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I nitriti del cuore /15

Creato il 08 maggio 2011 da Ilpescatorediperle
puntata precedente PUNTATA XV - Dove i fratelli sanno di più
Benché fosse ancora molto giovane, Joachim von Bernau era considerato la persona più noiosa del circondario. Eva von Braun, l'avversaria più temibile in quella gara singolare, difficilmente sarebbe stata definita una "persona" - sostantivo che si riserva, in genere, a chi risulta come minimo socialmente accettabile. E questo Joachim lo era: era accettabile, giacché, in ogni caso, era il discendente di una famiglia di notevole rilievo, e come tale occorreva sorbirselo in ogni occasione sociale.
Joachim, a ben vedere, aveva commesso un unico, imperdonabile errore: era nato dopo Werther, e ne era fratello. Questa mancanza di strategia prenatale aveva compromesso, forse per sempre, le sue possibilità di diventare un individuo stimabile, perlomeno in quella ristretta cerchia entro cui scorreva la sua esistenza. Werther era bellissimo e affascinante, amava gli sport, possedeva un'ironia sottilmente perfida che sapeva sfoggiare se necessario, ed era, d'altra parte, l'erede di casa von Bernau.
Joachim era goffo, timido, impacciato, e, quel che è peggio, era un intellettuale. Aveva avuto il merito, che pure gli si riconosceva, di aver tolto la polvere dai libri della ricca biblioteca di famiglia - prima letteralmente che metaforicamente, poiché quegli scaffali non conoscevano fruitori dai tempi del suo bisnonno Konrad. Era fin troppo scontato che quelle stanze sarebbero diventate un fortino in cui asserragliarsi per nascondersi alla vita, alla impossibile rivalità con suo fratello, alla disistima generale, in breve, alle questioni cardinali della sua vita. Era fin troppo scontato, e, come tale, puntualmente avvenne. Joachim passava il suo tempo immerso nella lettura, ipotecando la sua giovinezza al lavoro a tavolino.
Quel che nessuno si era disturbato ad indagare, era che quella, dopotutto, era per Joachim una passione. Lo stato febbrile con cui divorava un tomo dietro l'altro non era al servizio di un'erudizione fine a se stessa, ma nutriva il suo candido, tardo-adolescenziale idealismo. Credeva che imparando, coltivandosi, formandosi da solo (laddove in famiglia bastava che sapesse andare a cavallo), avrebbe, in un modo o nell'altro, fatto un servizio ai suoi cari, alla sua terra, al mondo intero.
Inerpicandosi sui sentieri della timidezza, Joachim era diventato un provetto spettatore. Comprendeva a fondo i cuori di chi gli stava attorno, sapeva discernerne le intenzioni di fondo e, se gli era richiesto, ascoltava e consigliava. Questa sensibilità d'animo aveva gettato le basi perché la competizione tra lui e Werther rimanesse un fatto del tutto esteriore al loro rapporto: aveva scoperto, maturando, che suo fratello non ambiva a surclassarlo, ma a farselo amico. Chiunque avrebbe trovato assurdo che un semidio, come Werther veniva ormai considerato, ambisse alla compagnia di un tirapiedi di tal fatta, qual era lui; ma sarebbe stata una sciocca osservazione. Perché, spesso, è proprio la differenza d'animo che ci appassiona negli altri, non l'illimitata ripetizione delle nostre fattezze, così come le persone sono non di rado assai diverse da come ce le rappresentiamo. In effetti, fu in fondo Joachim a vincere il confronto con Werther. Quest'ultimo gli si era gettato ai piedi, aveva confessato le sue passioni, e aveva fatto bene, perché Joachim non solo le aveva già intuite, ma le rispettava profondamente. I due erano davvero diventati fratelli, intimi amici. Joachim aveva a sua volta, seppure con più difficoltà, aperto il suo cuore al fratello. Aveva esposto a quello sguardo familiare le sue ferite (in breve, la sua insicurezza) e aveva dichiarato un amore, che andava molto al di là dei suoi libri. Sorprendendo ancora le aspettative altrui sul suo conto, Joachim aveva diretto il suo interesse verso una creatura assai estranea al suo mondo interiore, fatto di dubbio, libero esame, tolleranza: si era innamorato di Gertha von Bären. Werther avrebbe forse avuto dei motivi per sorriderne: come si potesse palpitare per quella pupattola inconsistente era un grande mistero. Ma poi aveva giustamente pensato che il grande mistero era appunto l'amore stesso: la sua attrazione per von Bauern non ne era forse una testimonianza ancor più inequivocabile delle vicende di Joachim? I due fratelli, procedendo sempre più nella reciproca conoscenza, si erano dunque scoperti più simili di quanto loro stessi sospettassero. Si erano abbracciati con vivo affetto, felici di essere stati destinati dalla nascita a quel legame speciale. Di tutto questo lavorìo interiore, degli spasimi dell'uno e dell'altro, delle fragilità e delle nobiltà dei loro cuori, insomma di tutta la vita emotiva di Joachim e Werther, nessuno sembrava aver contezza. In società, come per un patto implicito, i due assumevano il tono che ci si aspettava da ciascuno: Joachim era sempre pomposo e soporifero, Werther ironico e galante con le signore.
Nessuno lo avrebbe saputo, ma i due fratelli si divertivano un mondo ad interpretare la caricatura di se stessi.
***
- I nostri genitori non saranno contenti di noi - disse Arthur.
- Già - commentò Werther con arguzia, prima di addormentarsi.
