C’era una volta un contadino povero scannato, ma miserabile al più non possum, parte per una gran tavolata di figliuoli che si raccapezzava, e parte per l’annatacce pessime; e se ne lamentava con un prete invidiando lo stato suo: «Buon per loro! diceva; loro sì che son felici colle spalle appoggiate a un campanile!
Chi vuol esser felice in questo mondo,
S’appoggi a un campanile o a un sasso tondo.
Bagni di Lucca- Famiglia c ontadina- Foto tratta da “Come eravamo-Lucca” – Ed. Il Tirreno
Sulla loro giornata non ci piove e non ci grandina, ne c’è bisogno di sarchiarla nè di zolfanarla. Sbrigata quella po’ di messa, la pentola è al sicuro; senza gli altri córrimi di dietro che si sanno, e senza tutti gl’incerti che son più certi delle paghe fisse. Loro mangian bene, bevon meglio, e se la passano tranquillamente, come dice il proverbio:
Senza moglie, senza figli,
Senza debiti, e senza fastidi. »
«Come!? gli rispose il prete, e avresti il coraggio di paragonare il tuo stato col mio? E non ti vergogni?! Da me a te ci corre più che da me al papa, e frigni tanto! Vuoi vedere? Tu, là fra le undici e mezzo giorno, te ne vai a casa con un appetito signorile che roderesti anco i chiodi; trovi preparato il tuo bravo desinare che me n’impipo, o un bel tombolo di polenta incaciata, o la zuppa coi suoi cavolini teneri teneri ch’è un desio a vederla fumante a quel modo. Poi vengono que’ be’ fagiuoli rossi di Sant’Anna, che anche senza condire vanno giù da loro; oppure un bellissimo baccalà, o fatto lesso, o fatto in gratella col tremarino, che manda un odorin soave da far risuscitare i morti di mille anni. Ci bevi su una bellissima raminata di quella vostra acqua di fonte fresca e leggiera che si tira giù d’incanto: o chi è più tranquillo e più felice di te? E ti lamenti! Che pretendi? le chiavi? Io invece, il più delle volte, ci avrò, a far ben bene, una minestraccia fatta in casa, una gallinaccia vecchia, cotta in un po’ d’acqua di pozzo; una striscia di vitellaccia, con due patatacce, o due fungacci secchi dell’altr’anno; un po’ di cacettaccio nostrale, con quattro noci e una pignettaccia d’uva, mezza appassita, e per bere ci avrò un fiasco, figurati, tutto polveroso, d’un vinettaccio vecchio di due o tre anni fa! Vedi che fra te e me non c’è neanche il confronto, e tu mi vorresti invidiare!!»
E chi gli avesse un po’ sfibbiato un bel paio di calci dove non batte sole, non avrebbe fatto un’opera meritoria davanti a Dio e davanti agli uomini?
( Idelfonso Nieri, O che bel canzonare il prossimo!, racconto tratto da “Cento racconti popolari lucchesi”, 1908 )
Vergemoli – Anziano mentre trasporta le gerle da riempire di erba o di fieno – Foto tratta da “Come eravamo-Lucca” – Ed. Il Tirreno