La maestra Giuseppina puzza, puzza moltissimo, di sudore, cipolle e piedi, come chi non si lava da cento giorni. Come quando quello stupido di Luciano torna dal calcetto e dice che lui non si vuole lavare tutti i giorni per non sprecare l’acqua, e mamma ride forte. Allora lunedì l’ho detto pure io che non mi volevo fare il bagno per salvare il pianeta, mia mamma mi ha guardata e mi ha detto che sono una signorina, che le signorine sporche poi non se le sposa nessuno, che rimango da sola come zia Paolina. Io ho capito che questa storia di essere femmina è una fregatura. Mia mamma che si faceva il bagno tutti i giorni, si lavava le unghie, mangiava composta a tavola, si è sposata e ora deve cucinare, lavare e stirare, zia Paolina invece è molto grassa perché mangia quello che vuole, non stira per nessuno e ride sempre. A me la zia mi sembra molto furba.
Mia mamma Elena dice che parlo troppo e mi perdo, io mi arrabbio e divento tutta rossa però lo so che ha ragione. Stavo dicendo che la maestra puzza. Papà mi ha dato un ceffone quando l’ho detto, m’ha detto che non si dicono certe cose, poi mi ha chiesto se avevo fatto i compiti, io ho detto di sì, non era vero, m’ha dato un altro ceffone, e ajaccio, che dolore! I grandi sono scemi, o dico la verità o dico una bugia mi danno comunque un ceffone, io vorrei stare zitta ma questa lingua che ho non mi ubbidisce sempre, se per colpa sua mi arriva un altro ceffone la morderò così forte che le passerà la voglia.
Non solo la maestra puzza, che mi parla e mi viene voglia di vomitare, c’ha pure una specie di fagiolo sopra al mento ed una lenticchia sopra un occhio, ha i capelli tutti grigi e la faccia cattiva. Io l’ho scoperta, è una strega io lo so. Per domani ha assegnato una poesia, solo un pezzetto, si chiama il 5 maggio e parla di Napoleone, ma io a scuola domani non ci vado, possono insistere quanto vogliono. Mi sono levata la canottiera, mi sono bagnata i capelli di nascosto, sono uscita fuori al balcone senza la sciarpa e il cappello, mi verrà una febbre così enormissima e bollente che dovrò stare a casa almeno un anno, o forse due, a costo di fare una rivoluzione. Magari quella stregaccia puzzapiedi mi lascerà in pace, io conosco il suo piano e quindi mi vorrà bollire in pentola, ma se mi faccio venire la broncopolmonite e torno a scuola tra tanti anni si dimenticherà di me. Io sono piccola mica sono scema e le orecchie ce le ho, pure se nessuno mi vuole credere. La maestra diceva a quella di terza che ci faceva imparare la poesia per incantare il direttore. Visto? Mica dico bugie io? Dopo quello schiaffo che m’ha dato papino io non ne dico più. IN-CAN-TA-RE. Quasi quasi mi metto a camminare per casa senza pantofole che può essere che la febbre così me la posso far durare pure 1799 anni.
Sento un odorino che viene dalla cucina, mia mamma gne gne mi guarda e dice: “Ei fu siccome immobile”. Mica l’ho capita. Poi m’ha dato la mano e siamo andate in cucina, sotto un tovagliolo c’è il Napoleone, il dolce più squisitissimo del mondo. Mi sono messa a ballare e ho abbracciato forte la mia mammuccia mammina mammissima bellissima buonissima.
“Se impari la poesia te ne do un pezzo gigante, almeno tre bignè della corona sono tuoi”. Cattiva, mia mamma è cattivissima e vuole bene solo a quello scemo di Luciano. Che me ne frega a me del dolce, io a scuola non ci vado. Vabbè, io la poesia la posso pure imparare, tanto domani avrò la febbre e mi mangio pure il dolce, sono furba come zia Paolina io. Devo imparare fino a verrà. Non capisco quasi nessuna parola, poi ho visto una foto di Napoleone e mi sta antipatico, con quella mano sempre in tasca che magari ci teneva una pistola, basso basso e bruttissimo. Il dolce che ha inventato però mi piace un sacco. Quando l’ho detto a mamma lei ha riso forte. Non l’ho mica capito io quella quando è che ride. L’ho imparata tutta in un baleno, ma quando si mangia?
“A tavola” ha detto papà ed io ho corso così tanto che sembravo un cavallo, bianco come quello dei principi. Ho mangiato tutto in un battibaleno e mamma m’ha dato una fetta gigante, che ne volevo ancora e non l’ho potuta avere che dicono che mi viene il mal di pancia. Forse a ripensarci Napoleone il 5 maggio aveva mangiato troppo dolce.
Mi sono svegliata senza neanche un poco di febbre: mannaggia, che paura che ho. Mi sono messa a piangere ma a scuola m’hanno portato lo stesso, mamma ha detto che le signorine non piangono che diventano brutte e rosse in viso, io la femmina non la voglio fare più.
Siamo tutti in fila e diciamo la poesia. Il direttore però s’è arrabbiato, ha detto che queste non sono cose adatte alla seconda elementare, ha sbuffato e se n’è andato. La maestra si è fatta tutta blu, non ha salutato nessuna mamma e nessun papà, non ha potuto fare incantesimi e oggi non puzzava nemmeno, un bacio se proprio voleva me lo facevo pure dare, vista la sua sconfitta, una Waterloo- ha detto ridacchiando papino. Insomma una giornata tutta strana e, soprattutto, io non ho la febbre che significa che hanno detto un sacco di bugie sulla canottiera, i piedi nudi e la sciarpa, adesso col cavolo che il cappello me lo metto ancora.
Ho capito una cosa: i grandi sono tutti scemi.
Dolce Napoleone
- Pasta sfoglia pronta, un rotolo
- Bignè (120 ml di acqua, 60 gr di burro, 75 gr di farina, 2 uova, un pizzico di sale)
- Marmellata di frutti di bosco, un vasetto
- Crema chantilly (500ml di latte, 6 cucchiai rasi di zucchero, 3 tuorli, 4 cucchiai rasi di farina, un pizzico di sale, un baccello di vaniglia, 250 ml di panna fresca, zucchero a velo un cucchiaio)
- 400 gr di fragoline, mirtilli, fragole, ribes, more
- Zucchero a velo per guarnire
Preparazione dei bigné (il giorno prima)
Versare nell’acqua calda il sale e burro a pezzetti. Portare a bollore lentamente. Aggiungere la farina tutta in una volta e mescolare con un cucchiaio di legno. Far cuocere sul fuoco fino a quando il composto non si staccherà dal pentolino formando una massa lucida e compatta. A questo punto trasferire in una ciotola, e fare freddare l’impasto continuando a maneggiarlo con fruste elettriche. Una volta freddo, aggiungere le uova intere, una alla volta. Non aggiungere il secondo se il primo non è stato completamente assorbito.
Trasferire l’impasto cremoso in una sacca da pasticceria con bocchetta tonda liscia da 8-10 mm e creare delle palline ben distanziate su una teglia imburrata. Cuocere in forno caldo a 200°C per 15 minuti; poi proseguire per altri 10 minuti a temperatura di 180°C.
Lasciar raffreddare 20 minuti a forno spento per asciugare perfettamente l’interno dei bignè.
Preparazione della base
Ritagliare un cerchio di 24 cm nella pasta sfoglia, bucherellandola per evitare che si gonfi. Se ci sono ritagli, posare accanto per ottenerne poi delle briciole. Cuocere fino a che non diventi asciutta e dorata in forno caldo su carta forno.
Preparazione della crema chantilly all’italiana