Ho dato uno sguardo, come tutti, ai redditi dei ministri del governo Monti pubblicati in rete. Quella che è stata invocata come un’operazione di trasparenza a me sembra un potente sberleffo. È un governo di milionari, non c’è dubbio. Milionari che pagano le tasse, è stato detto, ma questo dovrebbe essere un fatto normale non una cosa di cui farsi vanto. O no? A ogni modo il professor Monti ha rinunciato al compenso da primo ministro, ora – conti alla mano – sappiamo perché. Anche il governo precedente era composto da milionari, e anche quello prima ancora. Adesso che ci penso, tutti i governi del mondo, da duemila anni a questa parte, sono stati composti da milionari. Non è un problema che un milionario vada al potere, intendiamoci; il problema è quando SOLO i milionari accedono ai posti di potere. L’altra sera ascoltavo Tremonti in Tv, si parlava della Grecia; a un certo punto ha detto che la Grecia è “pre-democratica” perché lì “chi ha più soldi prende più voti”. Immagino che Tremonti conservi qualche ricordo di chi ha governato questo paese negli ultimi vent’anni. Ho il sospetto che nel mondo la maggior parte dei governi eletti in maniera democratica siano, nel senso evocato da Tremonti, pre-democratici, per il motivo che ho detto all’inizio. Per fare politica bisogna avere soldi, e tanti. Ora però accade che la collera popolare si scagli contro gli stipendi dei parlamentari ritenuti troppo alti, quelle indennità sono diventate il simbolo della protervia del potere. Ma se oggi nascesse un Gramsci, senza gli ori di famiglia non potrebbe ambire a niente più che alla direzione di una sezione di partito. Ecco allora che forse il denaro dato alla politica non è sempre cosa del demonio. Questo perché la democrazia per definizione garantisce la libera partecipazione di tutti i cittadini ai meccanismi di funzionamento dello stato, senza distinzioni di censo. Non è buon segno che un primo ministro rinunci a ricevere un compenso per fare il lavoro di primo ministro. Non è buon segno che si invochi acriticamente l’accetta sui costi della politica per poi lodare l’esempio di un benefattore della cosa pubblica che dichiara di possedere un patrimonio in conti correnti, depositi titoli e gestioni patrimoniali per un totale di 11 milioni 522 mila euro. Però quasi tutti in questo paese hanno un’altra opinione, e io la rispetto.
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