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I rischi del credere senza conoscere

Creato il 10 maggio 2013 da Mente Libera

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“O si crede o si conosce”
recitava Schopenhauer, con la sua solita austerità, ponendo appena poteva degli acidi “aut aut” in ogni episodio dell’umana tragi-commedia.
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Io riformulerei l’adagio così:
Tutti sono capaci di credere o non credere, ma pochi riescono a conoscere e comprendere.
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Al di là dell’acidità Schopenhaueriana, vediamo come si può sviluppare questa apparente dicotomia.
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Partiamo con una premessa:
L’uomo è un GENERATORE DI CREDENZE, e in ciò non vi è nulla di male.
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Questa è una caratteristica umana essenziale per la sua sopravvivenza, poiché nel corso degli anni gli ha consentito di produrre rapidamente strumenti, attrezzi, tecnologie, mezzi risolutori grazie ai quali reagire con prontezza (non solo istintiva o intuitiva) di fronte alle richieste o ai pericoli dell’ambiente.
Nell’uomo vi è da sempre un bisogno urgente, un’esigenza primaria di avere credenze che spieghino gli eventi importanti della sua vita: credere (interpretare, avere una risposta) è fondamentale per organizzare (ordinare) il mondo e organizzarci (regolarci) in esso.
Le credenze servivano (e servono tuttora) per “guidare” la condotta umana, i comportamenti individuali.

(Purtroppo raramente ci si fa guidare dalla “conoscenza”, come vedremo più in…)

Comunque sia verrebbe da dire che non si può non credere a niente, o (estremizzando) non si può vivere senza credere.
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L’essere umano tende per natura a stabilire un’interna coerenza, una conformità tra le sue opinioni ( conoscenze, atteggiamenti, valori) e i fenomeni esterni. Ma poiché le contraddizioni (la dissonanza con la realtà) sono spesso intollerabili e penose, l’individuo (l’umanità) inventa sovente storie acausali allo scopo di causalizzare l’ignoto, razionalizzare l’irrazionale in accordo al suo credo (un ristretto punto di vista). Per la stessa ragione cerca di colmare i vuoti conoscitivi generando innumerevoli sistemi di credenze, cioè costrutti mentali che possano compensare la sua intollerabile ignoranza.
In breve le persone tollerano con fatica sia la mancanza di spiegazioni, assenza di informazioni (ignoranza) sia la presenza di opinioni o di fatti che contrastano le proprie aspettative, cioè il contenuto della propria credenza.
Le persone sono terrorizzate dall’incertezza, dall’insicurezza, dalla vulnerabilità: la realtà è sempre imprevedibile e questo spaventa a morte il povero mortale di turno.
Un’altra cosa che inquieta gli individui è il dubbio.
Le convinzioni, o meglio le credenze, ci appagano perché sono più convenienti, a basso costo energetico, fanno risparmiare energia mentale. E’ più comodo farsi guidare dalle facili certezze che dall’incerta conoscenza.
Il dubbio invece paralizza la nostra psiche, immobilizza il nostro agire, produce intervalli (ritardi poco graditi dai più) nella presa di decisione.
Quando la mente non attua un “dubbio gnoseologico” tende a giudicare secondo aspettative e desideri.
Assenza di dubbi = assenza di domande scomode (irrisolte) = assenza di disagi = (apparente) armonia
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Spesso i sistemi di credenze sono delle (false) scorciatoie al (vero) conoscere.
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II creduto è una specie di saputo che si radica nel profondo, nell’inconscio; è un’apparente sapienza certa, immediata, solida, cristallizzata.
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La perdita della credenza (e delle certezze ad essa associate)  è un fendente troppo doloroso per l’integrità della psiche e per l’orgoglio dell’ego.

