Hyperdimension Neptunia Re;Birth2: Sisters Generation – Si torna a Gamindustri!

Da Videogiochi @ZGiochi
di Giovanni "plutarco" Calgaro

Per lungo tempo i giochi di ruolo made in Japan hanno “snobbato” l’utenza PC, almeno in occidente, creando al contrario un legame sempre più indissolubile col nascente mercato console. Pur tenendo come punto di riferimento principale quest’ultimo, software house e publisher hanno ricominciato a guardare all’utenza PC in maniera assai interessata, adattando  le loro creazioni al “nuovo” target. Idea Factory e Compile Heart sono tra questi fautori della nuova linea e recentemente hanno ben pensato di portare il remake della loro serie ruolistica più famosa sugli schermi dei nostri desktop, dando la possibilità, anche a chi non ha mai posseduto una Playstation, di poter vedere qualche procace curva digitale femminea strabordante fan service. Con Re;Birth2 ci troviamo di fronte al porting di un remake, insomma. Evoluzioni terminologiche a parte, la rinnovata banda capitanata dalla giovane Neptune, dopo essersi fatta portatile ed aver ricevuto una calorosa accoglienza da parte del pubblico su PSVita (nonché diversi spin off più o meno riusciti), è giunta a gennaio anche su PC con il primo episodio della rinnovata trilogia preso di peso ed “incollato” semplicemente ad una risoluzione maggiore. Lo stesso, in fin dei conti, può dirsi anche di questo Re;Birth2. Il gioco infatti rimane esattamente lo stesso della controparte portatile, riadattato però ai 1080p. Grosse novità da segnalare, purtroppo, non ce ne sono. In attesa della recensione del terzo ed ultimo remake portatile, abbiamo passato (di nuovo) un bel po’ di ore con la banda tutta al femminile di Neptune e compagne a zonzo per Gamindustri.

SPAZIO ALLE NUOVE GENERAZIONI!

Affrancandosi dal contesto narrativo del precedente Re;Birth1, che vedeva le quattro CPU, divinità protettrici delle altrettante regioni in cui è diviso il mondo di Gamindustri, alle prese con una tragica “Console War”, Sisters Generation propone un rinnovato intreccio narrativo e “nuove” comprimarie. In realtà, per chi l’avesse giocato nel 2012, si tratta dell’episodio rubricato sotto la dicitura MK2, ristrutturato per l’occasione con qualche revamp dei dialoghi ed alcune sorprese di sicuro gradimento per i fan della saga, come un nuovo finale e l’aggiunta di qualche nuovo comprimario. Ad ogni modo, Gamindustri si trova alle prese con un nuovo potente nemico ed il suo stuolo di scagnozzi inquadrati in una organizzazione paramilitare che sta creando scompiglio in ogni dove. Non c’è dunque più tempo per le antiche rivalità; le quattro CPU e le relative sorelline minori decidono di unire le forze in un’ultima epica lotta all’ultimo sangue, ma vengono sconfitte ed imprigionate nel luogo in cui vanno a finire tutti i giochi ed i prodotti di elettronica obsoleti, il Gameindustri Graveyard. Solo Nepgear, la protagonista nonché sorella minore di Neptune, riesce a mettersi in salvo, grazie alla complicità di Compa, amica della sorellona e vecchia conoscenza della serie. Inizia così per Nep Nep e compagne un viaggio ricco di insidie attraverso tutte le regioni di Gameindustri per cercare tutto l’aiuto possibile e liberare così le CPU prigioniere, senza dimenticare di sradicare la malefica organizzazione criminale denominata ASIC che vuole impadronirsi dell’intero mondo.

NESSUN CAMBIAMENTO ALL’ORIZZONTE

Re;Birth2: Sisters Generation, in realtà non apporta grandi cambiamenti non solo rispetto alla formula tipica della serie, ma anche riguardo a quanto visto nel primo capitolo della trilogia di Neptune e compagne. Come ricordavamo nella nostra analisi di qualche mese fa infatti la piccola, vera, rivoluzione del gameplay è avvenuta proprio col primo remake rilasciato per la piccola di casa Sony, e Re;Birth2 rappresenta solo il perfezionamento e la definitiva conferma di un’alchimia che funziona e diverte, tutto in funzione di un’esperienza di gioco ricca e longeva, che decolla in modo deciso nella seconda metà dell’avventura.

