Sui temi eticamente sensibili c’è molta divisione, da una parte tanti cattolici (e diversi laici!) sostengono le posizioni della Chiesa, lo fanno da veri liberi pensatori, ossia affidandosi al loro giudizio anche se numericamente in minoranza. Dall’altra una cultura sentimentalista e post-sessantottina (composta da altrettanti cattolici), il cui unico motto è rimasto il “vietato vietare”, intimorita dall’andare controcorrente e facilmente manipolabile dai media.
Uno di questi temi è certamente quello riguardante l’omofobia, termine inventato dalla cultura Lgbt (esattamente come la parola “eterosessuale”). Omofobia oggi indica l’odio per le persone gay, eppure al massimo dovrebbe significare “paura” dell’uguale (dal greco fòbos, mentre odio è misos). Secondo molti l’omofobia dilagherebbe sopratutto nel nostro Paese dove sarebbe un’emergenza da contrastare con apposite leggi e aggravanti. E’ un mantra ripetuto, come è diffuso descrivere gli omosessuali come una categoria da tutelare, a cui va concessa ogni rivendicazione (matrimonio, adozioni, corsi scolastici ecc.) per alleviare la loro situazione, per “normalizzarli” agli occhi del mondo, presupponendo che negare matrimonio ed adozione sia discriminazione (dunque si “discriminano” anche incestuosi, poligamici, amici e minorenni?).
La nostra posizione è diversa: in linea con il Catechismo cattolico, sosteniamo che le relazioni omosessuali (non l’omosessualità) costituiscano un disordine affettivo e un peccato contro la dignità dell’uomo, e questo non deve autorizzare alcuna offesa o discriminazione alle persone che vivono questa inclinazione che, anzi, vanno guardate con attenzione e fratellanza. Inoltre, riteniamo che, fortunatamente, non vi sia alcuna emergenza “omofobia”, tanto che non esiste alcun dato realistico che ci contraddica (al di fuori di sporadici atti di bullismo, come accade purtroppo per ogni minoranza). Riteniamo anche che l’ossessione su tale neologismo da parte delle associazioni Lgbt serva semplicemente per legittimare davanti all’opinione pubblica le loro rivendicazioni contro la famiglia naturale. Lo ha ammesso candidamente proprio Ivan Scalfarotto, responsabile del ddl sull’omofobia affermando che tale dibattito non allontana quello sui matrimoni gay o sulle unioni, «io direi che lo precede. Perché sono due cose diverse. E l’una viene logicamente prima dell’altra». La concentrazione spasmodica su questo presunto fenomeno mira anche ad instillare l’ideologia del gender nelle scuole (mascherandola sotto corsi anti-omofobia), a negare la parola a chi ha visioni differenti (l’etichetta “omofobo” come minaccia per chi non tace) e ad introdurre il reato d’opinione (criticare le nozze gay passerebbe come “istigazione alla discriminazione”). La lucida riflessione del sociologo Massimo Introvigne chiarisce la situazione.
La nostra posizione è sostenuta da diversi dati oggettivi (studi, statistiche, fatti di cronaca, testimonianze ecc.) che elenchiamo qui sotto.
Ognuno può contribuire ad aggiornarlo scrivendoci a [email protected]
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Nell’aprile 2014 Alex Corlazzoli, maestro della scuola primaria, ha candidamente rivelato su “Il Fatto Quotidiano” quale sia lo scopo mascherato dei corsi anti-omofobia nelle scuole: «Come ho già sostenuto altre volte è inutile parlare di adozioni gay, di matrimoni tra omosessuali se prima non creiamo una cultura capace di aprirsi alla diversità. A partire dalla scuola».
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Nel marzo 2014 uno studente transgender di un liceo americano ha riferito alla polizia di essere stato fisicamente e sessualmente aggredito da tre ragazzi mentre stava utilizzando la toilette degli uomini. In poche ore si è scoperto che la storia era falsa e il transgender ha ammesso di essersi inventato tutto per attirare la sensibilità dell’opinione pubblica.
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Nel marzo 2014 dati Euripes 2013 e del Telefono azzurro hanno rilevato che ben il 25% degli studenti è vittima di forme di bullismo, indipendentemente dai comportamenti sessuali.
