Eccoci alla sesta posizione, ci eravamo lasciati la settimana scorsa con Paolo Del Debbio. Il personaggio di oggi aveva cominciato la sua carriera da giornalista con i migliori auspici, nella cerchia di Giovanni Minoli, nella trasmissione Mixer.
Poi qualcosa è accaduto a noi ignoto, la discesa è stata tortuosa e con gittata finale negli inferi, finendo a dare il meglio delle sue prestazioni a Domenica In, trasmissione che lo vede protagonista da alcuni anni.
Ora non so se qualcuno di voi ha presente che cosa sia L’arena di Domenica In, ma fareste bene a guardarla un giorno, vi sono pure numerosi video online per i più pigri e/o esigenti.
Il ruolo da moderatore lo calza a pennello, prodigo nelle massime quanto nello stroncare i duellanti, non rifiutando di fornire qualche suggerimento da vecchio nonno di campagna, elegantemente e presuntuosamente rustico.
Nella fase in cui si parlava dell’omicidio di Sarah Scazzi era fenomenale, invitava ogni settore dell’umano scibile pur di donare l’idea di essere una trasmissione esaustiva.
Le sue domande rivolte alla telecamera più che inquietanti diventavano di frequente scioccanti, come se un’inchiesta potesse avere una risoluzione televisiva, costringendo gli interlocutori presenti a dichiarazioni al limite della realtà, in un pianeta di comunicazione nel quale la fiction diviene più vera del vero.
E vai con le ultime notizie dell’inviato o l’improvvisa dichiarazione sospettosa di chi passava per la strada (quanto costruita ad hoc?).
E vai con la raccolta di remi filosofici in barca, riflettendo sul bene e sul male, sulla vita e sulla morte, sui potenti e sulla povera gente, sempre in apparenza dalla parte dei deboli di turno e sempre con una falsa bonarietà educata da una didattica che guarda alla miglioria, ma in realtà a dir poco autoritario, manco fosse un Freinet della televisione.
Non entro nella questione se egli sia un bravo comunicatore o meno, non ho strumenti critici affinati per giudicare la televisione e chi ne fa parte, parlo da astante casuale, un astante indisciplinato a dire il vero, che lo vede di rado, ma con un’idea ben precisa in testa, per quanto grossolana e superficiale: Massimo Giletti è antipatico, ma antipatico forte, con quell’aria da bravo ragazzo ostentata (finzione), con quel suo dialogare ricco di pietas (finzione), con quell’abbronzatura perfetta in ogni mese dell’anno (finzione, ma qui lo batte Carlo Conti, senza dubbi).Mi passa l’idea di essere finto, o io lo percepisco tale. Viva Dio, la lista sarebbe lunga, a ragione essa è dominata da Giletti che in qualsiasi occasione non perde mai il suo celebrare la bontà e la bellezza che si possono trovare nel mondo. Riesce a rendere speciale perfino un delinquente con le parole.
Quando chiede i primi piani per isolare gli altri presenti in sala che magari strepitano è straordinario, non rari i momenti in cui lo fa per pararsi il lato B (per esempio quando difese Maria De Filippi quando lei sarebbe stata poco dopo a telefono). Non è fastidioso il suo narcisismo, è proprio il volere associare un pesante moralismo a qualsiasi argomento, come se il buon compromesso fosse sempre quello che lui comunica.
Alla prossima.