Va da sé, dunque, che oggi ce ne andiamo un po' indietro nel tempo e lasciamo parlare un disco che suona con un leggero e affascinante fruscio di sottofondo.
Potete quindi immaginare quanti siano i dischi da spulciare per trovarne uno rappresentativo di una storia così lunga. È stata una ricerca anche pericolosa, perché forse non tutti sanno che la vera causa di tutti problemi è proprio lui, il grammofono.
Ad ogni modo, tra blues tristissimi, e canzoni napoletane ancora più struggenti, tipo "Core 'ngrato" o "Guapparia", siamo arrivati al compromesso: un disco vecchio, abbastanza napoletano, ma comunque non troppo triste, e che rappresentasse l'Italia da cartolina nel modo più classico possibile.
In testa alle classifiche del 1916, anche se non c'era nessun deejay a raccontarlo, c'era "'O sole mio", che per molti - nel mondo - è l'inno nazionale italiano. Vagli a spiegare di Mameli e dell'elmo di Scipio che ci cinge la testa. Ho scelto la versione di Enrico Caruso, che è stato il primo artista nella storia a vendere più di un milione di dischi (ciao, Lady Gaga!).
La sua voce, con il famoso fruscio di sottofondo, canta una piccola poesia fatta di versi che forse vengono cantati sempre in maniera un po' distratta (come si fa spesso anche con l'inno nazionale vero, del resto).
La voce potentissima del tenore napoletano racconta che una giornata di sole è bella, fa stare bene, preannuncia momenti ancora più felici… ma ancora più bella del sole, è la donna amata: "il mio sole è sulla tua fronte", una frase che racchiude un mondo.
E nell'ultima strofa, tanto soave quanto trascurata, Caruso, di sera - quando ormai il sole è tramontato - va sotto la finestra della sua bella, pieno di malinconia; e vorrebbe restare lì. A rimirare il suo sole per tutta la notte.
Questo post è stato scritto per la Farmacia Serra dalla vecchia signora napoletana che ogni tanto si impossessa del mio computer, e cerca di mandare le mail a Edoardo e Maddalena appiccicando francobolli sul monitor.