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Nel gennaio 2014 dai dati forniti alla Commissione Giustizia del Senato dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), istituito presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, è emerso che dal settembre 2010 sono pervenute 611 segnalazioni su presunti reati a sfondo discriminatorio motivati da origine etnica o razziale, genere, convinzioni religiose, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, età, lingua. 253 di queste riguardano atti discriminatori costituenti reato e tra queste il 57% è motivato dalla razza/etnia, il 27% dall’orientamento sessuale, l’11% dal credo religioso, il 2% da disabilità. Le segnalazioni circa l’orientamento sessuale sono dunque 83 in tre anni (una media di 28 all’anno): 35 casi sono offese come ingiurie/diffamazioni (il 42,17%, 11 casi all’anno); 33 casi riguardano aggressioni/lesioni (39,76%, 11 casi all’anno), 5 casi sono istigazione alla violenza omofoba (6,02%, 1,6 casi all’anno), 4 casi di danneggiamenti, 4 casi legati al suicidio della vittima (4,82%, 1,3 casi all’anno) e 2 casi di minacce (2,41%, 0,6 casi all’anno). Anche se un solo atto di discriminazione sarebbe già troppo, 28 casi all’anno di atteggiamenti omofobi non sono affatto un’emergenza.
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Nel gennaio 2014 è emerso che in Italia c’è talmente urgenza di difendere i diritti degli omosessuali che la “Casa dei diritti”, inaugurata a Milano nel dicembre 2013 per la difesa dei diritti e alla loro tutela contro la discriminazione di orientamento sessuale, rimane chiusa sei giorni su sette.
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Nel gennaio 2014 si è scoperto che ad uccidere il parrucchiere omosessuale Daniele Fulli (volontario di Gay Center e habitueè di incontri sessuali a pagamento) è stato un ragazzo gay tossicodipendente che frequentava da qualche settimana, il movente sono stati i soldi. Nessuna omofobia nemmeno in questo caso, nonostante il caso sia stato strumentalizzato per giorni. Dopo l’emergere della verità, Gay Center ha voluto comunque parlare pubblicamente di omofobia.
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Nel gennaio 2014 uno dei pochi casi di omofobia documentato da immagini video è stato commesso ai danni di una coppia omosessuale non da persone italiane, ma da un gruppo di ragazzi dell’Est.
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Nel gennaio 2014 il noto calciatore tedesco Thomas Hitzlsperger, con un passato fra Inghilterra, Germania e Lazio, ha dichiarato la propria omosessualità venendo citato su tutti i principali quotidiani. Hitzlsperger ha negato l’esistenza dell’omofobia, anche in Italia: «essere omosessuali in Inghilterra, Germania o Italia non è un problema, nemmeno negli spogliatoi», ha spiegato.
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Nel gennaio 2014 il principale quotidiano italiano, il “Corriere della Sera” ha spiegato che, alla faccia dell’omofobia, in italia gli uomini gay sono privilegiati più delle donne eterosessuali: «anche gli uomini gay hanno una vita più facile e possono avere maggiori opportunità delle donne, pure di quelle che non sono necessariamente gay».
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Nel dicembre 2013 in uno dei pochi attacchi ad una coppia omosessuale certificati dalla polizia in Italia è stato perpetrato da un gruppo di ragazzi -tra cui un albanese- guidati da un moldavo, Cristian Burea.
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Nel dicembre 2013 un giovane omosessuale romano ha scritto a “Repubblica” di essere stato aggredito da un uomo che lo ha colpito alle spalle urlandogli offese come “frocio”. Tutti parlano di “ennesima aggressione omofobica”, nessuno riesce a dimostrare la veridicità del racconto e sopratutto a spiegare come l’aggressore abbia potuto riconoscere un omosessuale da dietro e spiegare i motivi per cui improvvisamente abbia deciso di aggredirlo. Si parla inoltre di “50 casi dall’inizio dell’anno”, ma nessuno di questi è stato dimostrato come vero.
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Nel dicembre 2013 lo scrittore omosessuale Andrew Sean Greer ha pubblicato anche in Italia il libro “Vite impossibili” (Bompiani), spiegando che oggi è più facile essere gay che donna.
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Nel dicembre 2013 è stato svelato un altro finto caso di omofobia architettato da militanti Lgbt. Nel mese scorso è girata in tutto il mondo la notizia della cameriera lesbica Dayna Morales a cui i clienti del suo ristorante in New Jersey non hanno lasciato la mancia perché, avrebbero scritto sullo scontrino, «non siamo d’accordo con il tuo stile di vita». Le associazioni gay sono scese in campo contro l’omofobia e alla donna sono piovuti fiumi di donazioni. I due clienti però hanno mostrato lo stesso scontrino, con data e ora, completamente privo di qualunque scritta. La donna è stata costretta a rimborsare tutti coloro che le hanno donato soldi, è stata licenziata e il ristorante ha avviato una causa legale contro di lei.
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Nel novembre 2013 una ragazza di 12 anni ha tentato il suicidio lanciandosi dalla finestra della propria abitazione a Milano, dopo essere stata vittima di bullismo a causa del suo essere in sovrappeso. La vicenda ha avuto poca diffusione, nessuno ha rivendicato alcuna emergenza bullismo e nessuno ha strumentalizzato il tragico tentativo.
