Magazine Diario personale

I Pirati dei Caraibi: ai confini del mare - la mia pseudorecensione

Da Pkiara

“I Pirati dei Caraibi: ai confini del mare” ha perso in originalità, ha guadagnato nel cambio della protagonista femminile, ha ingannato col 3D. Eppure ha incassato un milione di euro in un giorno.
 

Niente più originalità in questo quarto episodio, seppure sembra debba essere il primo di una nuova trilogia. La lunghezza del film non riesce a nascondere, in alcuni punti, la noia che ti assale e che solo un primo piano di Johnny Depp riesce a diradare. Questa volta il Capitano va alla ricerca della Fonte della Giovinezza e dovrà vedersela con Capitan Barbossa, Barbanera e la sua degna figliola, la signora Bardèm.
Penelope Cruz è perfetta nella parte e sembra proprio il tipo di donna che Jack Sparrow potrebbe tenersi a fianco. Peccato che il Capitano Sparrow sia il prototipo del genere maschile, di quei tipi che ti dicono: “Ti amo, ti ho sempre amata, ti amerò per sempre e… ti saluto!”.
Scomodissimi occhiali 3D per vedere cosa? Il film non è girato in 3D e solo alcuni particolari sono resi nella nuova (?) tecnologia. Ci si sente un po’ presi in giro: 11 euro per qualche foglia che ti viene, svolazzando, incontro? Pollice verso, insomma, soprattutto dopo aver visto il trailer di Transformers 3. Lungi da me ritenere che sia un gran film, ma l’esempio di 3D visto in quel trailer, fa sparire ogni tentativo di avvicinamento della Walt Disney all’eccellenza per quanto riguarda questo standard (anche il trailer di Cars 2 lascia a desiderare: portate i bambini a vederlo in 2D, dunque).
C’è una sola cosa da salvare assolutamente di questo quarto “Pirati dei Caraibi”: sempre e solo lui, l’inimitabile Jack Sparrow. E anche il suo “papà”: quel Keith Richards cui Johnny ha rubato un po’ di personalità.


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