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I diritti, se uno se li dimentica, possono scomparire

Da Giorgia_v
I diritti, se uno se li dimentica, possono scomparireGiovedì sono stata al convegno di Pari o Dispare "Donne nei media e in pubblicità" e devo dire che è stato un momento incoraggiante. Come sempre, quando si molla la tastiera e ci si guarda tutte in faccia, le cose acquistano un altro sapore e, finalmente, ci si sente meno sole. Acquisisci forza, quella forza che, comprendi, è arrivato il momento di tirare fuori. Perché di fare le "brave bambine", come ci ha ricordato Lorella Zanardo, ovvero di snocciolare dati e analisi ineccepibili siamo bravissime, ora è il momento di alzare la testa e di pretendere rispetto per arginare un'involuzione sempre più pericolosa dell'immagine (e dunque del ruolo) delle donne, aggiungo io.
Vorrei condividere con voi alcuni "flash" in ordine sparso appresi da questo convegno, i concetti che mi hanno colpito di più, liberamente tratti da alcuni interventi, scusandomi per ciò che tralascerò e per le parole non sempre esatte che userò.
Ho capito, come ci ha ricordato Emma Bonino, che tre sono gli stereotipi con cui viene solitamente dipinta la donna nei media: la moglie ovvero madre felice ovvero casalinga perfetta; la velina zitta priva di competenze e che pensa sempre sia estate, spesso associata ad un soggetto maschile che invece parla ed è vestito di tutto punto; infine la donna in carriera, fredda, che solitamente è stata lasciata dal marito ed ha relazioni complicate con i figli.
Ho capito, sempre da Emma, che i diritti, se uno se li dimentica e non li cura, possono scomparire e che chi, come noi "porta la candela non lo vede mai nessuno però meno male che c'è quando va via luce".
Ho capito, grazie ad Elisa Manna del CENSIS che le donne non raggiungeranno mai la parità sul lavoro fino a quando la loro immagine non cambierà. D'altronde, è davvero realizzabile la parità di opportunità tra uomo e donna se non vi è parità di rappresentazione? Se lo chiede Gabriella Cims dell'Appello Donne e Media, che ha anche proposto di inventare nuovi format tv che rappresentino le donne reali.
Ho capito che finché l'immagine delle donne non sarà differente, ognuna di noi non potrà mai apparire davvero credibile di fronte, per esempio, ad un ipotetico datore di lavoro perché su di lei peserà sempre prima del suo cervello l'immagine del suo corpo.
Ho capito dalle parole di Gad Lerner che le immagini di donne svestite proposte dai media alludono alla soddisfazione di un piacere che è solo una grande bugia, che produce donne di plastica ed un'infelicità diffusa.
Infine ho appreso, come ha detto Ico Gasparri del Protocollo contro la pubblicità sessista, che negli ultimi dieci anni il cambiamento dei messaggi pubblicitari dedicati ai giovani maschi non è cambiato molto, mentre notevole è stato il cambiamento per le giovani donne: siamo passati dall'epoca della violenza a quella della post violenza ovvero, secondo Gasparri, dall'educazione maschile alla violenza a quella femminile dell'accondiscendenza alla violenza. Eloquente, in questo senso, la carrellata di immagini di affisioni pubblicitarie fotografate da Gasparri.
Purtroppo non sono riuscita a restare fino alla fine del convegno perciò attendo che Pari o Dispare metta a disposizione sul suo sito i materiali dell'evento così che sia io che voi possiamo farci un'idea precisa dei contenuti. In ogni caso sono contenta di poter dire che IO C'ERO e che oggi ancora di più IO NON CI STO agli stereotipi dell'immagine femminile nei media. Perché se finora questa situazione è stata resa possibile anche dalla nostra accondiscendeza, allora è arrivato il momento di alzare, tutte quante, la testa.

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