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Nell’ottobre 2013 è riemersa la tragica storia di Matthew Shepard, un 21 del Montana (USA) che nel 1998 è stato brutalmente assassinato. Gli attivisti omosessuali hanno sempre riferito che il movente era la sua omosessualità. Aaron Hicklin sulla rivista omosessuale “The Advocate” ha però ammesso che gran parte della narrazione è falsa, spiegando che Shepard è stato picchiato a morte non perché era “gay”, ma per «ragioni molto più complicato», molto probabilmente per un affare di droga andato male.
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Nell’ottobre 2013 la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del fascicolo sul suicidio di Roberto, un adolescente omosessuale suicidatosi gettandosi dal terrazzo di casa. Nonostante il caso sia stato strumentalizzato per mesi dalle associazioni omosessuali, gli inquirenti hanno accertato che la vittima non ha deciso di togliersi la vita a causa di episodi di bullismo e omofobia, ma per un disagio esistenziale non generato dall’ambiente esterno. Eppure perfino Nichi Vendola, subito dopo il suicidio del giovane, ha abusato della sua morte per accusare la classe dirigente a chiedere «perdono per le vittime dell’omofobia e per aver consentito che l’odio per le diversità diventasse lessico ordinario della contesa politica». Anche Flavio Romani, presidente di Arcigay, si era accodato allo sciacallaggio dicendo che «è ai ragazzi e alle ragazze come questo quattordicenne che bisogna pensare quando si dibatte dell’omofobia».
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Nel settembre 2013 l’Associazione Genitori e amici di Persone Omosessuali (AGAPO) ha scritto una lettera (ripresa su “Tempi.it”) alla presidente della Camera Laura Boldrini e ai parlamentari italiani, testimoniando che «dall’esperienza derivata dai numerosi corsi di educazione alla diversità sostenuti anche dalla nostra associazione, si può constatare che l’ambiente in cui crescono oggi in Italia i giovani con tendenza omosessuale in genere non è omofobo. Per quanto i sentimenti possano essere caratterizzati da incomprensioni, insicurezza, imbarazzo e, a volte, disagi e timori, l’odio nei confronti dei “gay” rappresenta un fenomeno complessivamente marginale. In Italia le leggi per tutelare le persone discriminate, anche omosessuali, esistono già. Il codice penale prevede infatti la persecuzione di reati per percosse, lesioni, minacce, ingiurie, diffamazione, diffamazione a mezzo stampa, inoltre esiste l’articolo 61 sulle aggravanti per motivi abietti o futili. Qualora si costati che l’attuale legge non sia sufficiente, il primo passo da compiere sarebbe certamente quello di monitorare l’applicazione della legge esistente, prima di introdurne un’altra».
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Nel settembre 2013 da alcuni dati pubblicati è emerso che in Italia la comunità Lgbt (“gayeconomy”) in Italia spende oltre 20 miliardi all’anno. Gli omosessuali italiani godono di un forte potere di acquisto (le stime parlano di un reddito superiore del 23% rispetto al resto del mercato) e di una forte predisposizione alla spesa in tempo libero, moda, viaggi e brand di qualità. Dati assolutamente sorprendenti per una minoranza che vorrebbe passare come isolata, impaurita e discriminata.
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Nel settembre 2013 è emerso un caso di etero-fobia a Genova: davanti all’ingresso del Rosa dei Venti, noto dal 2009 per essere il cuore degli eventi “gay friendly”, tre ragazzi (solo uno gay) vestiti in maniera non appariscente, sono stati allontanati perché per i gestori del locale «non eravamo abbastanza omosessuali. Ci hanno pure invitato a dimostrare la nostra natura baciandoci davanti a loro». Un caso di discriminazione sessuale che però non ha sollevato alcun polverone, cosa che sarebbe senz’altro avvenuta se si fosse verificata a parti inverse.
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Nel settembre 2013 uno studio americano ha mostrato dati allarmanti per chi vorrebbe portare nelle scuole i vari corsi anti-bullismo e anti-omofobia: i risultati hanno infatti mostrato che gli studenti che frequentano le scuole con programmi anti-bullisimo hanno più probabilità di essere vittima di bullismo rispetto a bambini e adolescenti che frequentano scuole senza questo tipo di programmi. Il motivo? «Una possibile ragione è che gli studenti hanno imparato ad essere bulli da queste campagne e programmi anti-bullismo», ha spiegato Seokjin Jeong professore di criminologia.
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Nell’agosto 2013 il deputato PD Ivan Scalfarotto, omosessuale e primo firmatario del ddl sull’omofobia che introdurrebbe un’aggravante per chiunque incitasse all’omofobia (anche un’opinione potrebbe rientrare in questi casi), ha candidamente ammesso che tale dibattito non allontana quello sui matrimoni gay, o sulle unioni, «io direi che lo precede. Perché sono due cose diverse. E l’una viene logicamente prima dell’altra».
