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ho perso le parole

Creato il 03 maggio 2012 da Pesa
Eccoci di nuovo qua! 
È ormai terminato, come tutti voi sapete, il lungo ponte del primo maggio, e io son nuovamente qui a non saper cosa scrivere. Sa un po' di deja-vù vero? 
Suvvia, era uno scherzone. 
Per quanto ci possa essere un esiguo numero di persone alle quali interessa, io so benissimo cosa scrivere, solo che non mi vengono le parole. Ed è una cosa un po' strana, perché solitamente la frase, il discorso, la parola, mi mancano quando sto facendo un discorso a voce. 
Capiterà a tutti quanti - come già spiegato in maniera sublime dall'immenso Astutillo Smeriglia - quando ci si trova davanti a situazioni che hanno un minimo di importanza, di impappinarsi, rimanere lì a bocca aperta e dire una frase stupida, idiota che magari, sì, ci può star bene, però non è ciò che avevamo in mente di dire. Poi ecco che svariati giorni dopo fanno capitolino nella nostra mente quell'incredibile serie di lettere e allora rimuginiamo e ci malediciamo per non esser riusciti a pronunciarle a momento debito. Ma non solo quando parliamo con altri, ma anche, e soprattutto, quando ci troviamo davanti a qualcosa di incredibile, e speriamo di suggellare il momento con una qualche battuta uscita direttamente dalla penna di un grande sceneggiatore hollywoodiano. 
Come ad esempio l'altro giorno, scendendo per viale Bonaria, a Cagliari. 
Percorrevo la via, passando accanto ad uno degli edifici peggio riusciti di Renzo Piano, e mi accingevo a guadagnare la via Roma, facendo lo slalom tra una buca lasciata incustodita dagli zelanti operai comunali e alcuni vecchi filobus sgangherati fermi in mezzo alla strada. Superato l'incrocio di via Sonnino ecco che davanti ai miei occhi si palesa un incredibile quando meraviglioso spettacolo. Il sole, che lentamente scendeva e andava a morire dietro i Lattias, inondava di rosso fuoco la principale via cagliaritana, macchiando di sangue le palme in piazza Darsena, annichilendo totalmente l'immenso, e ruffiano, striscione esposto all'esterno del palazzo del consiglio regionale. Il cielo non era più celeste, le nuvole non erano più bianche, era un colore unico, degno di uno spettacolo che solamente la natura è in grado di regalarci.
E io, fermandomi al semaforo, levando gli occhiali sopra la testa, non riuscì a proferire altro che «Minchia!». 

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