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I Barbari e la Città eterna: il crollo mai avvenuto di un Impero

Creato il 13 novembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Barbari, dalla parola greca onomatopeica per “balbettare, dire cose senza senso”, ovvero come i Greci (e poi, di riflesso, molti altri popoli) chiamarono gli stranieri di diversa etnia. Barbare erano quelle popolazioni che, a partire dal IV secolo d.C., saccheggiarono e tentarono di invadere ripetutamente le terre sottoposte al potere di Roma, ma chi fossero e da dove venissero precisamente queste genti è, per la maggior parte, un mistero. Alte figure, avvolte in mantelli e in groppa a cavalli stanchi e polverosi discesero apparentemente senza motivo i valichi delle Alpi, del Caucaso e dei Carpazi per cercare una nuova casa o qualche gemma sulla quale mettere le mani, per sfamare la loro sete di ricchezze e di bottino.

A loro dobbiamo molto del concetto di Europa unita e delle abitudini che portiamo avanti ancora oggi: dagli speroni per i cavalli al consumo massiccio di carne, passando per i confini amministrativi, politici ed etnici che caratterizzano la nostra vita di tutti i giorni. Ma cosa convinse popolazioni così numerose come gli Ostrogoti, che con il solo esercito contavano più di 100 mila uomini, a compiere viaggi che duravano anni? Cosa li spinse a rischiare la propria vita pur di arrivare a terre fertili, ma ostili e difese dall’esercito più forte del mondo?

Come sempre nella storia la spiegazione non è semplice e nemmeno unica: le cause principali stavano nella struttura stessa delle società germaniche, l’aggettivo più corretto per definire i barbari. Queste società, fondate su una gerarchia militare molto serrata e su di una forma di seminomadismo legata alle razzie, avevano una serie di problemi che non consentiva loro una difesa efficiente e rapida da popolazioni che stavano ancora più a est di loro, più aggressive, il cui nome veniva sussurrato con paura e timore reverenziale, come di un nemico leggendario e indomabile: gli Unni.

Con “Unni” viene definito quel miscuglio esplosivo di popoli che ebbero come passatempo principale e come unica valvola di sfogo il portare la guerra ovunque partendo dalle steppe dell’Asia centrale; questi cavalieri indomabili furono i veri responsabili nel costringere i nostri barbari germanici a cercarsi una nuova casa a ovest, nell’Impero Romano d’Occidente. Cominciarono probabilmente molto presto, intorno al III secolo d.C., a conquistare territori ai danni dei barbari germanici, costringendoli a scappare verso i confini romani chiedendo rifugio o portando guerra. Poteva capitare anche che questi popoli venissero impiegati dall’Impero Unno come forze militari di supporto per le azioni contro i nemici più potenti, come le due parti dell’Impero Romano; questa usanza unna, al crollo del loro Impero dopo la morte di Attila, lasciò una serie di popolazioni allo sbaraglio in un territorio troppo piccolo per tutte loro. Molte di esse scelsero di provare l’invasione nei territori dell’Impero, con esiti diversi.

Ma non sarebbero bastate le invasioni, per quanto tremende, a terminare la storia del potere di Roma: esse furono infatti molto spesso fermate con la forza, come quella degli Unni, oppure lasciate libere di sfogare la loro carica e osservate dal potere centrale mentre si esaurivano e disseminavano nuovi contadini e nuove élites all’interno dei territori dell’Impero, come nel caso dei Vandali. A volte queste popolazioni venivano addirittura confederate con un trattato, divenendo foederati, e potevano fermarsi dove concordato, integrandosi e fornendo ai generali romani soldati freschi, cibo e riparo. La debolezza politica dell’Impero, associato a figure sempre meno competenti, le crisi monetarie, quelle agricole e le epidemie, come la peste del IV secolo, misero in seria difficoltà tutto il settore agricolo e urbano tardoimperiale, dando un altro potente colpo alle fondamenta dell’Impero d’Occidente, cause tuttavia non ancora bastevoli a giustificare la scomparsa della struttura statale e dell’autorità romana.

Molti patrizi (nobili latifondiari romani, l’anima pulsante della politica e del settore agricolo) cominciarono a disinteressarsi del potere centrale e a curare sempre di più i rapporti con le persone che vivevano intorno a loro nucleo proprio a causa del pericolo barbaro, della diffusione del Cristianesimo e dei tanti problemi; tutto ciò che rappresentava il cuore del potere capillare, della romanizzazione nel territorio, cominciava a stancarsi di pensare solo a Roma e alla corte imperiale. Interessarsi però delle persone intorno a sé piuttosto che dell’Imperatore significava indubbiamente doversi confrontare con i nuovi vicini, i barbari invasori che erano stati inglobati all’interno dell’Impero dai sovrani e che abbandonarono velocemente le armi per imbracciare una zappa o una vanga. Tolto lo shock della morte di Onorio e del “prepensionamento” di Romolo Augustolo con la fortuna immensa di 6000 solidi d’oro, il vero crollo dell’Impero d’Occidente non fu allora un crollo vero e proprio, ma fu un lento trasformarsi delle persone da Romani legati al potere centrale di un Impero in Romani legati alla propria terra e integrati sempre di più con le nuove popolazioni. L’immagine di Roma in fiamme e dei barbari usurpatori banchettare sul sangue dei legionari non sono false, ma neanche raccontano il vero motivo per il quale non continuiamo a parlare latino e dare ordini ai nostri schiavi.

Fu un cambiamento epico, dunque, non un crollo sanguinoso. Indubbiamente fu violento e non si arrestò fino al VII secolo, ma fu un cambiamento e non una caduta: il popolo romano sopravvisse alla sua stessa fine e continuò a governare e a insegnare nella gestione dell’amministrazione pubblica per ancora due secoli e, attraverso il suo Diritto, fino ai giorni nostri, rappresentando un esempio immutato di ordine anche nel caos delle guerre più sanguinose. Quelle persone che militarmente furono costrette a non lottare più vollero mantenere i loro privilegi e la loro cultura accettando i nuovi “inquilini” come un elemento con il quale collaborare, sia perché genuinamente stanche della guerra sia perché la loro nuova fede votava le loro ideologie, almeno in facciata, verso un mondo più pacifico e molto meno guerriero: la fame militare dei Romani fu la vera sconfitta nel 476 d.C..

A cura di Flavio Domiziano Utzeri

Tags:Barbari,Caduta dell'Impero Romano,Impero Romano d'Occidente,Invasioni Barbariche,Ostrogoti,Roma Antica,Unni,Vandali

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