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Nell’agosto 2013 un cittadino ha rivolto una lettera aperta, satirica ma significativa, alla presidente della Camera Laura Boldrini scrivendo: «mi rivolgo a lei che si è dimostrata così sensibile alle sofferenze psicologiche dei gay per farle presente che esiste una categoria a rischio suicidio che non è contemplata fra quelle da proteggere dalla discriminazione. Io lo so perché appartengo a questa categoria: sono gli uomini bassi. Vede, io sono alto 1,50m, e mi creda, è tutta la vita che soffro per gli scherni della gente. Anche quando non dicono niente lo sento che mi considerano un diverso. Capto commenti, occhiate, è una tortura. E’ assolutamente ingiusto che, accanto alla discriminazione contro i gay, non venga punita anche la discriminazione contro i bassi [...]. L’altezza, anzi la bassezza, è una caratteristica che attraversa tutte le razze, come l’omosessualità. Basterebbe aggiungere la parola “altezza” dopo “orientamento sessuale” e, dopo, introdurre l’informazione nelle scuole, farsi carico di chi discrimina i bassi, che sono bassofobi, perché cambino la loro mentalità criminogina. Insomma mettere al primo posto i diritti civili anche de bassi».
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Nell’agosto 2013 il più importante militante Lgbt russo, Nikolay Alekseyev, presidente di “GayRussia” e del “Moscow Pride Organizing Committee”, si è definito contrario alla legge russa che vieta la propaganda gay tra i minori, tuttavia ha preferito criticare gli attivisti gay occidentali e i loro boicottaggi, schernendo anche i pochi omosessuali russi che chiedono asilo politico all’Occidente, accusandoli di farlo non per necessità ma per meri motivi turistici. «La legge federale che vieta la cosiddetta propaganda (non il comportamento) di rapporti sessuali non tradizionali ai minori, firmata dal presidente russo Vladimir Putin è vista come la più scandalosa tra le legislazioni nel mondo da quando Adolf Hitler è salito al potere per sterminare gli ebrei. Forse in tutto il mondo le persone sono convinte che questa legge è orribile, che possiamo usare tutti i mezzi che abbiamo per protestare contro essa». C’è chi sostiene, ad esempio, che «le autorità russe stanno portando via i bambini dai loro genitori omosessuali, il che ovviamente non ha nulla a che fare con la realtà». Il presidente di “GayRussia” ha anche sottolineato ironico che «la cosiddetta “orribile” legge contro la propaganda gay è in vigore da più di sette anni e la sua applicazione ha portato addirittura a ben due condanne!: Fedotova e Bayev sono stati infatti multati per 50$ ciascuno». Tutto qui. Inoltre, «i russi non sono così omofobi come vengono rappresentati» e le vere «conseguenze di queste leggi saranno prevalentemente sociali, non è legali».
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Nell’agosto 2013 l’editorialista più laico del “Corriere della Sera”, Piero Ostellino, ha spiegato che «non c’è bisogno di una legge contro l’omofobia, e impegnarne il Parlamento è un anacronismo persino ridicolo e pericoloso. La smania iper legislativista non realizza la democrazia, ma ne è la patologia che distrugge le libertà liberali». Ovviamente ha scatenato la violenza e l’intolleranza Lgbt, alla quale ha risposto in un secondo articolo: «molti italiani sono rimasti fascisti anche se non lo sanno e credono di essere progressisti».
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Nell’agosto 2013 in Francia è stato creato un villaggio di abitazione destinato ai soli pensionati omosessuali, «un’oasi privata per la comunità gay e lesbica» e vietato a chiunque sia eterosessuale. Una selezione dunque a base sessuale che certamente avrebbe scatenato i militanti dei diritti umani se il villaggio fosse stato riservato ai soli eterosessuali. Nessuno però ha giustamente parlato di “eterofobia”.
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Nel luglio 2013 molti quotidiani hanno riportato la notizia dell’incendio doloso al liceo Socrate di Roma, collegandolo immediatamente al fatto che l’istituto sarebbe un simbolo della lotta all’omofobia. Pochi giorni dopo si è scoperto che gli autori, costituitisi negli uffici della Digos, erano studenti intenzionati a vendicarsi della bocciatura subita.
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Nel luglio 2013 i ricercatori della Bowling Green State University hanno scoperto; che le persone obese sono vittime di discriminazione, ad esempio avevano meno probabilità di essere ammesse ad un corso di laurea quando l’ingresso comportava un colloquio di persona. Gli studiosi parlano di un pregiudizio nei confronti delle persone in sovrappeso, eppure nessuno ha chiesto una legge che le tuteli o ha manifestato per il loro diritto di essere rispettati in quanto minoranza.