Ad ogni modo, vistosi cambiamenti ed eclatanti novità nella ben collaudata formula messa in piedi da Felistella e Compile Heart non ve ne sono. Re;Birth2, oltre a contenere già tutte le novità proposte in precedenza, possiede infatti anche tutti i canoni tipici della serie che abbiamo imparato a conoscere, a partire da una world map bidimensionale stilizzata su cui compariranno, nel prosieguo dell’avventura, nuove location come le città delle diverse regioni del mondo e, chiaramente, gli immancabili dungeon i quali giocheranno un ruolo centrale nell’economia di gioco, come ogni buon JRPG che si rispetti. Chi non avesse dimestichezza con la serie, o non avesse giocato al precedente Re;Birth non si deve comunque preoccupare troppo, a livello di trama e gameplay, di dover entrare “in medias res” sprovvisto dei dovuti collegamenti e punti di riferimento. Nonostante l’intreccio narrativo sia direttamente connesso dal precedente e coinvolga alcuni personaggi già conosciuti, gli sviluppatori sono riusciti a mantenere uno stile leggero, diretto e senza tanti fronzoli o inutili lungaggini che, grazie alle ottime stringhe di dialogo che fungono da collante e ad un buon doppiaggio, permette sin da subito di comprendere le vicende che hanno portato Nepgear e socie a dover intraprendere quella pericolosa avventura, nonché le connessioni interpersonali tra i diversi comprimari in scena. Certo, lo scorrere dell’avventura soffre di alti e vertiginosi cali di stile, ma questo lo si deve mettere in conto quando si parla di Compile Heart, Idea Factory e FeliStella. Il gameplay, poi, parte sempre dalle basi più elementari ed ogni suo aspetto viene spiegato con un preciso e completo tutorial i cui insegnamenti possono esser richiamati in ogni momento attraverso l’apposita “Nepedia”.

IN GIRO PER GAMINDUSTRI

Il nutrito cast, si ricorda, come da tradizione tutto al femminile, si dovrà barcamenare tra una fase gestionale profonda, articolata e ben curata e una fase esplorativa (o di grinding) in cui si guadagneranno i necessari oggetti, pezzi d’equipaggiamento e, soprattutto, esperienza per trovare il giusto equilibrio tra le diverse combattenti ed i loro molteplici stili di combattimento e peculiarità derivanti dalla loro condizione di “divinità” di Gamindustri. La gestione del party è davvero ben curata e va oltre il semplice ricambio di equipaggiamento acquistato o guadagnato attraverso le tante missioni secondarie – di raccolta o di caccia – che la Gilda cittadina ci mette a disposizione. Salendo di livello le ragazze acquisiranno nuove abilità speciali e nuove mosse da inserire in sequenze di combo totalmente personalizzabili in forza ed intensità, per ottenere un climax progressivo che tende sempre verso il massimo risultato possibile col minimo sforzo. Oltre a questo, vi è anche il ritorno dell’ormai immancabile Lily Rank, ossia il livello di affinità tra le combattenti (da incrementare attraverso eventi e dialoghi facoltativi). Più alto sarà il livello tra due ragazze, maggiori probabilità avranno durante gli scontri (se accoppiate nella gestione del party) di utilizzare ulteriori combo speciali, in stile “tag team”.

Tale ben di dio però non sarebbe possibile se si tralasciasse la fase esplorativa che, oltre a portare i classici punti esperienza e nuovi oggetti attraversoencounter fortunatamente abbastanza equilibrati e non casuali, contribuisce anche a fornire i materiali per la sezione di crafting introdotta nel recente passato e denominata Remake System, o Plan. L’esplorazione dei dungeon rappresenta l’unico momento in cui è possibile ammirare le combattenti ed il mondo di gioco in tre dimensioni. I dungeon in particolare, sbloccabili proseguendo nella storia, denotano ancora la debolezza del team di sviluppo in tale ambito. Essi infatti tendono purtroppo ad essere (seppur fondamentali) ancora ambienti abbastanza lineari e non troppo articolati, esplorabili in modo piuttosto rapido, poco interattivo e popolati da aggressive creature di tutti i tipi pronte solo a metterci i bastoni fra le ruote. Noi non ci siamo lasciati certo pregare ed è con piacere che possiamo riconfermare la bontà del combat system, rimasto praticamente immutato (ed è un bene) rispetto a quello già visto nel precedente remake portatile. Le parole, che anche in questo caso definiscono al meglio il gameplay, rimangono dunque “libertà di movimento” e “profondità“. Ogni combattente durante il proprio turno d’azione non rimane statica; essa può liberamente muoversi entro un’area circoscritta che varierà in base al coefficiente di Agilità di ognuna. Ciò permette di metter a punto strategie dinamiche e variabili durante ogni scontro le quali dovranno essere coordinate e studiate approfonditamente grazie alle molte abilità disponibili per ogni ragazza. Ecco dunque la seconda parola chiave che caratterizza il combat system, ossia, “profondità”.

