Daniel Maclise. Snap-apple Night, olio su tela, 1833. Il dipinto celebra una festa di Halloween a Blarney cui Maclise, il più famoso pittore irlandese di epoca vittoriana, partecipò nel 1832 e in cui si può vedere uno dei più popolari giochi tradizionali della festa, quello di afferrare una mela coi denti.
Halloween (All Hallows Eve) non ha nulla a che vedere con l’America, ma celebrava l’inizio dell’anno celtico, la notte del giorno compreso fra il tramonto del 31 ottobre e il tramonto del 1° novembre e il suo nome era Samuin, o Samhain, che significa “fine dell’estate”. Nel Calendario gallico di Coligny, compare il nome Samo(nios) per indicare questo mese. I Celti infatti contavano per notti e non per giorni. La festa celebrava la fine della stagione dei raccolti e l’ingresso nella parte più oscura della natura e dell’anno ed era molto sentita in Irlanda, Scozia e nell’Isola di Man, ma feste analoghe venivano celebrate in Galles, Cornovaglia e Bretagna.
La festa propriamente detta durava tre giorni (i tre giorni di Samhain), ma si estendeva a una settimana prima e una settimana dopo il momento culminante. Tutti i fuochi venivano spenti in Irlanda, mentre, sulla collina reale di Tara i druidi dell’ard rì (il Sommo Re, che presiedeva a tutti i re locali, o capi clan) riaccendevano il Sacro Fuoco, che veniva poi portato da staffette nelle Quattro Parti d’Irlanda. Il fuoco infatti, col valore simbolico di purificazione, protezione e rinnovamento, è una delle componenti più importanti nelle celebrazioni rituali della festa.
Nell’antica letteratura mitologica irlandese, molti eventi importanti si svolgono a Samhain, ad esempio l’invasione dell’Ulster, narrata nel Tàin Bò Cùailnge o l’epica Seconda Battaglia di Maighe Tuireadh, così come la tradizione che, in questa notte, si aprano le porte dell’Altro Mondo.
Segnando un passaggio da un vecchio ciclo ad uno nuovo, Samhain è un “momento liminale” per eccellenza, secondo la definizione di Van Gennep, o “liminoide” secondo Turner e, come tale, uno iato, che apre squarci pericolosi e minaccia l’infiltrazione di energie incontrollabili fra due dimensioni. Dunque la celebrazione accurata dei riti deve assicurare che il passaggio venga compiuto in modo sicuro e protetto. E in Irlanda i riti erano particolarmente complessi e articolati. Samhain segna dunque un contatto fra il mondo di qua e quello di là. Il radicamento della tradizione era così profondo e forte, che la conversione al Cristianesimo non ebbe il potere di cancellarla, attribuendo invece, come spesso si verifica nel passaggio fra mondo pagano e mondo cristiano, a una medesima simbologia un diverso significato. Nel IX sec. la Chiesa fissò il 1° novembre come festa di Ognissanti e il 2 come celebrazione dei Defunti, ma nel mondo celtico la festa conservò per molti secoli la sua potenza originaria e il suo radicamento. In realtà fino ad oggi.
Rimane il senso originario del contatto fra due dimensioni, quella dei vivi e quella degli spiriti disincarnati, ma modificato nella Comunione dei Santi e la celebrazione di coloro che hanno varcato la soglia, il limen, della morte.
Nella tradizione folklorica, che traghetta in senso popolare la tradizione mitologica “alta”, era credenza che gli Esseri Fatati, non meno dei defunti, si aggirassero e costituissero un pericolo, dunque anche nella versione popolare della festa, i travestimenti, le offerte di cibo lasciate per fate e defunti, gli spettacoli dei Mummers, tradizionali dal XVI sec. in questa data, ecc. avevano lo scopo di esorcizzare presenze pericolose.
A Monselice, nel padovano, è viva ancora oggi l’antica Fiera dei Morti, una festa che dura tre giorni (i tre giorni di Samhain!) e che potrebbe affondare le radici nella tradizione ancestrale pre-romana.
Nel mio soggiorno in Irlanda ho visto che le celebrazioni di Samhain sono ancora accompagnate da narrazioni di storie di esseri fatati e in generale legate alla tradizione folklorica, ancora fortissima e molto ricca.
La moderna celebrazione “all’americana” nasce dalla trasformazione di una tradizione che gli immigrati irlandesi portarono con sé in America, e che poi ha subito, come un po’ tutto negli USA, forme di commercializzazione selvaggia.
E’ vero però che permane, pur in forme commercializzate e degradate, quell’aspetto originario della funzione iniziatica, del contatto fra il mondo di qua e quello di là, del memento che non esiste solo ciò che è visibile e che esistono forze potenti, minacciose e oscure con cui confrontarsi. Forze però che – è bene tenerlo presente – sono soprattutto dentro di noi.
NOTA. Daniel Maclise, (Cork, 1806 – Londra, 1870) fu un grandissimo pittore, famosissimo ritrattista e autore di dipinti storici e di ispirazione letteraria. Fu aiutato nella sua giovinezza da Thomas Crofton Croker, il grande pioniere degli studi folklorici in Irlanda, di cui illustrò un’edizione delle Fairy Legends and Traditions of the South of Ireland, da me tradotto e curato in italiano e che lo introdusse a Londra nella cerchia culturale e politica dell’epoca. Maclise affrescò, fra le altre cose, le sale di Whitehall ed ebbe uno straordinario successo.
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