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Nel giugno 2013 una ricerca effettuata a livello internazionale dal prestigioso “Pew Research Center” ha collocato l’Italia tra i Paesi del globo aventi i maggiori tassi di accettazione dell’omosessualità. Precisamente l’ottavo al mondo, il medesimo grado di accettazione dell’omosessualità (74%) di Paesi come l’Argentina, dove il matrimonio gay è legale dall’estate del 2010.
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Nel giugno 2013 Tommaso Cerno, giornalista omosessuale de L’Espresso ed ex presidente dell’Arcigay si è opposto alla ridefinizione del matrimonio: «Mi chiedo che cosa ci sia di rivoluzionario e giacobino nell’immagine di una coppia gay che passeggia per il prato di una villetta residenziale portando a spasso il cane». Per i gay è una trappola: «per trent’anni gli omosessuali si sono sempre caratterizzati come ‘i diversi’, e in nome di questa orgogliosa diversità hanno caratterizzato le loro battaglie per costringere la società a formulare un modello di relazione che andasse di là dal matrimonio classico borghese, che peraltro contiene in sé la parola ‘madre’ alla quale la cultura omosessuale è tendenzialmente estranea». Non solo non è omofobo negare il matrimonio gay, ma esso stesso è estraneo alla cultura Lgbt.
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Nel maggio 2013 uno studente sedicenne di Roma ha tentato il suicidio gettandosi dal terzo piano dell’Istituto Tecnico Nautico “Colonna”. Le associazioni Lgbt hanno strumentalizzato la vicenda e molti giornalisti si sono addirittura inventati frasi che il giovane avrebbe scritto sulla discriminazione che riceveva in quanto gay: “Sedicenne si getta dalla finestra a scuola: «Deriso perché gay, non ce la faccio più»” ha titolato il “Messaggero”. “Il padre lo umilia perché gay. Sedicenne si lancia dal balcone”, ha titolato “La Stampa” ecc. Gli inquirenti hanno tuttavia accertato che sul ragazzo non c’è mai stato bullismo o atti di omofobia, e lui stesso ha dichiarato: «Mai preso di mira per il mio orientamento sessuale». Non risulta nemmeno un’ostilità da parte del padre, dato che i due non si vedevano da dieci anni, tanto che il pm Eugenio Albamonte ha escluso l’ipotesi di reato di istigazione al suicidio. Il ragazzo ha detto: «Il bullismo non c’entra col mio gesto, è stata colpa di un malessere interiore, delle mie insicurezze. A pochi avevo confidato la mia omosessualità. Non posso far sentire sui miei compagni il peso del mio gesto. Loro non c’entrano. Semmai ci ha diviso una sorta di reciproca indifferenza. Loro con i loro interessi, moto sigarette e uscite di gruppo, e io, sempre più introverso, con i miei, internet, lo studio, i miei silenzi. Ho legato solo con due o tre compagni di classe. Con loro sì mi confidavo. Non sono stato lasciato solo insomma. Al massimo avrebbero potuto intuire la mia inquietudine». Una inquietudine diffusa tra i giovani, ancora una volta strumentalizzata.
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Nel maggio 2013 è circolata la bufala di un campo militare in Sudafrica in cui si convertono “i gay effeminati in veri uomini” e in cui sono morti tre adolescenti. E’ stata poi svelata la verità: i tre adolescenti morti sono veri ma non si tratta di un campo di conversione per gay, né, ancora, ci sono prove che quelle tre povere vittime fossero omosessuali. Era un campo “per trasformare i ragazzi in uomini”. Poi pian piano nel diffondere la notizia, come è stato svelato, militanti omosessuali hanno approfittato della notizia per modificare i fatti e introdurre gli omosessuali e la volontà di convertirli.
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Nel maggio 2013 è stato pubblicato dalla European Fundamental Rights Agency (FRA) il più grande sondaggio sui crimini d’odio e discriminazione nei confronti delle persone LGBT. Il risultato è che un quarto delle 93.000 persone LGBT che hanno risposto al questionario ha dichiarato che di essere stata vittima di violenza fisica. Una cifra tragica se fosse vera, peccato che -come è stato dimostrato- ci sono numerosi fattori problematici: innanzitutto il sondaggio non si basa su fatti verificabili, ma sulla percezione della discriminazione. In secondo luogo le uniche persone ammesse a partecipare al sondaggio erano persone LGBT, ciò significa che non c’è modo di confrontare la loro percezione con la percezione della società in generale. In terzo luogo, il questionario è molto lungo e solo persone altamente motivate a dimostrare di aver subito discriminazioni avrebbero risposto a ben 50 domande. Infine, essendo anonimo una persona poteva compilare il questionario tutte le volte che voleva. Occorre anche osservare che le conclusioni del FRA sono molto suggestive, quasi pilotate, come il suggerimento di mostrare maggior apprezzamento per lo stile di vita LGBT da parte dei leader religiosi. Un blog di diritto internazionale ha parlato di “sondaggio falso”, sottolineando anche che pochi dei 23.000 crimini d’odio citati da persone LGBT anonime sono stati denunciati alla polizia, quando non si sarebbe stato alcun motivo per non denunciare.
