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I genitori degli stati vegetativi e gli esperti: «idratazione e alimentazione non sono terapia»

Creato il 23 marzo 2011 da Uccronline

I genitori degli stati vegetativi e gli esperti: «idratazione e alimentazione non sono terapia»Il disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) continua a scatenare polemiche soprattutto per quanto riguarda l’articolo 3: l’idratazione e la nutrizione assistita, si legge, «non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento». Chi si oppone invece ribatte: l’alimentazione assistita è assimilabile a una terapia, quindi si deve poter interrompere se si dichiara di volerlo fare. Senza entrare nel merito della giustezza o meno di una legge che regolamenti il fine vita, non possiamo che opporci a queste obiezioni. Il quotidiano Avvenire è andato ad intervistare i genitori dei malati in Stato Vegetativo e anche i medici dell’Associazione «Risveglio».

Rolando Ciacci, papà di Chiara, 34enne e in stato vegetativo da 22 anni è incredulo: «Idratazione e nutrizione sono essenziali per il corpo umano, sono basilari. Le terapie sono gli sciroppi, le pillole. Una persona nella condizione di mia figlia si nutre con il sondino nello stomaco. È lo stesso che viene messo anche a persone che non possono deglutire per un breve periodo o per sempre. Non è una terapia. Si dovrebbero vergognare quelli che sostengono il contrario. Chi non è toccato da queste vicende le tratta con una certa superficialità. Fate venire i politici da noi che vedano le persone come mia figlia». In moltri drammatizzano la situazione rappresentando questi malati attaccati alle macchine. Il padre risponde: «Lei non ha nessuna macchina attaccata. È una cosa scandalosa voler fare apparire una cosa che non è».

La mamma di Oscar Calì, da 15 anni in stato vegetativo sostiene: «Noi siamo dei corpi che esprimono la sete e la fame. Loro si esprimono con gli occhi. Nutrizione e idratazione sono un dovere per garantire il massimo della dignità della vita». La signora Granero è anche presidente dell’associazione «Amici di Oscar».

Claudio Taliento, vice presidente dell’associazione «Risveglio», oltre che membro del direttivo della Fnatc (Federazione nazionale associazioni trauma cranico) e del Seminario permanente sullo stato vegetativo istituito dal ministero della Salute, sostiene: «Un punto focale non può essere messo in discussione: l’alimentazione e l’idratazione non sono terapia, ma un atto dovuto nei confronti di una persona non autosufficiente. Una delle peggiori torture di un uomo è morire di sete. Il posizionamento della peg nella prima settimana è un atto che consente di salvare la vita di tantissime persone, lo si fa ancora quando non si ha la prognosi. Si punta a salvare la vita a persone diversamente destinate a morire. Promulgare una legge in cui si accetta di morire anche di sete è incivile, atroce. Eppure pur di arrivare a decidere l’autodeterminazione siamo disposti a morire di fame e di sete».

Francesco Napolitano, presidente di «Risveglio», rimarca ancora: «Idratazione e alimentazione, non c’è dubbio, sono un fatto naturale che non ha nulla di terapeutico. E’ una necessità di assistenza al malato e quindi va sicuramente garantita in ogni situazione. E comunque siamo stati i primi a proporre un’integrazione al ddl: un’unica eccezione è possibile laddove c’è una situazione clinica in cui il paziente non può assorbire neanche nutrizione e idratazione».

Fausto Quaresmini, papà di Moira da 11 in stato vegetativo: «Io a mia figlia do da mangiare e da bere con un sondino naso gastrico, con una siringa, né più né meno. Noi le mettiamo acqua nel sondino e quel sondino la porta all’interno dello stomaco. Non è una medicina. Non usiamo macchine per tenere in vita nostra figlia. Si tratta solo di darle da bere e da mangiare. Ci sono persone che pensano che le persone con la sindrome della veglia a relazionale stiano in vita solo perché mangiano e bevono. Ma tutti mangiano e bevono per stare in vita! Anche i legislatori che sono chiamati a votare la legge dovrebbero informarsi. Non si tratta di persone che vivono attaccate ai macchinari. Che vengano a vedere, casa mia è aperta!».


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