Arthur e Werther si erano dati appuntamento nei pressi di Hertha. Ciascuno aveva annunciato alla famiglia un irrefrenabile desiderio di fare una cavalcata. E così era stato. Solo che cavalcare era qualcosa che avevano fatto insieme. I boschi del Sauer li avevano accolti tra le loro fronde. La foresta, di nuovo. Per il giovane von Bauern quel luogo era ormai sovraccarico di sensi. Sensi intrecciati fra di loro in un modo che dava adito a numerose domande. Il suo amato che russava accanto a lui, spossato, era figlio dei nemici giurati dei suoi genitori. La di lui sposa promessa era morta in casa sua, in circostanze tutte da chiarire. Egli stesso, assieme al padre di Werther, faceva parte di una bizzarra setta parareligiosa. Al centro di quel vortice, stava il bosco, proprio quel bosco dove si trovavano sdraiati quel pomeriggio, vicino al torrente.
Forse per questo, o forse perché non era ne aveva motivo, Arthur non era cascato nel sonno come il compagno. Era tormentato da un tarlo. Le sue indagini non erano andate molto lontano. Il suo più atroce sospetto era infatti legato ai Mirabili e ai loro strani discorsi sull'omicidio. Ma Friedrich von Bernau era a sua volta un Mirabile. Werther sapeva? Era forse possibile che fosse un candidato? Doveva parlarne con lui? I suoi dubbi erano assai ragionevoli. Ma decise di non tenerne conto, perché, dopotutto, amava Werther, e ne era ricambiato. E questo voleva dire pur qualcosa. Arthur decise di di dirgli ciò che sapeva, e di chiedergliene conto.
- Werther! - lo scrollò con forza.
- Padre! Madre! No! Stavo solo andando a cavallo! Ah, sei tu... scusami, pensavo...
- Werther, ti devo raccontare un segreto.
***
- Tu fai parte di una setta?
- Beh, "faccio parte" mi sembra una parola grossa. Diciamo che la bazzico.
- Come vuoi. A me non stupisce questo. Quel che mi stupisce è che tu fossi attratto da Georg von Bären, dio mio! Tra te e Joachim... non so più che fare!
- Che cosa c'entra tuo fratello?
- ... niente, niente. E nella setta c'è mio padre?
- E' così.
- Ma tu dici di non averlo visto in volto, che si tratta solo di una supposizione.
- Si fa chiamare Fredericus e ha la stessa voce, la stessa statura, la stessa...
- ... va bene, ne fa parte. Non so che cosa dirti. Io non ne sapevo nulla... ma anche padre Rudolf?
- Sì, e Heinrich von Nasen è il priore.
- Sì, mi hai detto. Ma non sai chi può essere Bernardus.
- No.
- Bernhardt von Beinen?
- Peccato che sia in sedia a rotelle. Bernardus camminava.
- Ah giusto. Non lo so. Però potrei parlare con Joachim...
- Ancora tuo fratello! Io non parlo mai di Karina!
- Vuoi mettere Karina sullo stesso piano di Joachim?
- Che cos'ha Karina che non va?
- ... beh!, ... è vero è vero, non ti ho raccontato ancora una cosa che la riguarda...
- Va bene, mi racconterai, ma ora...
- ...sì, la setta. Io non ne so nulla. Ma forse Joachim... sai, lui conosce bene la storia di questi luoghi, magari...
- ... d'accordo. Chiedigli. Ma prendila alla lontana, con molta circospezione.
***
- Come è andata con Arthur?
Werther era tornato a casa all'imbrunire. Era sgusciato in biblioteca in silenzio, senza farsi notare. Joachim era al suo scrittoio, intento a riempire di una fitta trama di lettere meticolose una lunga serie di fogli. Non aveva nemmeno sollevato lo sguardo. Era, inconfondibilmente, il passo di Werther quello che si avvicinava.
- Joachim, parla piano!
- Non può sentirci nessuno. Non viene mai nessuno qui.
- Molto bene, sai.
- Avete parlato di Odette? Ti ha chiesto di lei?
- In un certo senso abbiamo parlato di Odette, ma non mi ha chiesto di lei.
Joachim alzò lo sguardo dalle sue carte, e, sorridendo, si accomodò su un divano con Werther.
- E' strano.
- Che cosa?
- Odette è morta. C'è un indagine. E nessuno chiede nulla di lei, del suo passato.
- Perché dovrebbero?
- Ma perché ha tutto a che fare con la sua morte, no?
Joachim era scattato in piedi. Suo fratello lo afferrò per un polso e lo fece risedere.
- Lo so che cosa pensi. Ma non hai prove che sia stata... quella persona.
- Lo so, non ho prove. Ma so più cose dei von Bauern, e anche tu.
- Uebermann non è ancora venuto?
- Viene domani. Ma non penso che scoprirà l'assassino.
- Sei troppo arrogante, a volte.
- Sì lo so. Scusami, parliamo di Arthur.
- E' stato Arthur a raccontarmi delle cose.
- Davvero? Che cosa?
Werther non usò alcuna circospezione con suo fratello. Sapeva di potersi affidare al suo riserbo, e, pur amando sinceramente Arthur, gli sembrava che non aver segreti con Joachim fosse una sorta di risarcimento che gli doveva, giacché Arthur, non lui, avrebbe sposato Gertha.
Joachim ascoltò in silenzio. Poi, a braccia conserte e occhi chiusi, si mise a pensare. Werther sapeva che quello era il suo modo per svolgere lentamente le parole che aveva udito e per fare l'inventario di quanto sapeva e poteva collegarsi ad esse. Ma dopo qualche minuto, impaziente, interruppe quel movimento di pensiero.
- Allora, Joachim? Ne sai qualcosa?
- Sì. Qualcosa.
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