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(H.G. Wells – The time machine)
In perfetto accordo all’ancestrale bisogno dell’uomo di pigliare a pedate oggetti tendenzialmente inanimati e rotondeggianti, io gioco, e ho giocato, a calcio. Ho cominciato che avevo tre anni e ancora non ho smesso.
Ho giocato a calcio nello spiazzo davanti casa, in strada, sulla terra bianca dietro la chiesa. Ho giocato a calcio a scuola, al campino tra le viti alle case nuove, ai giardini. Ho giocato a calcio al campo sportivo, in spiaggia, allo stadio, nel bosco, sul greto del fiume, in un campo in salita. Ho giocato a calcio in casa, in giardino, ho giocato fuori dall’Italia e fuori dall’Europa. Ho giocato sull’erba sintetica e sulle pietre di Piazza Santa Croce.
Ho giocato a calcio in porta e sulla fascia. Ho fatto il terzino e l’ala, ho giocato da mediano, ho fatto il libero e la mezzala quando ancora c’erano il libero e la mezzala, ho giocato centravanti e anche trequartista. Ho giocato coll’uno sulla schiena, oppure col due, ma anche con il quattro, con il sei e con l’otto, ho giocato col dieci e con l’undici. Ho giocato a calcio con la maglia della Fiorentina, con quella dell’Argentina, con la maglia del Brasile e con quella del Cagliari di Gigi Riva, ho giocato con la fruit bianca o con un’anonima maglietta blu, ho giocato con una maglia granata, con la tuta grigia tipo Rocky, ho giocato indossando il costume. Ho giocato a calcio con la maglia della nazionale, con la maglia del dopolavoro. Ho giocato con la fascia di capitano, con il cappello per il sole e con i guanti per il freddo.
Ho giocato a calcio a undici, calcio a otto, a sette, ho giocato a calcetto cinque contro cinque ma spesso anche cinque contro quattro, ho giocato a scartini due contro due, ho giocato a calcio con mio figlio, con l’altro mio figlio e ho giocato a calcio da solo in giardino. Ho giocato con mio padre. Ho giocato a calcio a porticine, a buca entra, a testa e rovescio, ho giocato a calcio coi portieri volanti e con i giubbotti al posto dei pali, ho giocato a calcio a sedere.
Ho giocato perché avevo voglia, per stare in forma, ho giocato perché ero in vacanza e non c’era di meglio da fare, ho giocato a calcio da militare per volere del tenente, ho giocato per i tre punti, ma ho giocato anche per i due punti, per una medaglia, ho giocato aspettando che venisse l’ora di cena e ho giocato a calcio perché mancava uno.
Ho giocato bene, ho giocato da schifo, ho segnato, ho fatto autoreti e falli di mano, sono stato ammonito ed espulso, ho colpito duro e ho preso calcioni negli stinchi e gomiti tra le costole, ho fatto assist, ho scartato e perso palla, ho protestato e ho applaudito l’arbitro, ho urlato e imprecato. Ho giocato trotterellando e uccidendomi di fatica. Ho giocato a calcio e mi sono rotto un braccio e una gamba e ancora un braccio, e mi sono rotto un piede e ho continuato a giocare col piede rotto. Ho giocato a calcio e mi sono rotto due costole, mi sono stirato il sovraspinato e poi un muscolo e un altro ancora.
Ho giocato a calcio con un supertele, col pallone di cuoio dono per la Comunione, ho giocato a calcio col pallone ad esagoni neri, col tango e con lo jabulani, ho giocato a calcio con palline da tennis e con palle da pallavolo, ho giocato a calcio con una lattina vuota di Coca Cola e ho giocato a calcio senza palla imitando Jacques Tati.
Ho giocato a calcio con le Diadora di Roberto Baggio, con i tasselli in gomma dura e con quelli in alluminio svitabili, ho giocato con la suola liscia delle Superga bianche e coi mocassini della domenica, ho giocato a calcio con le All Star, ho giocato con i calzini antiscivolo e anche scalzo. Ho giocato a calcio con gli stivaletti col tacco fine anni settanta.
Ho giocato a calcio con gli amici, con le amiche, con perfetti sconosciuti e con professionisti. Ho giocato coi grandi quand’ero piccolo e coi piccoli quando son cresciuto. Ho giocato con i compagni di vacanza, con i genitori degli amici di mio figlio, con i colleghi e con i ragazzi del paese vicino.
Ho giocato a calcio pensando a una donna, e sono stato con una donna dicendo che ero a calcio.
Ho giocato a calcio in un campo ghiacciato, ho giocato con cinque centimetri di fango, con trenta gradi e col vento di Trieste.
Ho preso a calci centomila palloni e li ho presi a calci per cinquant’anni, e ho sempre avuto paura di sbagliare un calcio di rigore.
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Questa session di musica e parole partecipa al Premio Gigi Reder
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