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I nitriti del cuore /12

Da Ilpescatorediperle
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PUNTATA XII - Dove si viene variamente ricompensati
Capita, a volte, che persone totalmente sfornite del fascino o dell'intraprendenza necessari ad occupare il proscenio della vita sociale, si ritrovino, loro malgrado, investite del ruolo di protagoniste. La sorte, che ben di rado si presenta loro sotto le spoglie beneauguranti della fortuna, può decidere, del tutto arbitrariamente, tirando a sorte, appunto, di arridervi. Accadde così che durante il Gran Ritrovo, nel bel mezzo del Ballo, fosse proprio l'invitata meno in vista a diventare, improvvisamente, il personaggio più ragguardevole. Eva von Braun, fino a quel punto, era rimasta nella sua condizione abituale: nessuno le rivolgeva la parola, e, a parte indirizzarle qualche imbarazzato sorriso, nessuno le chiedeva di danzare. Del resto, dopo aver scelto, con un certo sprezzo del ridicolo, di vestirsi da tarocco dell'Innamorata, si era trovata, al momento di abbigliarsi, un mascheramento completo da Matto, quasi a certificare, con l'apparenza, quella che sempre era stata reputata la sua vera natura: il buffone della sorte. Sicché proprio quest'ultima, la dea bendata, aveva scelto un'occasione speciale per darle un bacio. Mentre usciva, sconsolata, dal salone dove gli ospiti erano impegnati con il valzer, Eva, con l'intenzione, forse, di tornare in camera sua, giacché nessuno si sarebbe accorto della sua mancanza, era inciampata in qualcosa che l'aveva fatta cadere lunga distesa. Qualcosa che, in realtà, era qualcuno. Qualcuno che era morto e quindi, in fondo, era appunto qualcosa. Sia come sia, il Fato aggiunse un colpo di coda, congiungendo in modo singolare le due esistenze che, al Gran Ritrovo, risultavano agli antipodi: l'ospite più ammirata, ormai dipartita, fu rinvenuta da quella meno apprezzata, ancora assai palpitante, come dimostrarono subito le urla scomposte con cui quest'ultima, in preda già all'entusiasmo di avere, finalmente, di che conversare con gli astanti, si era precipitata nel salone, annunciando ormai senza respiro che Odette de la Rue era morta.
Una volta esaurito il suo compito di messaggera, Eva era tuttavia già tornata dietro le quinte. L'attenzione di tutti era stata subito calamitata dalla nobile francese. Ella si era dunque tolta il berretto a sonagli e si era ritirata nei suoi ambiti personali. Aveva sorriso beffardamente, pensando che anche quell'attimo di rilevanza non era stato che un attimo, nel quale oltretutto aveva interpretato un ruolo poco fausto, quello della latrice di sventure. Eppure la sorte non aveva semplicemente perso del tempo con lei. Di certo Eva era riuscita ad avanzare sul palco solo grazie ad una deuteragonista. Ma questa non era che un cadavere. E, quel che più conta, su Eva sarebbero state rivolte innanzitutto le cure di coloro che avessero voluto scoprire di più del fattaccio.Le cose andarono esattamente così. Passate le prime ore di smarrimento, i parenti von Bauern si ricordarono che mancava qualcuno. Andarono a cercarla nella sua camera e la fecero scendere. Le fecero preparare del caffé forte e, tenendole la mano, le chiesero di raccontare quanto era successo. Quella prima versione fu estremamente sobria e sincera: Eva, troppo sorpresa dall'interesse finalmente suscitato, sia pur per interposta persona, non fece altro che dire la verità: era uscita dal salone e aveva trovato il corpo di Odette.Fu soltanto il giorno seguente, dopo il ristoro del sonno e con addosso abiti più seri, come del resto gli ospiti della Villa, che la donna non solo fu tempestata di domande anche dai domestici, ma, al contempo, scoprì che, per una volta, le sue doti narrative erano tenute in considerazione. Così, un po' per