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Harry Potter

Creato il 28 novembre 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario

Harry Potter: Storia di una Profezia

In una fredda, umida sera, all’interno di una spoglia stanza sopra la Testa di Porco, il saggio e già canuto preside della scuola di magia di Hogwarts si incontrò con una giovane donna di nome Sibilla Cooman, aspirante alla contestata - e di dubbia dignità - cattedra di Divinazione. Trovandola priva del dono della Veggenza, l’anziano Silente prese commiato dalla donna avviandosi verso la porta, quando lei, abbandonando il tono misticheggiante ed etereo impostato cui era solita, con una voce “aspra, rauca” iniziò a declamare quella profezia che, narrativamente parlando, sarà la causa scatenante dell’intera saga Potteriana.

Harry Potter: Storia di una Profezia
“Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore…  nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese… l’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto… e l’uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive… il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà all’estinguersi del settimo mese…” 

Probabilmente queste parole si sarebbero semplicemente spente con l’eco della stanza, se non ci fossero state appena dietro la porta delle orecchie pronte a coglierle, a comprenderne la portata e a riferirle a uno dei due protagonisti della profezia stessa. Individuato però quasi subito, e buttato fuori dalla locanda, l’allora Mangiamorte Severus Piton (che dedicherà il resto della propria vita a impegnarsi nel porre rimedio a tale errore) potè comunicare al suo padrone solo la prima parte della profezia:

“Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore… nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese…”

Voldemort, l’Oscuro Signore in questione, accettando come vera e ineluttabile la sentenza profetica, decise di muoversi con drastica e risoluta violenza per annullarla. Individuò quindi il bimbo nato verso la fine di luglio, figlio di due genitori a lui già nemici, e fece irruzione nella loro casa con l’intenzione di ucciderlo. Per giungere a lui dovette affrontare la strenue difesa del padre James e della madre Lily, ma infine, dopo averli uccisi entrambi, si trovò solo davanti all’inerme e inconsapevole piccolo Harry.  
Harry Potter: Storia di una Profezia
Senza indugi né rimostranze da parte della sua coscienza già nera, alzò la propria bacchetta e scagliò contro gli occhi sgrananti di Harry una delle tre Maledizioni Senza Perdono, la peggiore, quella irreversibile e definitiva. Ma all’urlo “Avada Kedavra” e al raggio verde che dalla bacchetta saettò verso la sua vittima, non seguì la scena che Voldemort, come qualunque altro rappresentante del mondo magico, si sarebbe aspettato. La maledizione non uccise Harry e non liberò l’Oscuro Signore dall’incombente futuro annunciato dalla profezia, ma rimbalzò sul piccolo, protetto da un incantesimo sconosciuto all’altro, l’amore (innescato da Lily col sacrificio della propria vita per il suo bambino), e si scagliò contro Voldemort stesso, che venne ridotto a una miserabile forma vegetativa e incorporea. A Harry rimase invece come ricordo di quella terribile notte in cui perse la sua mamma e il suo papà,  una cicatrice a forma di saetta sulla fronte, che lo avrebbe identificato per sempre come il ragazzo-che-è-sopravvissuto e che lo avrebbe legato al Signore Oscuro in un modo imperscrutabile e magico, proprio come aveva annunciato la profezia, rendendolo l’unico capace di contrastarlo.
Harry Potter: Storia di una Profezia

La prima considerazione che viene da fare nasce proprio da questo punto: è Voldemort stesso, credendo nell’ineluttabilità e nella veridicità della profezia della Cooman e adoperandosi per vanificarla, che invece la realizza. Se il mago non avesse cercato ed attaccato Harry non gli avrebbe conferito i mezzi che lo rendono in grado di contrastarlo (“lo designerà come suo eguale”), e se non avesse ucciso i suoi genitori non gli avrebbe insinuato le motivazioni e il senso del sacrificio e soprattutto la ferrea volontà di contrastarlo. Viene da domandarsi dunque cosa sarebbe accaduto se Piton non avesse origliato alla Testa di Porco: la profezia si sarebbe avverata comunque? Difficile crederlo, perché Voldemort, all’apice del proprio potere e del proprio dominio, avrebbe avuto davvero scarsi motivi per temere e considerare un frugoletto di pochi mesi, e altrettanto scarse energie da sprecare per scoprire il nascondiglio dei Potter, semplici oppositori tra i tanti se pur esponenti dell’Ordine della Fenice. Un incontro e uno scontro casuali tra l’Oscuro Signore e il neonato Harry sarebbero stati davvero improbabili.
Così, quella potteriana rientra nella categoria della cosiddetta profezia che si auto avvera (la self-fulfilling prophecy teorizzata dal sociologo Merton), quella cioè che si realizza solo grazie al fatto che i suoi soggetti ne vengono a conoscenza e, credendole, si adoperano per realizzarla o annullarla. Predecessori letterari illustri sono la tragedia di Edipo nella letteratura greca antica e il Macbeth, la tragedia di William Shakespeare. Edipo, allontanato dal padre Laio a causa di una profezia che lo designava suo assassino, finisce proprio in conseguenza di questo esilio per uccidere inconsapevolmente il proprio padre e sposare la propria madre; Macbeth invece, privo inizialmente di ambizione e paladino leale del proprio Re, allettato dal futuro che gli annunciano le tre weird sisters, compie regicidio e sale al trono, come predetto e come mai sarebbe avvenuto senza l’intervento delle streghe. È Silente stesso a sostenere questa tesi:

<<Ma Harry, non dimenticare mai che la profezia ha valore solo perché Voldemort ha fatto in modo che l’avesse. Te l’ho detto alla fine dello scorso anno. Voldemort ha scelto te come la persona più pericolosa per lui… e così facendo ti ha reso la persona più pericolosa per lui!>>
(Harry Potter e il Principe Mezzosangue, capitolo 23)

A supportare ulteriormente la tesi della self-fulfilling prophecy è lo scarto tra l’indeterminatezza del testo profetico in questione e la scelta del soggetto che interviene proprio determinandola. La descrizione del futuro oppositore di Voldemort offerta dalla profezia non è univoca: la frase “nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese…” è infatti attribuibile a due bimbi, entrambi nati alla fine di luglio dello stesso anno, entrambi figli di combattenti dell’Ordine della Fenice: Harry Potter e Neville Paciock. È ancora una volta Voldemort ad attuare la profezia, a determinarla, facendo ricadere la sua scelta su Harry; che avvenga per quelle che Silente definisce “le sue personali, imperscrutabili ragioni”, o per il fatto che il mezzosangue Voldemort senta il mezzosangue Harry come un essere a lui più affine e come un avversario potenzialmente più probabile, forse poco importa. Ciò che importa è che sia Voldemort a designare Harry come suo eguale (proprio come affermato dalla profezia), e che quindi sia lui ancora una volta a “interpretare” la sentenza profetica e a realizzarla. Il testo profetico pare così non avere potere attuativo: sono i soggetti umani che, prestandovi fede, lo realizzano secondo l’influenza della propria interpretazione.
Harry Potter: Storia di una Profezia

La seconda considerazione, in modo evidente strettamente legata alla prima, riguarda quanto e come sia vincolante il testo profetico. Abbiamo visto che è stato Voldemort a credere inizialmente alla profezia e, nel cercare di far sì che non si realizzasse, a realizzarla lui stesso. Quindi la sua è stata una libera scelta in origine: ha deciso di credere alla veridicità ed ineluttabilità della sentenza profetica, e è entrato di sua volontà nel circolo vizioso di autoavveramento della profezia stessa. Ma Harry ha questa libertà ora che parte della profezia si è realizzata? La riflessione attorno a questa domanda è, tra i tanti temi profondi, illuminanti, esemplari o disturbanti presenti nella saga di Harry Potter (riprovati dalle tante pubblicazioni monotematiche relative all’universo creato da J. K. Rowling), uno di quelli che ricorrono con maggiore frequenza ed indubbio peso nella narrazione. Si tratta di stabilire quali siano il valore e la validità del libero arbitrio in presenza della profezia. Intendendo “libero arbitrio” in un’accezione non religiosa (anche perché nella saga non esiste nessuna forma superiore divina o cosmica cui fare riferimento1), ma assolutamente secolare, quindi come possibilità di scelta, autodeterminazione. La profezia cioè, se ritenuta vera, lascia spazio alla scelta dell’individuo, all’autodeterminazione, oppure lo predetermina precludendogli ogni possibilità di influenza sul proprio destino? 
La Rowling conferisce un notevole peso alla possibilità di autodeterminazione e alla Scelta. Basti pensare alla questione esemplare su cui torna ripetutamente, condannandola, della condizione degli elfi domestici, costretti a eseguire qualunque ordine ricevuto dai propri padroni, senza possibilità di ingerenza da parte dei propri gusti, dei propri valori, dei propri affetti. O si riporti alla mente un altro esempio, ancor più eloquente: ne La camera dei segreti, Harry da voce per la prima volta ai timori che si porta dentro da quando al momento dello Smistamento2, il Cappello Parlante volle inizialmente assegnarlo alla Casa di Serpeverde:

