In un suo comunicato ufficiale, il Segretario Generale di Amnesty International, Salil Shetty accusa Russia e Cina di aver fatto “un uso del tutto irresponsabile del diritto di veto” (1), in merito ovviamente alla proposta di risoluzione sulla crisi siriana presentata presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Chiaramente Russia e Cina hanno posto il veto per tutelare propri interessi, ma ci si augura che sia altrettanto chiaro a chi legge che gli stessi USA, Francia e Regno Unito agiscono allo stesso modo quando, nella medesima sede, si mostrano tanto sensibili alla tutela dei diritti umani. Come potrebbe altrimenti spiegarsi, ad esempio, l’attivismo di questo organo delle Nazioni Unite in alcune delle cosiddette Primavere e l’assoluta inerzia in altre (vedi il Bahrein, dove una protesta pacifica è stata violentemente repressa, anche con l’aiuto dei carri armati sauditi)?
Preso atto di ciò, non solo stampa e politici occidentali, ma nemmeno i vertici di Amnesty International si son presi la briga di analizzare i motivi del rifiuto della risoluzione da parte di Russia e Cina. Eppure le motivazioni dichiarate dalle parti coinvolte sono tutt’altro che capziose o ciniche. La Russia lamenta ad esempio che la risoluzione discussa fosse squilibrata, nel senso che di fatto condannava le sole violenze governative senza nulla di concreto dichiarare riguardo alle violenze degli insorti (2). Riccardo Noury, portavoce per l’Italia di Amnesty International, intervenendo dietro sollecitazione del sottoscritto su Facebook in merito alla necessità o meno di condannare in sede ONU tutte le parti coinvolte nel conflitto (quindi anche gli insorti), ha dichiarato trattarsi di “una questione di priorità”, e che si cerca di “sminuire le responsabilità delle forze di Assad e di accrescere quelle degli insorti e dei disertori armati, con l’obiettivo di arrivare a una salomonica condanna delle violenze”.
“Salomonica condanna delle violenze”? Negli anni, ormai passati, in cui ero impegnato come volontario in Amnesty International, percepivo l’impegno dell’associazione come teso a denunciare ogni forma di violazione dei diritti umani, anche a costo di apparire… salomonica (sic). Ricordo i numerosi appelli e dossier nei quali si chiedeva di rispettare i diritti umani alle due o più parti coinvolte nelle varie situazioni di crisi. La qual cosa non voleva – questo almeno percepivo allora – essere una via d’uscita ‘cerchiobottista’, ma semplicemente significava applicare il principio della tutela dei diritti umani sempre e comunque, indipendentemente dalle ragioni delle parti coinvolte e dai soggetti che si rendevano responsabili dei crimini riscontrati. Dove viene dimostrata oggi la tutela dei diritti dei civili e militari siriani i cui diritti sono stati, anche brutalmente, violati dagli insorti? Stiamo parlando di storie inventate? Fino a prova contraria, gli ospedali siriani risultano pieni di militari e civili feriti da bande armate antigovernative. Fino a prova contraria nessun serio risalto è stato ancora dato ai risultati della missione in Siria degli osservatori della Lega Araba, che in molti punti avrebbero confermato la versione dei fatti del governo siriano (3), nonostante la Lega Araba, che ha patrocinato la missione, si sia mostrata tutt’altro che docile con Assad in questi mesi. E numerosi tragici esempi di gravissime violazioni dei ‘ribelli’ potrebbero portarsi; non è detto che tutto quanto venga al riguardo denunciato sia vero (potrebbe trattarsi in molti casi di propaganda governativa) ma chi ad oggi – dalle nostre parti – si è seriamente impegnato ad appurare la veridicità o meno delle numerose violenze attribuite ai ‘ribelli’ siriani? Non di certo Amnesty International, a quanto pare. E vi sarebbe molto da dire anche sull’effettivo accertamento delle violenze attribuite al governo, ma ci si limita in questo a rimandare ad un recente articolo in nota (4).
Nel comunicato citato in apertura, il Segretario generale afferma che il testo della risoluzione discussa era “già molto debole”. Il Segretario così conferma implicitamente che non gli interessa affatto l’inclusione in un simile documento della denuncia dei crimini commessi dai militanti anti-governativi. E ci dice che il testo è “molto debole”. Non ce ne voglia per il sarcasmo, ma vorremmo chiedere al Segretario se avrebbe preferito, ad un testo così “debole”, una bella risoluzione in stile libico con previsione di “No-Fly Zone”. E d’altronde il caso libico è a dir poco emblematico di quanto sia rovinosa l’idea di criminalizzare una delle parti in conflitto e assolvere totalmente l’altra. Contro il governo di Gheddafi si è infatti giustificato in sede ONU un intervento armato sulla spinta di ‘prove’ rivelatesi in larga parte clamorosamente fallaci (bombardamenti sulla folla, 10.000 morti in poche ore, fosse comuni, etc.), mentre alcuna iniziativa è stata presa contro i gravissimi e documentati atti dei cosiddetti ribelli e della NATO.
Apprendiamo che un’assistente di Hilary Clinton è diventata direttore esecutivo di Amnesty USA (5). Di che stupirci? A parte qualche crosta di retorica in più, la posizione di Amnesty e quella della Clinton sulla questione siriana finiscono per convergere alla grande.