l'entusiasmo che, al di là dei risultati ottenuti, sempre metteva nel raccontare, un po' per l'inusitata ventura di avere dei destinatari in carne ed ossa, Eva von Braun si lasciò andare. Non si può dire che volesse mentire di proposito. Piuttosto, scelse inconsapevolmente, spinta dal sacro fuoco della parola, di accoccolarsi in quella terra d'imprecisata grandezza che si trova tra il Vero e il Falso. Si accorse che nessuno, eccetto forse Cosima, le chiedeva di andare al sodo: altrimenti, le stringate parole della notte precedente avrebbero accontentato tutti. La vicenda appariva paradossalmente più credibile ai più se ella la infiocchettava di dettagli, a loro volta sintesi di particolari che solo allora rammentava e di veri e propri parti della sua immaginazione.Il semplice rinvenimento della salma divenne, così, una vicenda quasi epica. Eva, nella versione finale, aveva sentito un urlo provenire da lontano. Era uscita dal salone, e una voce le diceva che doveva proseguire a destra. L'urlo però proveniva da sinistra. La voce aveva riso, affermando che si trattava di una prova. Eva dunque aveva cambiato direzione. Sulla sinistra aveva visto una fiamma allontanarsi, l'aveva seguita e infine aveva trovato il fantasma di Odette, che le aveva detto "Sono morta. Prosegui per di qua." Eva, che nel racconto non era affatto spaventata, si era fatta guidare senza problemi dal fantasma, che, infine, l'aveva condotta dove giaceva il cadavere. Lo spettro si era infine dissolto, non senza concludere, del tutto inconsultamente, che le opere di Eva von Braun "erano una cannonata". A quel punto la donna era tornata in sé, aveva urlato, ed era corsa indietro. Soltanto molti giorni dopo gli ospiti e i servitori si sarebbero resi conto, ripensandoci, che nel racconto della testimone doveva esserci qualcosa di troppo. Ma in preda all'emozione del momento, si erano bevuti qualunque cosa. Se anche, come era inizialmente nelle sue intenzioni, Eva avesse aggiunto una versione ritmata del De profundis eseguita a due voci dal fantasma di Odette e da lei medesima, probabilmente qualcuno avrebbe storto un sopracciglio. Ma nel complesso, le pareva di essersi dimostrata un'abile e convicente narratrice.Cosima ovviamente aveva fiutato l'imbroglio. - Ottimo spettacolo - le aveva sibilato a cena. - Oh grazie, cara! - le aveva risposto di primo acchito la cugina. Ma poi si era resa conto della vena di ironia nella voce della parente, quella qualità che a lei mancava del tutto, ed era arrossita. Ciononostante la morte di Odette aveva fatto un gran bene alla sua vena artistica: quella notte non solo completò il suo "Coilo e Persilda", ma iniziò un romanzo gotico, ambientato in una fantomatica "Villa Bauer", dove una sensitiva di nome Ada riusciva a prevedere senza impedirlo un orrendo omicidio, e a scoprire il colpevole, la padrona di casa Kasimira.
Uto Ulrich Uebermann si alzò. - E' tutto, signorina von Braun?- Sì ispettore. E' quello che ho raccontato alle altre persone presenti, Cosima glielo può confermare!- Papale papale - certificò, con una smorfia, la padrona di casa - Non ne dubito, signore. Ora però le chiederei una cortesia - disse fissando intensamente Eva.- La prego.
- Ricominci da capo, e mi dica solo e soltanto quello che è successo. Per davvero.
***
- Liesl?- Baronessa von Bernau? E' lei?- Sono io. Al luogo e all'ora stabiliti.- Ha con se il ...?- Sì, tieni. Un bel sacchetto di soldi. La cifra stabilita.- Grazie, signora Baronessa. E' rimasta soddisfatta del mio lavoro?- Lo sono... lo siamo. Hai fatto quanto ti avevamo chiesto.- Mi spiace per... per l'incidente.- Beh, anche a noi se è per questo. Ma non è colpa tua.- Certo che no!- Molto bene. Puoi andare. E non fare parola di nulla.- Naturalmente, Signora. Buonanotte.- Buonanotte a te.
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