 <<Professor Silente… Riddle ha detto che io sono come lui. Strane somiglianze, ha detto… […] Il Cappello Parlante mi disse che io… che… sarei stato bene tra i Serperverde. Per un po’ tutti hanno pensato che io fossi l’Erede di Serpeverde… perché parlo il Serpentese… […] Allora è vero che dovrei stare con i Serpeverde! […] Il Cappello Parlante ha visto in me il potere di Serperve e…>>.
(Harry Potter e la Camera dei Segreti, capitolo 18)

Harry Potter: Storia di una Profezia

Timori che hanno preso sempre più spazio dentro di lui con il manifestarsi di alcune caratteristiche (prima fra tutte la capacità di parlare il Serpentese) proprie della casa tanto disprezzata, del suo fondatore Salazar Serpeverde e di Tom Riddle, il futuro Voldemort, che a essa apparteneva. Ma la risposta di Silente è non solo rincuorante per Harry3, ma straordinariamente significativa del valore che l’autrice attribuisce alla “scelta”:

<<Ascoltami bene, Harry. Si dà il caso che tu abbia molte qualità che Salazar Serpeverde apprezzava nei suoi alunni, che selezionava accuratamente. Il dono molto raro del Serpentese… intraprendenza… determinazione… un certo disprezzo per le regole>> soggiunse, e ancora una volta i suoi baffi vibrarono. <<E tuttavia, il Cappello Parlante ti ha assegnato a Grifondoro. Tu sai perché. Pensaci>>.<<Lo ha fatto>> disse Harry con delusione nella voce, <<perché gli ho chiesto io di non andare fra i Serpeverde…>><<Appunto>> disse Silente ancora una volta tutto raggiante. <<Il che ti rende assai diverso da Tom Riddle. Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità>>.
(Harry Potter e la Camera dei Segreti, capitolo 18)

E proprio sulla base di questo inno all’autodeterminazione, alla scelta del CHI essere a prescindere dalla natura, dalle doti, dallo status in cui si è nati, si colloca anche il tema della libertà rispetto alla profezia. Harry entra in gioco come soggetto libero solo nella seconda parte della profezia, perché della prima è già stato vittima. Ma lui è veramente libero di ignorare la sentenza profetica? È libero di voltare le spalle alla battaglia contro Voldemort? In parte probabilmente sì, potrebbe: basterebbe prendere un bel treno o meglio ancora Smaterializzarsi per giungere il più lontano possibile, magari dopo aver assicurato Voldemort della propria vigliaccheria  e della propria ignavia. 
Harry Potter: Storia di una Profezia
Ma come dicevo prima, il fatto stesso che Voldemort abbia “segnato” Harry stabilendo un legame magico e psichico tra loro due e il fatto che abbia ucciso i suoi genitori, fa sì che Harry non possa che faticare a voltare le spalle alla profezia (riecco la self-fulfilling prophecy). Tuttavia, è pur sempre libero di farlo, di cedere alla paura o al disinteresse, di passare il testimone dell’eroe a qualcun altro (anche se questi non avrà mai le sue possibilità!). E infatti la Rowling sostiene anche in questo caso il valore della possibilità di Scelta4, fondamentale per tutta la saga, e lo fa ancora una volta attraverso le parole del suo miglior portavoce, Silente:

<<Ma signore […] la conclusione è sempre la stessa, no? Devo cercare di ucciderlo, o…>> <<Devi?>> chiese Silente. <<Certo che devi! Ma non a causa della profezia! Perché tu, tu stesso, non sarai mai in pace finché non avrai tentato! Lo sappiamo entrambi! […] Vedi, la profezia non significa che tu devi fare qualcosa! Ma ha indotto Lord Voldemort a designarti come suo eguale… in altre parole, tu sei libero di scegliere che cosa fare, libero di voltare le spalle alla profezia! Ma Voldemort continua ad attribuirle importanza. Continuerà a darti la caccia… il che rende certo, di fatto, che… >><<Che uno di noi finirà per uccidere l’altro>> completò Harry. <<Sì>>. (Harry Potter e il Principe Mezzosangue, capitolo 23)

E così eccoci arrivati all’ultima parte della profezia, quella che decreta l’ineluttabile scontro tra i due soggetti, e che anticipa quale sarà l’arma che potrà risolvere tale scontro:

“…ma egli avrà un potere a lui sconosciuto… e l’uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive…

Harry sceglie di entrare nel gioco della profezia. Ma lo fa prendendo coscienza del proprio ruolo certo, ma al di sopra di questo, più determinante di questo, prendendo coscienza della propria volontà. Harry decide così CHI essere, a prescindere “dalla natura, dalle doti, dallo status", e soprattutto a prescindere dalla profezia stessa, trascendendola. E questo farà la grande, immensa differenza, sul campo di battaglia, come Harry stesso comprende:

