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I demoni di Dostoevskji: quando un mattone diventa sublime

Da Marcofre

Qualche giorno fa Giusymar in un commento a un mio post scriveva:

Quello che sono oggi non c’era nemmeno la parvenza ieri.

Mi è tornato alla mente un aneddoto che mi riguarda, e risale a parecchio tempo fa. Primi anni ’80: l’ho sapete già che sono vecchio, giusto?
Avevo scoperto di essere ignorante, e mi ero messo a leggere a tutto spiano. Naturalmente, i soldi erano pochi (strano vero?), quindi frequentavo la biblioteca.
Siano benedette queste istituzioni.

La prima cosa da fare è rivolgersi ai classici, questo lo sanno tutti. Avevo scoperto da poco Tolstoj, quindi virai su Dostoevskji, e il suo “I demoni”, in un’edizione della casa editrice Einaudi, se non ricordo male.
Abbandonai la lettura dopo qualche giorno. Un mattone clamoroso.

Per anni lascia da parte Fedor, per Lev (Tolstoj), o Zola. Nel frattempo lessi pure Erich Fromm (erano gli anni del servizio civile presso la Caritas qui a Savona, ed ero interessato a capire aggressività, violenza, e argomenti affini).

Alzi la mano chi ha letto: “Per uscire dalla violenza” di Jacques Semelin, “L’uomo planetario” di padre Balducci, “Ci sono alternative!” di Johan Galtung, oppure “Le ragioni dell’obiezione di coscienza” del professor Rodolfo Venditti.
Ma sto divagando.

Mi capitò tra le mani un’edizione di “Delitto e castigo”, una di quelle allegate alle riviste, nel periodo estivo. Cambiò tutto, e Dostoevskji divenne uno dei miei autori preferiti; compreso “I demoni”.
Che cosa era accaduto?

Si erano rafforzati i denti. Col trascorrere del tempo, e le molte letture, ero riuscito a irrobustirmi, sino ad arrivare ad apprezzare tutta l’opera (in italiano), del buon Fedor. Quello che sino a pochi anni prima mi sembrava una parete di roccia inattaccabile, era diventata una nuova via per raggiungere la vetta.
A questo punto, si apre almeno un’altra riflessione.

Per prima cosa, occorre ammettere che per alcuni, Tolstoj o Dostoevskji sono e saranno per sempre mattoni. Però, è davvero necessario “provarci”?
Spesso si legge che certi autori, rispetto ad altri, impongono al lettore un impegno maggiore. È vero.

Non fatico ad ammettere che sono incappato in autori che non mi sono piaciuti affatto: Salinger a parer mio è illeggibile (li vedo, li vedo i capelli sulla vostra testa che si sono rizzati di orrore).
Ma non confondiamo l’antipatia verso un autore, con i capricci del bimbo che desidera sempre le pappine; anche quando è tempo di lasciarsele alle spalle. Lo stesso vale per certe letture; nient’altro che liofilizzati da abbandonare per qualcosa di più robusto.


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