Solitamente si tende a credere ciò che ci aspetta, scordandosi l’attendibilità della fonte.
Il credere può avvenire per:

- Processi Euristici [ strategie di pensiero semplificate, scorciatoie il-logiche/emotive, di quattro tipi -> di  rappresentatività (stereotipia, somiglianza), di ancoraggio (affidarsi al “già noto”, al già utilizzato), di disponibilità (frequenza, priming = la prima info che ho sottomano va bene), di simulazione

- Ripetizione (reiterazione di un’informazione, un dogma, un sentimento, uno stimolo)

- Autorità di provenienza

- Risonanza psichica “senso di appartenenza”, Rinforzi emotivi, “sentire insieme”, “sentimento comune” (es. fede, comunità religiosa)-> (in ogni caso si è Burattini del Sistema Limbico)
- etc…
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In tutti i casi si predilige un tipo di razionalità limitata, poco rigorosa ma in compenso molto pragmatica. Infatti il vantaggio del credere “istintivo” è la capacità di rispondere con prontezza alle richieste esterne.
Il ragionamento o la semplice riflessione rallenta il processo decisionale, e in una società ultra-rapida dove si deve completare tutto nel minor tempo possibile, la riflessione accurata è un grosso ostacolo alle esigenze quotidiane (guardacaso quelle più spicce e superficiali).
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Al di là di questa parentesi, la credenza è quasi sempre vincente sulla conoscenza perché la prima GRATIFICA, RASSICURA e da’ la convinzione di “SAPERE”, di avere la “VERITA’”, mentre la seconda TURBA e da’ la convinzione di “NON SAPERE”, di non avere alcuna “Verità”.
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Sostanzialmente la conoscenza è più un porre domande che fornire risposte.
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A questo punto qualcuno potrebbe dire che è meglio una convinzione errata ma ottimistica (che ci faccia stare bene) piuttosto che un’evidenza corretta ma pessimista (che non ci rassicura)… bhè, al riguardo non ne sarei poi così sicuro. Comunque saranno i fatti a parlare, come sempre.
Un fatto comprovato da numerose ricerche (e direi anche dalla semplice auto-osservazione) è che il cervello “altera” i dati percettivi, integrando quelli che può “tollerare” e opponendosi agli elementi frammentari della realtà, cioè le incoerenze che cozzano con la propria “vision”.
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Un degenerazione del “credere acritico” è la psicocrazia.
La mentalità “Psicocratica” è quella che non coltiva la ragione, si fa condurre esclusivamente da esaltazioni psichiche, sotterra ogni criterio logico, rifugge ogni buon senso con la scusa della creatività). Questa mentalità è tipica del pensiero arcaico, mistico, è quella che genera pre-connessioni causali immaginarie, immediate correlazioni extraspazio-temporali, attribuisce ad ogni evento un’origine, una forza suprema, ignara delle effettive concatenazioni causali.
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Un’altro effetto collaterale di tale modalità di pensiero è il Logicismo metafisico, ovvero la tendenza a razionalizzare l’irrazionale con l’uso arbitrario della logica, produce guasti per le conoscenze, alimenta e rafforza convinzioni tautologiche, autoreferenziali.
La metafisica e il suo “Ordine Superiore” è responsabile di sviamenti cognitivi poiché è ricca di invenzioni che “aggiustano” in modo opportunistico e approssimativo il modo di percepirsi in rapporto al mondo.

Così la ragione viene sottomessa, snaturata con bizantinismi logico-dialettici che provvederanno a mantenere e ripristinare l’omeostasi psichica, ridurre la dissonanza cognitiva, evitare l’insorgere di disagi psicologici.
La resistenza interna a ciò che stride con le convinzioni primarie dell’individuo viene espressa manipolando o espellendo le conoscenze incongruenti tramite un filtraggio psichico che protegge dalla discrepanza creata dai cambiamenti e dalle novità (Horror Novi), dalla paura di essere scombussolatasi, di sentirsi inadeguati di fronte a conseguenze imprevedibili.

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Di fronte a una dissonanza cognitiva, un individuo può:

- Mutare la sua opinione (casi rarissimi)

- Cercare di far cambiare idea agli altri, persuadendoli con passaparola, voci, notizie infondate. E’ il classico caso del proselitismo e la promozione di miti e leggende.

- Convincersi che gli altri siano “inferiori” (cognitivamente)

- Andare a caccia di notizie (conferme) che giustifichino il suo credo, la sua paura, la profezia, rimuovere l’informazione sconveniente, negare, invalidare le “EVIDENZE” contrarie al suo pensiero, respingere le prove contraddittorie

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