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Nell’aprile 2013 i genitori di una scuola media di New York, la Linden Avenue Middle School, hanno denunciato indignati che le loro figlie sono state costrette a baciarsi tra loro (fra lo stesso sesso) durante una lezione contro il bullismo verso gli omosessuali e l’identità di genere. Una conferma dello scopo nascosto dei corsi anti-omofobia nelle scuole.
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Nell’aprile 2013 un blog di diritto internazionale ha mostrato come l’omofobia sia poco diffusa in Europa. Prendendo il caso della Germania che ha 81 milioni di abitanti e rappresenta circa il 16% della popolazione dell’UE, è stato fatto notare che i dati relativi al 2011 del Federal Office for Criminal Investigation (Bundeskriminalamt) each year publishes a detailed statistical report, the “Polizeiliche Kriminalstatistik” (PKS) mostrano che vi sono stati un totale di 5.990.679 casi penali segnalati in quell’anno, di cui 197,030 riguardavano grave violenza fisica (“omicidio e omicidio colposo”: 2.174 casi; “stupro e aggressioni sessuali”: 7,539 casi, “assalti causando gravi lesioni corporali”: 139,091 casi). Assumendo che i “crimini di odio omofobico” non sono maggiori che in altri Paesi, si è quindi confrontato i dati della polizia tedesca con i 23.000 crimini d’odio citati da persone LGBT anonime in un dubbio questionario anonimo realizzato dall’European Fundamental Rights Agency (FRA). Il 16% (percentuale abitanti Germania rispetto agli abitanti europei) dei 23.000 equivale a 3,680 aggressioni. Dato che le associazioni Lgbt sostengono che il numero di omosessuali è il 10% della popolazione, 3,680 aggressioni contro le persone LGBT all’anno -rispetto a un totale di 570.000 reati denunciati che coinvolgono vari gradi di violenza- indica chiaramente che le persone LGBT sono meno frequentemente attaccate rispetto alle altre persone.
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Nel marzo 2013 è emerso che un ragazzo, Andy Cannon, abusato sessualmente dal suo papà adottivo e dal suo partner omosessuale è stato etichettato come un “bambino indisciplinato”, e imbottito di farmaci anti-psicotici, dagli assistenti sociali che hanno ignorato sistematicamente le sue lamentele per anni, lasciandolo nella casa della coppia omosessuale. Oltretutto, lodando pubblicamente i due uomini come “genitori molto attenti”. Il caso, che ha avuto risvolti penali, si è finalmente concluso dopo quasi un decennio di battaglie legali, quando un tribunale ha ordinato un risarcimento di circa 30 mila euro a Cannon. Il ragazzo ha dichiarato: «Credo che se mio padre adottivo avesse avuto una relazione eterosessuale allora le mie lamentele sarebbero state ascoltate anche prima. Sembra che gli assistenti sociali non volevano essere visti come chi vittimizza i gay. Hanno preferito guardare il “politically correct” e lasciare loro il permesso di adozione per evitare eventuali ripercussioni».
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Nel gennaio 2013 l’importante editorialista de “Il Corriere della Sera” Ernesto Galli della Loggia, ordinario di Storia contemporanea presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane (SUM) e direttore del corso di dottorato di ricerca in Filosofia della storia, ha dovuto difendersi dall’attacco delle associazioni gay dopo aver scritto un suo commento critico alla legalizzazione dei matrimoni omosessuali in Francia. Una deputata del Partito Democratico (PD), Cristiana Alicata, lo ha ad esempio definito «intellettuale proto-nazista». Galli della Loggia ha trovato «semplicemente disgustoso (oltre che inefficace e stucchevole) questo modo di vista di sostenere il proprio punto di vista e le ragioni degli omosessuali, il quale lungi dal fondarsi su argomenti concreti e dati di fatto, mira esclusivamente a colpevolizzare l’interlocutore facendogli dire cose che non si è mai sognato di dire e presentandolo come un cripto-nazista [...]. Tutto ciò lascia la sgradevole impressione che al fine di ottenere con successo, le legittime, sacrosante campagne del movimento gay, più che di convincere il pubblico cerchino solo di chiudere la bocca a chi la pensa diversamente».