Ad aggiungere un po’ di brio ed ulteriore longevità (comunque eccedente le 40-50 ore) al titolo, ci pensano due feature sicuramente interessanti, di cui una rappresenta una piacevole e simpatica distrazione rispetto all’esperienza principale. La prima feature porta il nome, già citato, di Remake System (o Plan). Quest’ultimo in buona sostanza non è altro che un sistema di crafting che permette, attraverso i progetti gentilmente donati dai cittadini di Gamindustri o trovati all’interno dei dungeon, di fabbricare e sbloccare nuovi oggetti. Questa feature però va oltre. Si possono infatti trovare decine di progetti particolari che permettono, chiaramente con i giusti materiali, di modificare diverse caratteristiche del mondo di gioco e dell’avventura, dalla difficoltà alla quantità di mostri all’interno dei dungeon, dai tesori accumulabili a veri e propri nuovi dungeon secondari. La seconda feature invece si intitola “Stella’s Dungeon”, novità introdotta nella versione portatile che può essere tranquillamente saltata, non essendo fondamentale per giungere alla fine dell’avventura. Ciò nonostante essa rappresenta una buona distrazione e permette anche di ottenere oggetti ed equipaggiamento che potranno essere utilizzati dalle combattenti nell’avventura principale. Questa nuova sezione ha per protagonista Stella e Feli (un gattino), le mascotte – manco a dirlo – del team di sviluppo FeliStella. La piccola, assieme al micio, può essere inviata ad esplorare i dungeon per nostro conto. Prima di mandarla incontro al pericolo, ci viene data la possibilità di equipaggiarla, scegliere la tipologia e la difficoltà del dungeon da esplorare e anche la durata della spedizione. Se ha successo, Stella può ritornare con un sostanzioso bottino, mentre se fallisce nell’intento perde tutti gli oggetti trovati e l’equipaggiamento indossato. Il tutto procede in automatico e la particolarità sta nel fatto che la missione di Stella avviene in “real time”, ovvero anche se la console è spenta o non stiamo giocando a Sisters Generation, il tempo continua a scorrere. Quindi, settando una missione, ad esempio, di 8 ore prima di andare a dormire e spegnendo la console, al vostro risveglio troverete Stella di ritorno dalla missione.

STESSA QUALITÀ, STESSA SENSUALITÀ

Riguardo, infine, al comparto tecnico, non possiamo che attenerci a quanto già ampiamente detto in sede di recensione dei capitoli portatili della serie, dato che i punti di forza e di debolezza rimangono esattamente sempre gli stessi anche se fortunatamente le debolezze ne escono leggermente sbiadite. Al fan service sfrenato, dedicato agli amanti della procacità femminile, si accompagna una sempre pregevole (senza strafare) veste grafica tridimensionale in cel shading intervallata da scenette e da molti dialoghi in pieno stile anime che non possono che divertire e strappare più di un sorriso, nonostante qualche greve caduta di stile dal gusto tipicamente nipponico che, ci rendiamo conto rigiocando l’avventura, gli autori potevano risparmiarsi. Come al solito viene riproposto il doppiaggio sopra le righe, la qualità dei dialoghi (ora più diretti e meno prolissi) e la presentazione generale del titolo, grazie ad una stupenda caratterizzazione delle diverse comprimarie e dei nemici. Permangono costanti invece le incertezze a livello di design ambientale, vero cruccio degli sviluppatori che, anche su PS4 con il recentissimo Omega Quintet, hanno dimostrato di continuare a non considerare importante. Nonostante un lieve miglioramento generale, i dungeon tridimensionali tendono comunque a ripetersi, ciclicamente, presentando le stesse zone e gli stessi nemici, anche se più potenti. Un difetto che gli sviluppatori non riescono proprio a limare. Peccato, perché prestando maggiore attenzione a tale aspetto sarebbe scaturito, come si auspica sempre, un titolo sopra le righe. Non solo. Dobbiamo segnare una ulteriore nota di demerito nei confronti del team di sviluppo, per aver preso di peso il titolo portatile ed averlo trasposto senza migliorarlo o arricchirlo di una virgola rispetto al mutato hardware di riferimento. Ora vi è la possibilità di scegliere tra l’accoppiata mouse e tastiera o gamepad, nonché godersi delle poppe atomiche su di uno schermo più grande e con una risoluzione maggiore, certamente cose non di poco conto, ma solo per chi non si è potuto gustare la versione portatile.  


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