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I malumori del Torino Film Festival

Creato il 01 dicembre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

In questi giorni sempre più persone si lamentano dell'organizzazione del Torino Film Festival. Come mai?“Ma io volevo vedere il nuovo film di Jim Jarmusch”dicono; “Ho fatto un’ora di coda per non entrare nemmeno!” ribattono; “Ho comprato l’abbonamento”polemizzano.
Queste sono alcune delle lamentele che si sono sentite salire dal Cinema Reposi in questi giorni.
Come negli anni precedenti la politica in fatto di posti negli spettacoli pomeridiani è sempre la stessa: metà sala per gli accrediti metà sala per chi compra il biglietto singolo; nel caso in cui gli abbonati siano più dei biglietti singoli si faranno entrare loro.
Il problema è sorto più volte, nel caso in cui i pazienti – per così dire- abbonati in coda da circa un’ora si sono sentiti dire: “i posti per gli accreditati sono finiti, andate pure via.”
“Ma come è possibile” si sono chiesti “siamo qui da un’ora!”
Il nodo della questione è infatti questo: quando sono entrati i 300 abbonati da inserire in Sala 3 se erano tutti in fila?

E’ probabile che la sala sia stata semplicemente aperta un’ora e mezza prima, e chi abbonato, uscito dallo spettacolo precedente abbia visto la possibilità, sia entrato. O che lentamente persona a persona siano entrate 300 persone durante l’ora di attesa. Ma, nonostante queste spiegazioni, il malumore persiste.
“Se abbiamo acquistato l’abbonamento è perché crediamo nel Torino Film Festival e vogliamo viverlo interamente” protesta Stefano, studente di 21 anni “è inconcepibile anche che aprano le sale così presto, come si possono conciliare i vari spettacoli, in questo modo?”
E ancora Stefania designer, 27 anni “Il problema è che gli abbonati vengono trattati come se fossero spettatori di serie b e questo non è giusto!”

Sicuramente questo problema era nell’aria già dall’anno scorso. Infatti, al cinema Lux, durante la coda per una proiezione,  era stata sedata una semi-rivoluzione che tentava di superare lo sbarramento delle sfortunate maschere della cooperativa Rear, la quale gestisce il servizio.
Una dose di pazienza – e civiltà? – superiore sarebbe da richiedere ai Torinesi, ma al tempo stesso è comprensibile il fastidio degli abbonati.
E’ evidente che si stia perpetrando una vera ingiustizia nelle sale cinematografiche torinesi. Dove sta la ragione e dove il torto?
Lasceremo al direttore del Torino Film Festival, Paolo Virzì, la parola su questa vicenda.


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