A determinare la variabilità genetica delle diverse popolazioni umane potrebbero aver contribuito, più del clima e dell’alimentazione, gli organismi patogeni: batteri, virus e soprattutto parassiti. Giunge a questa conclusione un articolo pubblicato sulla rivista PLoS Genetics che porta la firma di un italiano come primo autore. Si tratta di Matteo Fumagalli, un giovane ricercatore che, dopo aver conseguito il dottorato in Italia, ha scelto di emigrare negli Stati Uniti, e più precisamente all’Università di Berkeley, in California.
L’ho contattato via mail per chiedergli un’intervista, e Matteo ha risposto molto gentilmente spiegando la sua ricerca in modo chiaro e approfondito.
Quali sono le scoperte principali del vostro studio?
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In passato sono stati pubblicati altri studi che miravano a identificare varianti genetiche che sono state selezionate positivamente, e quindi premiate dall’evoluzione. In che modo il vostro lavoro si distingue da quelli precedenti?
I classici metodi per identificare varianti genetiche sottoposte a selezione naturale si basano sull’analisi di alcune caratteristiche “genetiche” all’interno della popolazione del gene in esame. Tali strategie hanno potere solo in certe condizioni (ad esempio elevata pressione selettiva ed eventi di selezione recenti) e sono “agnostiche” per quanto riguarda i fattori selettivi che hanno agito. Il metodo da noi proposto, basandosi eplicitamente su correlazioni con dati di tipo ambientale, permette sia di identificare varianti genetiche sottoposte ad un minor “peso” evolutivo, sia di evidenziare quale sia il fattore antistante la selezione.
Che metodo di analisi avete utilizzato?
La strategia di base consiste nel correlare la frequenza delle varianti genetiche nelle diverse popolazioni umane con variabili che caratterizzano l’ambiente in cui tali popolazioni vivono. In una prima fase, abbiamo verificato come ci sia un arricchimento di varianti genetiche che modificano la struttura della proteina (e quindi importanti da un punto di vista funzionale), soprattutto per le varianti più correlate con le variabili ambientali, e specialmente con le variabili legate al carico di patogeni locale. Questo indica come, in generale, l’adattamento a diverse condizioni ambientali abbia influito sulle diversità genetica delle popolazioni umane. In una seconda fase, abbiamo applicato una più rigorosa strategia statistica, alla scopo di eliminare alcuni effetti demografici confondenti, basata su correlazioni parziali tra matrici di distanze genetiche. In questo modo è stato possibile quantificate numericamente (cioè la frazione del genoma e/o il numero di geni sottoposti a selezione naturale) l’effetto delle diverse condizioni ambientali nel “modificare” nel tempo il genoma umano. Il lavoro presentato è uno studio totalmente computazionale, realizzato utilizzando database pubblici. Questo dimostra quante informazioni i ricercatori abbiano ora a disposizione per comprendere a fondo il genoma umano.
Che tipo di dati avete utilizzato?
In questo studio abbiamo integrato dati genetici (mezzo milione di varianti genetiche caratterizzate in più di mille individui appartenenti a oltre 50 diverse popolazioni umane) con dati ambientali. In particolare abbiamo scelto un totale di 14 variabili ambientali, per ogni località geografica in esame, raggruppate in 3 distinte categorie: fattori climatici (ad esempio temperatura e precipitazioni), strategie di sussistenza come indice di regime alimentare, numero di diverse specie di patogeni (ad esempio virus e batteri).
Quale spiegazione biologica vi siete dati per spiegare i risultati ottenuti?
I risultati da noi proposti evidenziano come geni noti per essere coinvolti nel sistema immunitario siano stati particolarmente sottoposti a selezione naturale nel corso della storia evolutiva dell’uomo. In particolare, la scoperta che molti di questi geni abbiano variazioni precedentemente associate a malattie autoimmuni apre nuove scenari di ricerca. Infatti, è ora possibile concentrarsi, per esempio, su questi geni candidati, e condurre specifiche analisi per identificare quali mutazioni siano davvero responsabili dell’insorgere della malattia.
Una domanda personale. Il tuo è un caso molto interessante, dal momento che sei uno dei tanti cervelli in fuga dal nostro Paese. Puoi dirci qualcosa sul tuo percorso accademico/lavorativo? Pensi di tornare in Italia?
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Il lavoro presentato e’ stato svolto sotto la supervisione congiunta della Dr.ssa Manuela Sironi (Istituto Scientifico “E. Medea”, Bosisio Parini, Lecco), della Dr.ssa Linda Pattini (Politecnico di Milano) e del Prof. Rasmus Nielsen (UC Berkeley).
Fumagalli, M., Sironi, M., Pozzoli, U., Ferrer-Admettla, A., Pattini, L., & Nielsen, R. (2011). Signatures of Environmental Genetic Adaptation Pinpoint Pathogens as the Main Selective Pressure through Human Evolution PLoS Genetics, 7 (11) DOI: 10.1371/journal.pgen.1002355