internazionali (Università di Firenze)

[1] The Daily Star Lebanon, UN Syria envoy says new Geneva peace talks unlikely for now: report, 24 marzo 2014;

[2] The Washington Post, U.N. Security Council agrees on resolution urging Syria to halt attacks, allow aid access, 22 febbraio 2014;

[3] P.D. Wezeman, Arms transfers to Syria, SIPRI Yearbook 2013, p. 269;

[4] SIPRI, Trends in international Arms Transfers, 2012, SIPRI Fact Sheet, March 2013, at p. 8;

[5] Melanie De Groof, Arms transfers to the Syrian Arab Republic, practice and legality, Rapport du GRIP, 2013/9, pag. 36;

[6] Reuters, Iran boosts military support in Syria to bolster Assad; P.D. Wezeman, Ibid, p.269-270; Melanie De Groof, Ibid, pagg. 35-36;

[7] P.D. Wezeman, Ibid, p. 270; Melanie De Groof, Ibid, pagg. 36-38;

[8] DEBKAfile, Syrian-Lebanese border partly erased by hectic war traffic. Israeli air strike Monday mostly inside Syria, 26 febbraio 2014;

[9] Melanie De Groof, Ibid, pag. 37;

[10] T. Wallace e F. Mesko, The Odessa Network: Mapping Facilitators of Russian and Ukrainian Arms Transfers, C4ads, Settembre 2013, pag. 67;

[11] Reuters, Exclusive: Russia steps up military lifeline to Syria’s Assad – sources,17 gennaio 2014; Reuters, Iran boosts military support in Syria to bolster Assad, 21 febbraio 2014;

[12] Melanie De Groof, Ibid, pag. 38;

[13] Melanie De Groof, Ibid, pagg. 35-41;

[14] The New York Times, Arms Airlift to Syria Rebels Expands, With Aid From C.I.A., 24 marzo 2013;

[15] The Telegraph, US and Europe in ‘major airlift of arms to Syrian rebels through Zagreb’, 8 marzo 2013;

[16] The New York Times, Ibid, 24 marzo 2013;

[17] The New York Times, Ibid, 24 marzo 2013;

[18] The New York Times, In Turnabout, Syria Rebels Get Libyan Weapons, 21 giugno 2013; Melanie De Groof, Ibid, pagg. 39-40;

[19] Melanie De Groof, Ibid, pag. 41;

[20] The Telegraph, US supplies arms to Syrian opposition as Geneva peace talks falter, 28 gennaio 2014,;  Reuters, Congress secretly approves U.S. weapons flow to ‘moderate’ Syrian rebels, 27 gennaio 2014;

[21] The New York Times, U.S. Suspends Nonlethal Aid to Syria Rebels, 11 dicembre 2013; BBC News, US and UK suspend non-lethal aid for Syria rebels, 11 dicembre 2013;

[22] The Daily Star Lebanon, Syrian opposition calls for ‘sophisticated’ arms, 25 marzo 2014;

[23] Melanie De Groof, Ibid, pag. 5;

[24] Melanie De Groof, Ibid, pag. 31;

[25] Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche, preambolo e articolo II;

[26] UN Report on the Alleged Use of Chemical Weapons in the Goutha Area of Damascus on 21 August, 13 Settembre 2013; UN Report Commission of Inquiry, A/HRC/25/65, 12 Febbraio 2014;

[27] Melanie De Groof, Ibid, pag. 33;

[28] Human Rights Watch, Attack on Ghouta: Analysis of Alleged Use of Chemical Weapons in Syria, 10 Settembre 2013;

[29] BBC News, Almost half of Syria’s chemical weapons removed – OPCW, 20 marzo 2014;

[30] Discorso del Segretario Generale Onu all’Assemblea Generale, 23 settembre 2013,;

[31] Melanie De Groof, Ibid, pag. 31;

[32] UN Report Commission of Inquiry, A/HRC/22/59, pag. 129;

[33] UN Report Commission of Inquiry, A/HRC/22/59, pag. 129;

[34] UN Report Commission of Inquiry, Ibid, pag.129;

[35] UN Report Commission of Inquiry, Ibid, pag.129;

[36] Convenzione sulle Munizioni a Grappolo (2008);

[37] The United Nations Office at Geneva (UNOG), Signatories and Ratifying States, 26 marzo 2014;

[38] Human Rights Watch, Syria: New Deadly Cluster Munition Attacks, 19 febbraio 2014;

[39] UN Report Commission of Inquiry, A/HRC/25/65, 12 Febbraio 2014; UN Human Rights Council, Oral Upadate of the Independent International Commission of Enquiry on Syrian Arab Republic, 18 Marzo 2014;

[40] Immagini dal blog indipendente Brown Moses Blog;

[41] BBC News, Syria: The story of the conflict, 14 marzo 2014;

Photo credits: Syrian News Agency; Brown Moses Blog; Liveleak.com; Military in the Middle East; Human Rights Watch; EPA.

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