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I racconti non vengono dal nulla

Da Marcofre

I racconti, brevi o lunghi che siano, non vengono dal nulla.

 

Lo diceva Raymond Carver. Le storie hanno cioè un forte legame con la realtà, anzi: direi che o hanno questo legame oppure sono aria fritta. Lui affermava inoltre che la narrativa, qualsiasi cosa si scriva, è in qualche modo autobiografica.

Non si tratta di un’affermazione “pericolosa”? Voglio dire: di sicuro siamo su questa terra, e se non avessi esperienza (grazie ai sensi) della pesantezza e della polvere che ci tocca sopportare, non riusciremmo a combinare nulla. A comunicare insomma.

Tuttavia, questo può essere un formidabile aiuto per quell’idea balzana che in giro si propaga, e che dice che bisogna scrivere di quello che si conosce.

Sono fregato. Ecco perché sono qui a combinare un bel nulla. Evito con cura questo genere di cose. Parlo di ciò che non conosce e in questo modo non ottengo alcun risultato.

Però non è questo il punto.

Torniamo alla frase del buon Carver. Fa il paio con quella di zia Flannery (O’Connor) che diceva:

 

La narrativa riguarda tutto ciò che è umano e noi siamo polvere, dunque se disdegnate d’impolverarvi, non dovreste tentar di scrivere narrativa.

 

Quindi tutto ha radici qui, non nel mondo delle Muse o delle idee. Ciccia, carne, sangue, cellulite, carie. Ecco un breve elenco della “polvere” con la quale un autore è chiamato a misurarsi. Si capisce al volo perché in tanti preferiscano le loro ideuzze, alla realtà. Credono che comprenderla sia meschino, tipico di quanti non hanno il coraggio. “Essi” invece preferiscono pontificare.

Ma a proposito della realtà. Ancora una frase di zia Flannery:

 

Chiunque sia sopravvissuto alla propria infanzia, possiede informazioni sulla vita per il resto dei propri giorni.

 

In effetti tutto questo mi mette in difficoltà (forse). Ho sempre affermato che parlare di quanto si conosce è la tipica risorsa di chi non osa. Tolstoj mica era una donna, eppure ha scritto Anna Karenina. La faccenda è più complessa di quanto appaia a prima vista.

Non ci si può limitare a quanto si è vissuto perché così facendo non si va da nessuna parte. Se scali una parete di roccia nel finalese, ti verrà voglia di assaggiare il Cervino. E finché non osi, non saprai se sei in grado di scalarlo.

La storia arriva dalla realtà e da quello che si vede, si ascolta e si vive. Dopo, è il tempo (lungo) dell’invenzione. Non della creatività, che come diceva Giuseppe Pontiggia, sposta l’attenzione sull’autore. Inventare deriva dal latino invenire e significa “trovare”, e si adatta alla perfezione al lavoro di chi scrive.

Costui, scopre ciò che ignorava, e che ignora pure chi legge. Per questo i Classici hanno sempre qualcosa da dire. Si leggono non perché sono “vecchi”, ma perché hanno scovato un tesoro, e questo ha valore sempre, anche 500 anni dopo.

Non devi perciò preoccuparti di essere “creativo”. Ma di trovare.


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