Il presidente dell'Istat Enrico Giovannini
Poche notizie di attualità politica hanno colpito l'opinione pubblica, negli ultimi tempi, come il mancato taglio agli emolumenti dei parlamentari, alimentando una nuova ondata di polemiche anti-Casta ravvivate ulteriormente dai pesantissimi sacrifici richiesti ai cittadini dall'ultima manovra economica del Governo Monti.
Colpisce da un lato l'ignavia dell'esecutivo, che in base alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio si ritiene titolato a intervenire sulla tassazione e sulle pensioni dei cittadini e non ritiene invece di avere il diritto a intervenire sulle retribuzioni dei Parlamentari; colpisce dall'altro lato la melina operata dal Parlamento stesso nel non procedere, in un clima già saturo di livore contro la classe politica, a quello che non potrebbe essere etichettato se non come atto di equità e giustizia.
Le camere, nell'ottica di un progetto di armonizzazione delle retribuzioni dei parlamentari alla media europea, avevano avviato tramite il Decreto Legge 98/2011 convertito in Legge 111/2011, un'indagine comparativa dei guadagni dei parlamentari di vari stati UE (Germania, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Austria).
Il gruppo di ricerca, guidato dal presidente dell'Istat Enrico Giovannini e comprendente eminenti personalità del mondo accademico in ambito statistico, avrebbe dovuto restituire il risultato delle proprie ricerche entro il 31 dicembre 2011 in modo da procedere, con l'apertura dell'anno nuovo, al tanto agognato adeguamento degli stipendi dei parlamentari.
Il risultato offerto da Giovannini con la chiusura dell'anno nuovo può essere riassunto in poche, scorcentanti, parole: non luogo a procedere.
Secondo quanto emerso dalla commissione di indagine le retribuzioni dei parlamentari italiane non sono né più alte né più basse di quelle dei loro colleghi europei, ma sono semplicemente non comparabili. Fiumi di parole sono seguiti a questa paradossale dichiarazione, impegni dei politici a procedere con non meglio definiti tagli agli stipendi, proroghe al termine delle attività della commissione per cercare di raggiungere una maggiore chiarezza nei risultati, ma la sensazione, nell'opinione pubblica, è quella di un ennesimo colpo di spugna, il solito annuncio di buone intenzione a cui, con una motivazione più o meno futile e incomprensibile, non seguirà nessun atto concreto.
Eppure, grazie all'ausilio della rete, è possibile per i cittadini italiani avere un maggiore controllo dell'operato dei propri rappresentanti: nel caso specifico, è a disposizione il sito internet della commissione sulla comparazione delle retribuzioni dei parlamentari italiani ed europei, di modo che ciascuno possa esaminare i dati ricavati dalla commissione e azzardare le proprie conclusioni. A questo link è a disposizione il report aggiornato con le attività della commissione al 31 dicembre 2011.
La prima parte del documento offre, oltre ad una panoramica sulla normativa di riferimento e sulla composizione della commissione, un'attenta analisi del perimetro delle indagini effettuate, ed in particolare narra i problemi che i componenti del gruppo hanno dovuto affrontare nell'applicare i concetti retributivi italiani a legislazioni differenti e a paragonare assemblee legislative di Paesi diversi - nazionali e locali - spesso con funzioni e poteri differenti tra loro.
Successivamente viene presentata la nota metodologica utilizzata per il calcolo: per ciascun ruolo/ente - si intendono conteggi separati per il Presidente, i membri del consiglio ed eventuali dirigenti - il valore medio ricavato dalla commissione, che dovrebbe costituire il limite massimo da utilizzare in Italia per le retribuzioni di tale ruolo/ente, è una media tra i valori ottenuti per ciascun paese pesati sul PIL di tale paese per l'anno di riferimento (2010). Per rendere ulteriormente efficare il calcolo, il valore del PIL è stato espresso non in euro ma in PPA (Parità dei Poteri d'Acquisto), tenendo quindi conto della differenza dei prezzi tra i vari Paesi presi in esame pur in parità di un'unica valuta.
Il peso degli Stati nella valutazione delle retribuzioni medie
Inoltre, la retribuzione è stata scorporata in tre elementi - importo netto, oneri sociali a carico del lavoratore e oneri sociali a carico del datore di lavoro - la cui somma costituisce, di fatto, il costo della carica per il cittadino. Per eseguire una comparazione reale tra l'Italia e gli altri stati la retribuzione complessiva viene trasformata considerando unicamente l'importo netto e gli oneri sociali a carico del lavoratore pesati sulla frazione di tali oneri applicata in Italia.
