La stagione regolare è tutt’altro che conclusa, i verdetti espressi non sono definitivi e nessuna delle trenta squadre NBA può ancora cantar vittoria per una qualificazione ai playoffs già in tasca. Questo monito, idealmente affisso nello spogliatoio di ogni franchigia NBA, i Los Angeles Lakers devono averlo ripetuto incessantemente giorno e notte, al fine di tenere lontani da se le critiche e le debolezze di una squadra alle prese con un cambio di gestione abbastanza complicato, per concentrare ogni energia fisica e mentale verso l’obiettivo minimo stagionale, il pass per la post-season.
E per una squadra abituata alle alte vette della Western Conference non è cosa semplice calarsi nei panni della squadra che lotta con il coltello tra i denti per strappare una soffertissima qualificazione ai playoffs.
Ma se l’obiettivo principale di questa franchigia è quello di vincere il titolo (che i gialloviola inseguono da ormai due anni) allora tutto ciò che è necessario per conquistare la qualificazione dev’essere fatto, anche modificando il proprio stile di gioco, se necessario.
Ed è cosi che Kobe Bryant, leader maximo di LA ha compiuto la sua personale metamorfosi di gioco sintetizzabile in “più circolazione palla e meno conclusioni personali” che ha regalato un gran jolly a coach Mike D’Antoni, mettendo momentaneamente al riparo l’ex play dell’Olimpia Milano dalle critiche di stampa e tifosi.
Il “black mamba”, nel solo mese di Febbraio ha smazzato 6.6 assist (guadagnandosi il premio di giocatore del mese a Ovest), e con queste medie da playmaker navigato i Lakers hanno registrato un record di 9W-4L.
Analizzando questa striscia positiva va comunque considerato come LA abbia vinto in maggior parte contro squadre sotto al 50% di vittorie (ad eccezione della vittoria sul “parquet bollente” del Barclays Center, casa dei Nets e di quella in casa contro i Celtics) perso tutte e quattro le gare contro squadre con record al di sopra del 50% (Miami, Boston, Denver e Clippers).
Al di là di questa considerazione statistica è comunque innegabile che la maggior circolazione di palla di cui ha beneficiato Los Angeles, unita alla sapiente arte di un vero playmaker come Steve Nash abbia contribuito e non poco a rilanciare le quotazioni gialloviola, permettendo al team della città degli angeli di eseguire l’atteso upgrade tecnico messo in cantiere quest’estate ma mai concretizzato.
E proprio in questo contesto va inserito l’exploit di un giovane come Earl Clark il quale, complice anche i brutti infortuni di Pau Gasol e Jordan Hill, ha guadagnato la fiducia di D’Antoni (che lo ha promosso nella lineup titolare) ripagata con prestazioni decisamente solide per punti e rimbalzi: più di 8 e 6 che diventano più di 12 e 9 quando l’ex Magic è impiegato sul parquet per più di 25 minuti.
Con un gap decisamente ridimensionato nei confronti di Utah Jazz, Houston Rockets e Golden State Warriors e con uno spartito tattico che inizia a produrre “musica” di buona qualità, Kobe ed i Lakers posso inserirsi di diritto nella lotta a più squadre per spartirsi gli ultimi posti disponibili e complice anche un calendario ben bilanciato sarà possibile “fare pressing” sui propri avversari al fine di chiudere al più presto il discorso regular season prima che la vera stagione dei Lakers inizi, quella dove non esistono premi di consolazione, ma solo la possibilità di dimostrarsi la squadra più forte di tutte.
Nel nostro nuovo sondaggio potete dire la vostra idea sulle chance dei Lakers di qualificarsi per la post season. Ce la faranno oppure no?