Silvio è disperato e, oltre a essere disperato, non conosce la Storia, non l'ha studiata, la ritiene una materia inutile come l'italiano, il latino, la geografia, la fisica, la filosofia, l'informatica, le applicazioni tecniche, l'educazione civica e fisica, l'arte e l'economia domestica. A lui interessa solo la matematica e, all'interno della matematica, una sola operazione: la moltiplicazione. Dopo aver letto i Diari di Mussolini, ritrovati dal suo sodale Marcello Dell'Utri, Silvio ha iniziato ad avere grossi problemi di identità. Tanti e tali i paragoni, i raffronti, i punti e le sensibilità comuni con il Duce, che Silvio ha iniziato a sentirsi un po' Benito e ne ha adottato le idee e i comportamenti. Così, come se ci fosse stato, ha cominciato a dire che il fascismo è stato una dittatura “all'acqua di rose”, che gli esuli erano turisti fai-da-te-no-Alpitour, che le leggi razziali furono una imposizione dell'”alleato germanico”, che Giacomo Matteotti “si suicidò menandosi da solo” e che “Claretta Petacci era una gran figa per la quale chiunque avrebbe perso la testa”. Non contento di incarnare così intimamente lo spirito del Dux, ha tentato in tutti i modi di rivedere la Storia patria, iniziando a stroncare la Resistenza, criminalizzando i partigiani ed esaltando i “martiri di Salò”. Una vergogna continuata a forza di fiction revisioniste su Mediaset e sulla Rai che hanno portato perfino alla rivalutazione dei mafiosi e dei bancarottieri. Ma l'ultima sparata di Silvio-Dux ha sollevato un'ondata tale di proteste da non poter passare sotto silenzio, o da essere derubricata come l'ennesima uscita infelice di un uomo alla canna del gas colto dalla sindrome di “San Vittore”. E così, come se si trovasse ancora fisicamente al Binario 27 della stazione di Milano, ha detto a Bruno Vespa (che lo ha scritto nel suo nuovo best-seller in corso di pubblicazione) : “I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso”. Non sappiamo se i figli di Berlusconi abbiano detto o meno le parole che il papà gli attribuisce, quello che è certo è che se lo fosse, ci chiediamo a cosa siano servite le migliori scuole di Milano, che tipo di insegnamento abbiano ricevuto e soprattutto chi fosse il loro professore di Storia, magari Robert Faurisson, teorico dei casapoundini. Immediata la reazione degli ebrei italiani che, dimenticando la kippah indossata con stile da Silvio allo Yad Vashemdi Gerusalemme, si sono lasciati andare a una serie di commenti così violenti da tramortire un toro ma non Brunetta. Ha detto Marcello Pezzetti, storico dell'ebraismo e direttore della Fondazione per il Museo della Shoah: “Dio mio no, ma come si fa a dire una cosa simile, una stupidità del genere? Non è possibile. E' una dichiarazione assurda, sostenere una cosa del genere è anche antistorico”. Gli ha fatto eco il presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, Alessandra Ortona, che ha detto: "Non mi risulta che nessuno dei figli di Silvio Berlusconi è stato rinchiuso in un ghetto, bruciato in un campo di concentramento, fucilato, o trattato in altre feroci maniere". Eppure uno statista della levatura del Cavaliere dovrebbe sapere che inserire nella stessa frase due parole come “ebrei” e “Hitler”, se lo si fa a sproposito succede l'ira diddio. Ma lui è talmente tronfio e sicuro di sé che se ne infischia della storia, della geografia, dell'arte e della cultura. A Silvio interessa solo la matematica, e della matematica un'operazione: la moltiplicazione.
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“I miei figli come gli ebrei con Hitler”. Dio bono che scemenza!
Creato il 07 novembre 2013 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Silvio è disperato e, oltre a essere disperato, non conosce la Storia, non l'ha studiata, la ritiene una materia inutile come l'italiano, il latino, la geografia, la fisica, la filosofia, l'informatica, le applicazioni tecniche, l'educazione civica e fisica, l'arte e l'economia domestica. A lui interessa solo la matematica e, all'interno della matematica, una sola operazione: la moltiplicazione. Dopo aver letto i Diari di Mussolini, ritrovati dal suo sodale Marcello Dell'Utri, Silvio ha iniziato ad avere grossi problemi di identità. Tanti e tali i paragoni, i raffronti, i punti e le sensibilità comuni con il Duce, che Silvio ha iniziato a sentirsi un po' Benito e ne ha adottato le idee e i comportamenti. Così, come se ci fosse stato, ha cominciato a dire che il fascismo è stato una dittatura “all'acqua di rose”, che gli esuli erano turisti fai-da-te-no-Alpitour, che le leggi razziali furono una imposizione dell'”alleato germanico”, che Giacomo Matteotti “si suicidò menandosi da solo” e che “Claretta Petacci era una gran figa per la quale chiunque avrebbe perso la testa”. Non contento di incarnare così intimamente lo spirito del Dux, ha tentato in tutti i modi di rivedere la Storia patria, iniziando a stroncare la Resistenza, criminalizzando i partigiani ed esaltando i “martiri di Salò”. Una vergogna continuata a forza di fiction revisioniste su Mediaset e sulla Rai che hanno portato perfino alla rivalutazione dei mafiosi e dei bancarottieri. Ma l'ultima sparata di Silvio-Dux ha sollevato un'ondata tale di proteste da non poter passare sotto silenzio, o da essere derubricata come l'ennesima uscita infelice di un uomo alla canna del gas colto dalla sindrome di “San Vittore”. E così, come se si trovasse ancora fisicamente al Binario 27 della stazione di Milano, ha detto a Bruno Vespa (che lo ha scritto nel suo nuovo best-seller in corso di pubblicazione) : “I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso”. Non sappiamo se i figli di Berlusconi abbiano detto o meno le parole che il papà gli attribuisce, quello che è certo è che se lo fosse, ci chiediamo a cosa siano servite le migliori scuole di Milano, che tipo di insegnamento abbiano ricevuto e soprattutto chi fosse il loro professore di Storia, magari Robert Faurisson, teorico dei casapoundini. Immediata la reazione degli ebrei italiani che, dimenticando la kippah indossata con stile da Silvio allo Yad Vashemdi Gerusalemme, si sono lasciati andare a una serie di commenti così violenti da tramortire un toro ma non Brunetta. Ha detto Marcello Pezzetti, storico dell'ebraismo e direttore della Fondazione per il Museo della Shoah: “Dio mio no, ma come si fa a dire una cosa simile, una stupidità del genere? Non è possibile. E' una dichiarazione assurda, sostenere una cosa del genere è anche antistorico”. Gli ha fatto eco il presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, Alessandra Ortona, che ha detto: "Non mi risulta che nessuno dei figli di Silvio Berlusconi è stato rinchiuso in un ghetto, bruciato in un campo di concentramento, fucilato, o trattato in altre feroci maniere". Eppure uno statista della levatura del Cavaliere dovrebbe sapere che inserire nella stessa frase due parole come “ebrei” e “Hitler”, se lo si fa a sproposito succede l'ira diddio. Ma lui è talmente tronfio e sicuro di sé che se ne infischia della storia, della geografia, dell'arte e della cultura. A Silvio interessa solo la matematica, e della matematica un'operazione: la moltiplicazione.
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