La follia che Emidio Mansi ci aveva anticipato per la presenza di Garofalo-Gente del Fud al Salone Internazionale del Gusto si è puntualmente presentata, nello splendore di un'organizzazione svizzero-partenopea. Perché, come diceva Carlo Dossi, "i pazzi aprono vie che poi percorrono i savi".
In hotel un kit con T-shirt personalizzata ed un badge che, oltre al proprio nome ricordava quello del proprio blog - motivo principale per cui si era in quello stand - mi ha dato subito la sensazione di "appartenere" a qualcosa di buono. L'arrivo poi allo spazio Garofalo (stand è profondamente riduttivo) ha ulteriormente sottolineato che, come hanno "scoperto" parecchi articoli apparsi sul web e sulla carta stampata, al Salone Internazionale del Gusto stava accadendo qualcosa di insolito, ovvero un'invasione di foodblogger.
Mi sembra già di sentire "Ma se ad ogni manifestazione enogastronomica, più meno cool, è pieno di foodblogger armate di smarthphone, macchina fotografica e biglietti da visita che neanche un giapponese, che fiutano contatti e accordi commerciali come vecchie volpi di Wall Street!" Si, è vero, ma questa volta non erano in ordine sparso anche se diligentemente sparpagliati. Non erano agguerriti anche se determinati, non erano presenti da soli o in compagnia della paziente amica del cuore o del rassegnato compagno.All'interno dello Spazio Garofalo si è parlato di cibo e di territorio, si sono condivisi saperi e sapori, si sono presentate eccellenze di altri territori, condividendo la "propria" idea e competenza di cucina, fatto che di solito comporta tensioni più che risate. L'idea di cucinare assieme ad una perfetta sconosciuta proveniente da un'altra regione, ispirata dalla medesima passione, ha in se qualcosa di angelico e di diabolico. Pensateci bene: assieme alle altre blogger pranzi e ceni, scrivi e leggi, fotografi e twitti ma ognuna al proprio posto ed ognuna per conto suo. Mettersi ai fornelli, dopo aver ideato e testato una ricetta che comprendesse le peculiarità di due territori diversi, per parlare INSIEME di una comune passione, poteva essere un boomerang incredibile perchè, diciamocelo, l'universo foodblogger è al 90% femminile e convincere le donne a far squadra come i maschi non è difficile, è inutile. La naturale nascita poi di profonde amicizie è tutto un altro discorso e sono semplicemente doni preziosissimi.Eppure Emidio, quando due anni fa mi chiamò per anticipare questo suo progetto (e telefonò personalmente a tutti quelli coinvolti), chiedendomi di farne parte, aveva già in mente tutto questo. Forse non immaginava che sarebbe stato così faticoso ma sicuramente aveva in sé la certezza che sarebbe stato bello, vero e unico.Durante la conferenza Gastronomia 2.0 (qui l'articolo scritto da Rocco Moliterni su La Stampa di domenica 28 ottobre) si è cercato di capire dove sta andando l'enogastronomia nell'era di Internet e la mia paura stava in chi "avrebbe tirato gli stracci" nella contrapposizione tra carta stampata e mondo del web. "Se io scrivo una stupidaggine il mio direttore di licenzia" ha affermato Licia Granello lamentandosi, tra l'altro giustamente, che il mondo del cibo è pieno di ricette e non di cultura, "mentre il blogger può scrivere quello che gli pare e nessuno gli dice nulla". Probabilmente. Ma per quanto mi riguarda la mia etica è un direttore inflessibile che mi manda a quel paese dieci volte al giorno quando mi domando perchè per scrivere una ricetta o un post devo necessariamente passare per qualche biblioteca, quando quella di casa non è sufficiente, e "perdere" ore di tempo prezioso che potrei dedicare a dormire o a fare le terapie per le mie ernie invadenti. E sono certa che questo "direttore" è in ognuno delle persone che fanno parte della piattaforma "Gente del Fud" che a proprie spese scovano piccoli produttori, vincono le naturali ritrosie di questi per farsi raccontare i loro prodotti e poi ne parlano nel loro blog dove si scrive di passione e non di ricette di "tagliatelle con funghi congelati insaporiti con dado granulare" (cit.).Un mondo "buono, pulito e giusto" si ottiene grazie ad anche un gruppo di instancabili foodblogger (ma la prossima volta mi faccio fare le scarpe su misura come Ibrahimovich) ed a chi ha creduto in loro, nella loro genuina passione e nell'allegra professionalità. Valori condivisi e non usati per alzare muri che creano "caste" enogastronomiche.Perchè, citando Crozza, noi foodblogger "non siamo mica qui a sentire se il mare va bene di sale" ;)