A prescindere dai temi tattici e tecnici delle due squadre, la sconfitta di Miami darebbe un segnale forte, ossia che i vecchietti dei Celtics sono ancora pronti a sorprendere tutti come hanno fatto l’anno scorso, e che a Miami è mancata la capacità, nel primo momento di difficoltà, di superare differenze e lacune tecniche, come il fatto di non riuscire ancora a giocare al meglio tutti e tre contemporaneamente, e trovare quella forza, quel senso di “urgency”, di bisogno incalzante e pressante, che per i Celtics si chiamava “Ubuntu” e che porta a fare cose irraggiungibili razionalmente. In un certo senso la sfida mette a confronto il maestro e l’allievo: è quello che tutti, Heat compresi, si sono chiesti durante quest’anno: “riuscirà Miami a emulare quello che ha fatto Boston?”.
Guardando ai numeri nei quattro precedenti stagionali tra Miami e Boston si vede che i Celtics hanno vinto tre volte, di cui due nella prima settimana di campionato, quando gli Heat sapevano a malapena i loro numeri di maglia. Non penso infatti che i precedenti o il fattore campo - a favore di Miami - saranno così rilevanti. Boston ha già dimostrato di saper vincere “fuori casa” senza problemi, non sarei così sicura del contrario, ma se gli Heat riescono a mantenersi uniti in casa, potrebbero farcela.
Di solito le squadre che vincono 4-0 hanno molto, spesso troppo, tempo per riposarsi/rilassarsi; basta ricordare cos’è successo l’anno scorso ad Orlando contro Boston. Nel caso dei Celtics penso che la pausa abbia giovato per recuperare forze e giocatori infortunati, e poi Doc Rivers ha decisamente in mano la situazione emotiva e mentale dello spogliatoio.
Per il pronostico mi sbilancerei leggermente sui Celtics perché loro ci sono “già passati” ma sicuramente con tutte queste star in campo nessuno mollerà facilmente la possibilità di sfidare chissà gli Hawks in finale di Conference e i Grizzlies in finale?!