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I torti e la ragione

Creato il 07 marzo 2013 da Albix

I torti e la ragioneDiceva un mio vecchio professore che due torti non fanno una ragione.

Mussolini (con l’appoggio del re Vittorio Emanuele III) nel 1922 intendeva porre un argine al comunismo che, ai loro occhi,  avanzava pericolosamente dopo avere conquistato, cinque anni prima, la Russia dei Romanov.

Tutti ricorderanno infatti le occupazioni delle terre e delle fabbriche, succedutesi ininterrottamente dopo la fine della guerra 1915-1918  e culminate, a livello organizzativo,  con la nascita  del Partito Comunista Italiano (P.C.I.), avvenuta a Livorno nel 1921.

Mussolini, da socialista quale egli era, detestava i comunisti (questa rivalità sarà una costante in Italia,  per tutta la durata della vita di questi partiti , sino ai  tempi di E. Berlinguer e di B. Craxi); il re savoiardo, dal suo canto, essendo anche  parente dei Romanov, alla sola idea dell’avanzata dei comunisti, si sentiva mancare la terra sotto i piedi.

Ecco dunque come salì al potere il Fascismo.

Tanti, troppi, per purezza d’animo e ingenuità oppure per comodità e opportunismo,  fermarono il loro giudizio a questa iniziale valutazione  del Fascismo, attribuendole il merito di avere salvato l’Italia dal torto che avrebbe subìto se il  comunismo, come allora si paventava, fosse pervenuto al potere  (si tratta forse di un comodo giudizio ex-post, ma la storia è spietatamente inconfutabile con riguardo ai terribili danni causati dall’ideologia comunista; tanto ciò è vero che tutti i comunisti, non soltanto quelli italiani, hanno voluto cambiare nome e simboli);  ma queste anime candide e questi opportunisti furbacchioni non seppero o non vollero vedere e considerare i torti perpetrati dal Fascismo a danno dei propri avversari e quindi dellla stessa Nazione Italiana(non parlo qui soltanto della sciagurata decisione di entrare in   guerra a fianco della Germania e del Giappone, ma anche della prepotenza e dell’arroganza nel confronto politico, del delitto Matteotti, del pestaggio a Gobetti, dell’incarcerazione di Gramsci, dei Tribunali Speciali, dei reati di opinione, dell’indottrinamento, del culto del duce, delle scellerate leggi sulla purezza della razza e così via discorrendo per venti lunghi anni).

Il Fascismo fu un torto alla libertà, alla democrazia, alla ragione; nè più, nè meno come fu un torto il comunismo, seppure con volti e forme diversi.

Io non sono così vecchio da avere conosciuto il Fascismo, ma lo sono abbastanza per ricordare che gli strali antifascisti, particolarmente ardenti negli sessanta e settanta, costituirono un comodo schermo dietro al quale i comunisti  celarono le loro magagne, nell’ulteriore tentativo di salire al potere, prima della degenerazione brigatista.

Se i nostalgici della mascella (gli ex-fascisti, per intenderci) e quelli del baffone (parlo degli ex-comunisti più o meno camuffati, per capirci) non prenderanno atto dei reciproci torti che la storia in maniera equanime gli attribuisce, l’Italia non ritroverà mai una vera unità di popolo e di cultura, e continuerà a vivacchiare nel sospetto e nella diffidenza reciproci, impantandosi in   paralisi istituzionali, oggi incarnate dai Grillini (che non  sono certo la causa, ma casomai l’effetto) domani non oso pensare da chi e da cosa.

E intanto i giovani crescono nella confusione e nell’ambiguità, disconoscendo i reali contorni e i veri contenuti della nostra storia, celati dietro una cortina fumogena di falsi ideologismi e partigianerie di comodo.

Usciamo dagli steccati ideologici e pensiamo all’Italia. Forse il Movimento 5 Stelle, da questo punto di vista, una opportunità.

Speriamo di saperla cogliere al meglio.


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