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Nel gennaio 2013 Julie Bindel, famosa attivista per i diritti degli omosessuali, ha negato che sia omofobia negare le nozze gay, anche perché gli omosessuali sono sempre stati contro all’istituzione del matrimonio: «le rivendicazioni oggi sono diventate entrare nell’esercito, sposarsi in chiesa e allevare bambini adottati», stiamo assistendo ad una «isteria pro-matrimonio». Ha quindi spiegato che è «solo una parte non maggioritaria del mondo omosessuale» ad essere «davvero convinta che “sia importante estendere i diritti del matrimonio a coppie dello stesso sesso” e che solo un’infima minoranza (uno su quattro) “sarebbe pronta a sposare il suo/la sua partner se la legge lo consentisse”?».
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Nel gennaio 2013 Alfonso Signorini, da omosessuale dichiarato, si è opposto alle nozze gay: «Io sono contrario al matrimonio gay o etero che sia. E lo dico da omosessuale. Sono contrario alle adozioni da parte di coppie gay. La famiglia è una sola. Un maschio e una femmina. E’ nella natura delle cose da sempre». Non può essere omofobia negarlo.
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Nel gennaio 2013 l’attivista lesbica Nathalie de Williencourt, portavoce di Homovox, oltre ad opporsi alle nozze gay ha sostenuto che «prima chi si opponeva al matrimonio gay veniva subito chiamato omofobo da quasi tutti i grandi media ed era impossibile opporsi senza essere immediatamente tacciati di omofobia. Io e i miei amici omosessuali, che non possiamo certo essere accusati di omofobia, chiediamo che ci sia un dibattito per permettere le unioni omosessuali, ma creando un’istituzione diversa dal matrimonio».
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Nel dicembre 2012 la Procura di Roma ha abbandonato la pista dell’omofobia nel caso del suicidio del giovane Andrea, studente 15enne di Roma (che non era omosessuale), perché nessun elemento a sostegno di tale teoria è stato rilevato. Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Pantaleo Polifemo hanno ritenuto trattarsi di un fatto “intimo”. Eppure questo suicidio è stato per mesi strumentalizzato dalle associazioni gay sostenendo essersi trattata di omofobia (con tanto di fiaccolate). Gay Center, ad esempio, attraverso il portavoce Fabrizio Marrazzo, aveva subito divulgato un comunicato dicendo: «si è ucciso perché veniva vessato in quanto omosessuale». Gli stessi compagni avevano scritto una lettera «per smentire ciò che è stato pubblicato nell’edizione dei quotidiani nel giorno 22/11/2012 riguardo al suicidio di un nostro compagno di classe. Noi, gli amici, abbiamo sempre rispettato e stimato la personalità e l’originalità che erano il suo punto di forza. Non era omosessuale, tanto meno dichiarato, innamorato di una ragazza dall’inizio del liceo».
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Nel novembre 2012 l’omosessuale e non credente francese Xavier Bongibault ha spiegato che non c’è alcuna omofobia nel negare le nozze gay, criticando le decisioni del governo Hollande: «Il piano del governo è tutt’altro che unanime nella comunità gay. Contrariamente a quanto dicono i mezzi di comunicazione, la richiesta non viene dalla maggioranza degli omosessuali. La maggior parte non è interessata, ma l’influenza del movimento LGBT è tale che molti non osano dirlo».
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Nel novembre 2012 Jean-Pierre Delaume-Myard, omosessuale dichiarato e noto documentarista francese, ha negato che omofobia significhi negare il matrimonio e l’adozione omosessuale: «L’ordine del giorno è quello del matrimonio per tutti. Ma molti omosessuali non hanno alcuna voglia di sposarsi. Gli autori e intellettuali omosessuali del XIX secolo si rivolterebbero nella tomba pur di respingere questa idea borghese».
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Nel settembre 2012 l’omosessuale Doug Mainwaring ha criticato chi ritiene che essere contro il matrimonio omosessuali sia essere «omofobi. In alcuni casi, questo può essere vero. Sono certo tuttavia che la stragrande maggioranza ritenga sufficiente, come me, visualizzare il “matrimonio” come un termine immutabile, che può essere applicato solo agli eterosessuali. Io sono gay. Qualche anno fa ero dall’altra parte della barricata su questo argomento. Ma più leggevo, pensavo, studiavo e tentavo di difendere la mia posizione, più mi rendevo conto che non potevo farlo. I rapporti omosessuali dovrebbero essere sostenuti dalla società, ma sono cresciuto convinto, tuttavia, che il termine “matrimonio” non deve essere modificato o regolato in alcun modo». Ha quindi concluso: «Ammettiamolo: non dovremmo tentare di forzare un qualcosa che non è mai stato pensato per le coppie dello stesso sesso. Le relazioni omosessuali sono diverse da quelle eterosessuali».
