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Ian James Rush (by Superflaz)

Creato il 14 gennaio 2013 da Simo785

Ian James Rush (by Superflaz)

Ian James Rush nasce a Flint, in Galles il 20-10-1961 e come tutti i talenti gallesi finisce a giocare nella vicina Liverpool, le squadre più importanti della città sono due, i Toffees, cioè l’Everton ed i Reds, cioè il Liverpool. Lui arriva ai Reds e ne diventa storia. Vi approda dopo un inizio di carriera al Chester, nel 1980 ed il 13 dicembre è subito debutto, contro l’Ipswich, subentrando all’infortunato Kenny Dalglish, direi non proprio un signor nessuno. La prima stagione gioca solo nove partite segnando zero reti, ma la stagione successiva si rifà segnando la bellezza di 31 goals, diventando l’idolo della “Kop” con un poker nel derby contro l’Everton. Nella stagione ’83-’84 contribuisce con i suoi 47 goals in 65 partite allo storico “Treble” del Liverpool (campionato, coppa di lega e coppa dei campioni), segna una valanga di goals, diventa il portafortuna della squadra, quando segna lui i Reds non perdono mai, fino alla gara n. 145, stagione 1986-1987, segna in finale di Coppa di Lega contro l’Arsenal, ma per la prima volta il Liverpool perde la partita. All’inizio della stagione ’86-’87 comunica la sua decisione di lasciare il Liverpool per approdare alla Juventus, squadra contro la quale visse la tragedia dell’Heysel, nonostante questa sua decisione chiude la stagione con 40 reti. Nel complesso dal 1980 al 1987 con la maglia del Liverpool disputa 224 partite ufficiali, condite dalla bellezza di 139 goals vincendo 3 Charity Shield, 4 Coppe di Lega, 4 Premier League, 1 Coppa d’Inghilterra e 2 Coppe dei Campioni. All’entrata della Christ Church a Liverpool, accanto alla scritta “Dio salva”, qualche tifoso dei Reds addirittura scrisse “Rush segna su respinta”, ormai è divenuto l’idolo incontrastato di Anfield Road, un autentico mito. Nella sua avventura nel capoluogo piemontese, però, non ebbe altrettanta fortuna, anzi… Arrivò ovviamente con i suoi grandi numeri ed i suoi grandi successi nel 1987 per sostituire Michel Platini. Osò dire che secondo lui Dio avesse a che vedere con i suoi goals, venne pagato dai bianconeri la bellezza di 7 miliardi e lui in 29 partite segnò la miseria di 7 inutili goals. Pagò la propria timidezza, il carattere introverso ed il suo ostinato provincialismo di chi si sente straniero nel secondo bagno di casa propria. Fece ritorno immediato nella “sua” Liverpool al termine della stagione, lasciando in eredità la sua villetta di Moncalieri e tre Fiat ammaccate, andò due volte contro un tram (si difese sostenendo che in Inghilterra i tram fossero di un altro colore). Un’autentica fuga, proprio come ammise nella sua autobiografia, My Italian Diary, che scrisse al suo ritorno nella terra d’Albione. Rivelò: “A Torino mi sentivo solo”; “Per un anno mia moglie Tracey ed io abbiamo solo pensato alla fuga”; “In Italia parlavano tutti italiano”. Lui non ne imparò neanche una parola, invece, e la sua insegnante personale lo etichettò come “caso disperato”. La sua avventura italiana lo segnò, tanto che iniziò a calare il suo numero di reti, il suo ritorno a Liverpool fu caratterizzato da infortuni e panchine, anche perché davanti aveva un trio delle meraviglie composto da John Barnes, Peter  Beardsley e John Aldridge che aveva appena contribuito alla vittoria del titolo. Ritornò ad essere il vero “Rushie” l’anno successivo, complice anche la cessione di Aldridge alla Real Sociedad. Il suo 200° goal con la maglia del Liverpool arriva il 28 ottobre 1993 contro il Leeds e con la fascia di capitano sul braccio, la sua storia con i Reds termina nel 1996, passando il testimone a giocatori del calibro di Stan Collymore e Robbie Fowler, dal 1988 al 1996 chiude con 245 partite e 90 goals, altre 3 Charity Shield, 1 Coppa di lega inglese, 1 Premier League e 2 Coppe d’Inghilterra. Chiude la carriera, dopo una piccola parentesi tra Leeds e Newcastle, in squadre minori, nel 2000. Dal 1980 al 1996 con la nazionale del Galles disputa 73 partite segnando 28 goals. Ian Rush nell’isola britannica è considerato un autentico campione oltre che un eroe sportivo, non si può dire altrettanto nel nostro paese, arrivato con notevoli credenziali ed etichettato dopo solo una stagione come un vero e proprio “Bidone”, unica parentesi negativa in una carriera costellata di successi.


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