Il Partito Radicale è presente sulla scena italiana dal 1955 (seppur riformato nel 1989), fondato da Marco Pannella, dal maestro massone Paolo Ungari, da Leopoldo Piccardi, che contribuì all’elaborazione teorica delle leggi razziali, da Eugenio Scalfari e dall’antifascista Ernesto Rossi, collaboratore però del “Popolo d’Italia” diretto da Benito Mussolini. I radicali hanno fatto dell’anticlericalismo la loro bandiera, tuttavia il miglior risultato elettorale è stato un 3,45% (alla Camera) nel 1979. L’ultimo sondaggio di Spincon.it, è ancora una volta impietoso: il partito di Bonino e Staderini è riuscito a calare dal 3% al 2,8%. Pannella ha quindi avuto la pensata di andare a corteggiare Beppe Grillo: «ti aspetto da sempre».
Fallimento perfino per i pochi militanti radicali candidati come consiglieri, come ad esempio Salvatore Grizzanti per il municipio di Asti. Si legge che pur di essere eletto le provate tutte, dalla martellante campagna sui social forum alla distribuzione dei condom elettorali con l’evocativo slogan “Grizzanti fallo sicuro”. Ha anche pensato di farsi sponsorizzare dal Divino Mago Otelma, tra i più attivi militanti del partito di Emma Bonino. Il risultato? La miseria di 75 voti. Grizzanti l’ha presa bene, in modo anche realistico: «Ognuno di quei 75 voti dunque mi riempie d’orgoglio e gratitudine. Noi radicali siamo abituati a prendere mazzate ma non per questo fanno meno male». Impegnati da sempre in battaglie violente e diffamatorie (si veda il recente accanimento sull’ICI per la Chiesa, evaporato in una settimana) non sono mai risultati di alcuna utilità al Paese, nonostante il tentativo di espandere i loro tentacoli con la creazione della “doppia tessera”, ad esempio, come rivelato dall’ex loro tesoriere Danilo Quinto (si veda qui e qui). Battaglie violente e metodi “sporchi”, come i ricatti sentimentali attraverso la strumentalizzazione dei disabili per introdurre l’eutanasia o i noiosi appelli allo sciopero della fame del per-nulla-magro Marco Pannella (volendo emulare Gandhi, che però al contrario suo non poteva contare su un partito politico), propaganda già denunciata da Sergio Romano.
Curioso e sospetto poi il loro attivismo verso la situazione disumana presente nelle carceri. L’ex tesoriere Danilo Quinto mette in guardia: «il metodo radicale non ha nulla da spartire con la libertà e con la verità. Quel metodo non distingue tra mezzi e fini. A quel metodo, fondato sull’interesse, importano solo gli obiettivi da conseguire». A loro interessa solo «coltivare nicchie di consenso elettorale. A Pannella non interessano i grandi numeri, si è proposto ed ha organizzato, con grande intelligenza, un partito d’elite, che si è sempre rivolto a piccoli nuclei di persone, per farli divenire simbolo di iniziative, poi condivise da molti. Usando tutti i mezzi a disposizione, sono stati individuati via via i temi e i relativi portatori d’interesse, per ottenere immediatamente il consenso, per sedimentarlo e renderlo riconoscibile, “sicuro”». I loro proclami sulle carceri servono «per formare un bacino elettorale consistente e prezioso alla bisogna», cercando il consenso di familiari, avvocati, parti della magistratura, direttori e guardie penitenziarie, associazioni. Quinto, che i radicali li conosce benissimo, avverte: «non basta dire che le battaglie siano giuste, per condividerle. Occorre sempre guardare da chi vengono condotte e perché vengono condotte». Guarda caso Pannella si è lamentato recentemente del fatto che in alcune carceri non è stato permesso il voto alle Comunali.
Dicono di essere contro il finanziamento pubblico ai partiti, poi però -rivela sempre il loro ex tesoriere- «non hanno mai rinunciato alla loro quota di finanziamento pubblico [...], per lunghi anni, quei soldi pubblici sono stati utilizzati per pagare le spese di Radio Radicale». Dopo il referendum, promosso nel 1993 contro la legge che istituiva il finanziamento pubblico a favore dei partiti, i soldi sono stati utilizzati dai radicali «per le campagne politiche (le cui spese, in preventivo, venivano persino pensate in ragione dei risultati che si sarebbero ottenuti e con il conseguente denaro che si sarebbe incassato) o per coprire i costi degli apparati e delle strutture». Senza contare tutti gli altri privilegi ed esenzioni che contano associazioni a loro collegate. Per non parlare dei soldi pubblici destinati a Radio Radicale (10 milioni all’anno, qui un altro approfondimento). Per il 2012, a favore di Radio Radicale è stata autorizzata la spesa di 3 milioni di euro («Radio Radicale è in sala di rianimazione…quindi riuscirà ad andare avanti ancora per qualche mese» ha detto Vidmar Mercatali del Pd)
Nessuno degli ex parlamentari del Partito Radicale, inoltre, ha mai rinunciato al vitalizio mensile, pur essendo stati in Parlamento per un solo giorno. Curioso il caso della pornostar Cicciolina, eletta con i radicali dal 1987 al 1992, cinque presenze in aula ma sufficienti a garantirle un vitalizio di 3mila euro lordi dal 26 novembre scorso. Lo stesso tipo di vitalizio per l’ideologo Toni Negri, grazie a 9 sedute di Parlamento (condannato per associazione sovversiva e insurrezione armata contro i poteri dello stato, candidato su diretto consiglio di Pannella per sottrarlo al carcere), citiamo l’attivista omosessuale radicale Angelo Pezzana, deputato per ben una settimana, che oggi riceve per questo 3.108€ al mese, lo stesso dicasi per il radicale Pietro Craveri. Identico discorso (cioè 3.108 euro) per l’avvocato radicale Luca Boneschi, un mese da deputato e una sola seduta in Parlamento. Rino Piscitelli, dopo una settimana di Parlamento, a 47 anni ha cominciato a percepire un assegno da 7.959 euro al mese.
Si è poi scoperto che durante l’ultima direzione del Pd, lista nella quale i radicali sono stati eletti in Parlamento, i democratici hanno versato al partito di Pannella 630 mila euro di rimborsi per le ultime politiche, facendo sbottare il tesoriere del PD Antonio Misiani: «Questi fanno la battaglia contro il finanziamento ma poi non disdegnano i nostri rimborsi…».