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Nell’agosto 2012 è stato smontato l’ennesimo caso di finta omofobia architettato dal giovane omosessuale Joseph Baken il quale aveva scosso l’opinione pubblica mostrando il suo volto tumefatto e affermando di essere stato picchiato a causa della sua inclinazione sessuale. Dopo il polverone scatenato dalla lobby Lgbt è emerso un filmato in cui si vede il giovane omosessuale cadere da solo contro un marciapiede compiendo un’acrobazia su una strada asfaltata, riconoscendo di aver creato un falso reato. Un giudice lo ha condannato a 180 giorni di carcere, con tanto di multa da $ 300.
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Nell’agosto 2012 l’omosessuale Charlie Rogers ha raccontato alla polizia di Lincoln (Nebraska) di essere stata pestata, poi lasciata dinanzi all’abitazione della sua vicina di casa perchè omossessuale. Tre uomini mascherati si sarebbero introdotti in casa, l’avrebbero legata e con della vernice spray avrebbero scritto parole offensive sui muri della sua residenza. Una manifestazione di solidarietà organizzata dalle associazioni LGBT ha raccolto circa $ 1.800, subito depositati in un conto bancario per Rogers. Peccato che l’episodio di omofobia si sia rivelato ancora una volta del tutto inventato, ideato dalla stessa protagonista per accendere i riflettori sull’argomento. Nei quattro interrogatori sostenuti dalla finta vittima, infatti, le versioni presentate si sono dimostrate contrastanti, elementi sempre diversi si aggiungevano alle descrizioni e il letto su cui la donna diceva di aver subito violenze non presentava alcun segno di lotta. La donna è stata denunciata e arrestata.
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Nel luglio 2012 presso il “Central Connecticut State University” si è tenuto un “rally di solidarietà” a nome della 19enne Alexandra Pennell, una lesbica che avrebbe ricevuto note di odio a causa del suo comportamento sessuale. I funzionari hanno poi scoperto che era lei stessa l’autrice.
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Nel giugno 2012 l’opinionista del Daily Mail, Andrew Pierce, si è rivolto al primo ministro inglese affermando: «signor Cameron, io sono un conservatore e un omosessuale, e mi oppongo al matrimonio gay. Sono un bigotto?». Ha fatto anche altri nomi di noti omosessuali contrari al riconoscimento delle unioni gay, come David Starkey e Alan Duncan, scrivendo poi «nessuno dei miei amici gay vogliono il matrimonio gay come legge». Nessuna omofobia, dunque, a negare le nozze gay.
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Nel maggio 2012 una coppia di lesbiche ha denunciato alla polizia di aver trovato la scritta “Kill the Gay” sul loro garage, con tanto di corda da impiccagione. I funzionari di polizia hanno accertato che anche in questo caso erano state le due donne ad aver inscenato gli incidenti, condannandole per malizia criminale e falsificazione.
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Nel marzo 2012 un gruppo di ricercatori della Yale University ha rilevato che la minoranza più discriminata sono le persone obese, molto di più delle discriminazioni basate sulla razza, sull’orientamento sessuale, sull’etnia, sulle disabilita’ fisiche e sulla religione.
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Nell’agosto 2011 David Blankenhorn, un sostenitore dei diritti dei gay negli Stati Uniti ha affermato che «ridefinire il matrimonio per includere le coppie gay e lesbiche eliminerebbero del tutto nel diritto, e indebolirebbe ancora di più, l’idea di base che occorre una madre e un padre per ogni bambino». Non vive alcuna omofobia nel non potersi sposare, anzi.
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Nell’aprile 2011 l’omosessuale Richard Waghorne, ricercatore in filosofia politica e commentatore su diversi quotidiani anglosassoni, ha spiegato che «per dirla personalmente non mi sento minimamente discriminato per il fatto che non posso sposare una persona dello stesso sesso. Capisco e accetto che ci siano buone ragioni per questo». Ha poi aggiunto che «il dibattito sul matrimonio gay può collassare sulle accuse di omofobia. Il messaggio, esplicito o implicito, è spesso quello che l’essere anti-matrimonio gay significa essere in qualche modo anti-gay. Figure pubbliche che si oppongo devo farlo abitualmente ricevendo gli insulti di bigottismo o omofobia». Ha quindi continuato: «la risposta riflessa di molti sostenitori del matrimonio gay è quello di dipingere ogni forma di dissenso come pregiudizio, come se l’unica ragione per difendere il matrimonio come è esistito fino ad oggi fosse stata una certa varietà di bigottismo o uno squilibrio psicologico».
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Nel settembre 2007 il Daily Mail ha riportato la notizia che una coppia omosessuale inglese è stata lasciata libera di abusare sessualmente dei bambini dati loro in affido perché gli assistenti sociali hanno avuto paura di intervenire, temendo di essere accusati di discriminazione e omofobia.