“Era, si disse, la differenza tra l’essere trascinato nell’arena ad affrontare un battaglia mortale e scendere nell’arena a testa alta. Forse qualcuno avrebbe detto che non era una gran scelta, ma Silente sapeva – e lo so anch’io, pensò Harry con uno slancio di feroce orgoglio, e lo sapevano i miei genitori – che c’era tutta la differenza del mondo”.
(Harry Potter e il Principe Mezzosangue, capitolo 23)

Harry Potter: Storia di una Profezia

Harry sceglie la battaglia dunque, non a causa della profezia, ma per il desiderio di portare giustizia e pace, di proteggere i suoi amici, di onorare coloro che già sono caduti a causa del potere feroce e crudele di Voldemort. In particolare per quelli che, amando lui, sono morti proteggendolo. E infatti la sua battaglia non sarà armata, non sarà a stoccate di incantesimi, ma si realizzerà nell’offerta di sé, in quel gesto che molti potrebbero interpretare come una resa, in quel gesto che Voldemort stesso decide di far intendere a tutti coloro che stanno combattendo a Hogwarts lo scontro finale come una vigliacca rinuncia. E invece quella di Harry è la più coraggiosa, la più meravigliosa, la più definitiva delle rinunce e delle rese5: offre la propria vita. Riecheggiano allora con una toccante potenza le parole dell’epitaffio sulla tomba di James e Lily Potter: “L’ultimo nemico a essere sconfitto sarà la morte” (San Paolo, Prima Lettera ai Corinzi 15,26).
Perché Harry sconfiggendo la morte, sconfiggendo la paura della morte, quella che invece vincola Voldemort, che lo rende spaventato e quindi vulnerabile, quella che lo ha indotto a frammentare la propria anima con l’incantesimo degli Horcrux… ecco Harry, sconfiggendo lei, sconfigge Voldemort! E poco importa che Harry in realtà poi non muoia, conta l’atto dell’offerta. O meglio, ancora una volta, la scelta dell’offerta di sé. Perché il “potere a lui sconosciuto” di cui parla la profezia, che altro non è che l’amore, aveva protetto Harry quando Voldemort lo attaccò ancora in fasce grazie al sacrificio di Lily, e protegge ora tutti coloro per i quali Harry ha offerto la propria vita, senza riserve. Così la scelta di Harry è “semplicemente” quella dell’amore. Ma quella scelta, nella sua vita, come in quella dei suoi compagni e come in tutte le nostre vite, fa davvero “tutta la differenza del mondo”.
NOTE 1 A questo proposito, credo che l’unico riferimento esplicito a una religione nella saga, se pur non specificato, sia l’epitaffio sulla tomba dei coniugi Potter: “L’ultimo nemico a essere sconfitto sarà la morte”, San Paolo, Prima Lettera ai Corinzi 15,26.
2 “<<Difficile. Molto difficile. Vedo coraggio da vendere. E neanche un cervello da buttar via. C’è talento, oh, accipicchia, sì… e un bel desiderio di mettersi alla prova. Molto interessante… Allora, dove ti metto?>> Harry si aggrappò forte ai bordi dello sgabello e pensò: <<Non a Serpeverde, Non a Serpeverde!>> <<Non a Serpeverde, he?>> disse la vocina. <<Ne sei proprio così sicuro? Potresti diventare grande, sai: qui, nella tua testa, c’è di tutto, e Serpeverde ti aiuterebbe sulla via della grandezza, su questo non c’è dubbio… No? Be’, se sei proprio così sicuro… meglio GRIFONDORO!>>” (Harry Potter e la Pietra Filosofale, capitolo 7)
Harry Potter: Storia di una Profezia

3 Harry dimostrerà di aver compreso profondamente la lezione di Silente quando, al figlio preoccupato di essere mandato dal Cappello Parlante risponderà: “<<Albus Severus […] tu porti il nome di due Presidi di Hogwarts. Uno di loro era un Serpeverde e probabilmente l’uomo più coraggioso che io abbia mai conosciuto. […] …vorrà dire che la Casa di Serpeverde avrà guadagnato un ottimo studente, no? A noi non importa, Al. Ma se per te è importante, potrai scegliere Grifondoro invece di Serpeverde. Il Cappello Parlante tiene conto della tua scelta. […] Con me l’ha fatto>>”. (Harry Potter e i Doni della Morte, Epilogo)     4 Come sottolinea Marina Lenti nel libro “L’incantesimo Harry Potter” (Delos Books, 2006), la scoperta nel settimo libro che Voldemort abbia involontariamente reso Harry l’ottavo Horcrux, crea una condizione di predeterminismo che ribalta la tesi di libero arbitrio sostenuta dalla Rowling per i precedenti sei libri.
5 Quella che la scritta sul Boccino d’Oro lasciato da Silente ad Harry definisce “Chiusura” – “Mi aprirò alla chiusura”.


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