Alcune sere fa a Ballarò è stato ospite il paraministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maurizio Sacconi. Utilizzo il termine paraministro con lo stesso sprezzo con cui Sacconi ha definito le parafarmacie “qualcosa che sembra una farmacia ma in realtà non lo è”. Non è certo la prima volta che il signor Ministro fa gaffes di questo genere, sempre tra l’altro a Ballarò, sotto lo sguardo compassionevole di Floris. Se non le è chiaro, la parola Parafarmacia è composta dal sostantivo farmacia anticipato dal prefisso di origine greca para- che significa affine a, vicino a. Quindi una parafarmacia è un qualcosa di affine ad una farmacia dove si possono trovare in vendita prodotti da banco, farmaci senza obbligo di ricetta, medicine naturali, prodotti di erboristeria ed altro ancora. Quindi non sono una sorta di discount per finti farmacisti, come ha voluto far intendere lui. Comunque, si parlava di occupazione giovanile, tanto per cambiare, e il paraministro, col suo solito savoir faire, ha detto che sarebbe ora di concentrarsi sulle imprese lasciando perdere percorsi di studio inutili (immagino continuasse a riferirsi ai parafarmacisti o addirittura ai corsi di studio inutili come scienze della comunicazione, come ha gentilmente specificato la sua emerita collega Maria Stella Gelmini). Quindi, economia e commercio, unica facoltà a detta loro degna di poter preservare un futuro ai nostri giovani, che vantano un buon 30% di tasso di disoccupazione. Come dire, quindi, poca aria fritta, poca cultura, ma tanti numeri: occorre tirar su una generazione imprenditoriale, macchine procuci soldi, che perdano poco tempo dietro alla cultura che non serve a niente ma che facciano girare l’economia. PBC, ovvero: Piccoli Berlusconi Crescono.
Signori ministri, la vostra lungimiranza è soprendente: perchè riuscite a vedere un’economia basata solo su imprese che producono beni e non su imprese che producono servizi? Perchè in tal caso, se non ve ne foste ancora accorti, noi in Italia potremmo rappresentare un primato assoluto, per la produzione di servizi turistici: a costo di essere ripetitiva fino allo sfinimento, l’Italia detiene circa l’80% del patrimonio culturale mondiale e se per caso ancora vi sfuggisse il concetto, potremmo vivere solo di questo. Le facoltà non sono inutili, ma sembrano inutili perchè non riescono poi a creare i posti di lavoro giusti per i neolaureati che escono dall’Università ben preparati sull’argomento. Se le imprese italiane si dedicassero un po’ per volta alla conservazione del patrimonio artistico italiano valorizzandolo e investendo nelle campagne di restauro, avremmo la possibilità di creare veramente una macchina fabbrica soldi unica al mondo, che solo l’Italia ha la materia prima per poterla realizzare. Ma no, cultura uguale niente soldi. Soldi uguale mattone. Basta, solo equazioni elementari per i nostri ministri. Non complichiamoci la vita.

E’ il buio, è il buio medievale. Non mi stupirei affatto se la prossima proposta di legge varata dal nostro governo fosse sul reintegro dello ius primae noctis.