Il passaggio successivo, con il quale si entra nel vivo dell'analisi, dettaglia i risultati ottenuti dalla commissione nella ricerca di enti significativamente paragonabili a quelli italiani messi sotto traccia. Come emerge dalla tabella riportata, solo in alcuni casi la commissione è riuscita a individuare corrispondenze significative tra i vari Paesi; in altre situazioni è stata certificata la non esistenza di enti corrispondenti, mentre in altre ancora non è ancora stato possibile esplorare a sufficienza il quadro normativo degli altri Stati al fine di stabilire la validità di eventuali comparazioni.
Associazione degli enti valutati negli Stati oggetto di indagine
Particolarmente importante, inoltre, è il conteggio delle voci di costo, ovvero di tutti gli elementi dello stipendio di un politico considerati nel conteggio della retribuzione complessiva: la commissione ha individuato tre macrovoci, di cui la prima corrisponde all'indennità di base, la seconda ai benefit (diaria di soggiorno, spese di viaggio, spese per collaboratori, spese di segreteria e rappresentanza, assistenza sanitaria) validi per la durata del mandato e la terza relativa ai benefit (assegno di fine mandato, vitalizio, altro) che permangono dopo la cessazione della carica.
La parte di presentazione dei dati raccolti contiene infine un preambolo che raccoglie la lista degli enti contattati per il reperimento dei dati, sia in Italia che all'estero. Alle pagine 16 e 17 del documento Istat, finalmente i risultati raccolti.
Verranno analizzati i risultati validi per i deputati, ma un ragionamento analogo potrà essere effettuato con poche varianti per i senatori.
Esaminando le voci di costo, appare in primo luogo evidente come non tutte siano facilmente confrontabili, alcune perché non esprimibili in valore monetario, altre perché conglobate in aree diverse nei differenti Paesi.
È tuttavia possibile eseguire una macrocategorizzazione che consenta alcune comparazioni di massima.
Riepilogo dell'esito della valutazione
(Camera dei Deputati)
Nella tabella riportata non sono indicati i valori relativi alla terza categoria individuata dall'Istat, quella dei benefit extra mandato, in quanto spesso legati alla presenza di altri redditi o a tetti massimi al valore pensionistico in vigore nei singoli Stati. Concentrandosi comunque sugli elementi per i quali è possibile eseguire un confronto, e pur tenendo conto dell'assenza di alcuni dati per alcuni Paesi, emergono alcuni dati con grande evidenza.
L'indennità parlamentare italiana è di gran lunga la maggiore dei Paesi messi a confronto, e quasi doppia rispetto alla media europea.
Per quanto riguarda i benefit non monetari, i politici italiani si ritrovano in linea con l'Europa, e per ciò che concerne invece i benefit quantificabili in euro il nostro Paese appare addirittura sotto media, a causa dell'elevatissimo valore presente nella casella della Germania. Tuttavia, come riporta il documento Istat, nel parlamento tedesco, così come quelli olandese e austriaco, i collaboratori dei parlamentari sono alle dipendenze dell'Aula e non del singolo deputato: questo significa che i soldi vengono erogati solo in effettivo caso di utilizzo, mentre in Italia vengono semplicemente sommati allo stipendio dei deputati i quali, se non assumono collaboratori, finiscono per intascarsi lo stesso la cifra.
Malgrado effettivamente manchino i dati per ottenere una precisione al centesimo, è evidente come un risultato di massima possa definirsi raggiunto, ed è l'evidenza che i parlamentari italiani sono nettamente più pagati dei loro colleghi europei: anche non considerando l'escamotage dei collaboratori sopra descritto, un'applicazione di quanto previsto dalla commissione dovrebbe abbassare di circa 4.000 € lordi la retribuzione complessiva dei deputati, sottratti sostanzialmente all'indennità. Moltiplicando il valore per 630 deputati e per 12 mesi, si ottengono circa 30 milioni di euro annui di risparmio.
Forse noccioline, nella crisi del debito che ci attanaglia dove si parla di decine e anche centinaia di miliardi di euro con forse eccessiva facilità, eppure con questo semplice taglio si potrebbero finanziare 1.500 posti di lavoro a 20.000 € lordi annui, un importo più che decente ad esempio per il primo impiego di tanti, troppi giovani in cerca di lavoro.