Tralascio quest’anno la festa del 25 aprile della quale ormai è stato detto tutto e il contrario di tutto. Il che significa che non c’è molto da aggiungere, salvo una novità di poco conto: la festa della liberazione dopo domani cade nel giorno dell’Angelo, e dunque ben pochi (credo) festeggeranno in chiave politica: il richiamo della scampagnata – tempo permettendo – sarà decisamente maggiore. Almeno per le famiglie.
Piuttosto, voglio soffermarmi sul 1 maggio (festa dei lavoratori), che quest’anno presenta due importanti novità. La prima riguarda la beatificazione di Giovanni Paolo II, che avverrà proprio il 1 maggio, e che si «contenderà» Roma con l’esercito sindacalizzato del concertone. Insomma, uno scontro tra il sacro e il profano, dove probabilmente vincerà il sacro. L’attesa elevazione agli altari per Carol Wojtyla è infatti tanta, anzi tantissima, e io mi auguro che i giovani scelgano questo evento, piuttosto che il più stucchevole concerto ideologico comunista di sempre.
La seconda novità – altrettanto ghiotta – riguarda lo scontro tra la solita CGIL, impersonata quest’anno da Susanna Camusso, e il resto del mondo, anzi dell’Italia, ivi compreso qualche intelligente sindaco di sinistra, come Matteo Renzi. Il pomo della discordia? Naturalmente il lavoro e la conseguente sacrosanta libertà dei lavoratori – autonomi e/o dipendenti – di lavorare il 1 maggio, soprattutto nei centri storici e nelle città turistiche.
Ebbene, a quanto pare la Camusso, così sensibile al riposo dei lavoratori, dice che il 1 maggio bisogna far festa e basta. Niente lavoro. Solo festa, solo concerto e solo liturgia sindacale cigiellina a suon di rock ideologico. Rispondono i sindaci, soprattutto di Milano, Roma e Firenze: i lavoratori quel giorno devono avere la libertà di scegliere se lavorare o meno. Perché in un periodo di contrazione della congiuntura economica, far baldoria è utile fino a un certo punto. Il motore Italia non deve fermarsi e deve produrre reddito ogni volta che si può, soprattutto in eventi come quelli previsti nella data contestata. Ma la CGIL, manco fosse il Soviet supremo di chissà quale regime marxista che pianifica l’economia anche per gli stecchini della festa pasquale, insiste con il suo niet. Niet! Niet! Niet! Il primo maggio si fa festa e basta. Nessuna discussione, nessuna apertura. Nessun ragionamento. Ma solo festa ideologica.
Beh, che dire? Al contrario della Camusso, io mi fermo a ragionare. Supponiamo che quel dì non ci sia la festa dei lavoratori, ma solo la beatificazione del Papa polacco. Credete che la CGIL punterebbe i piedi in un moto di orgoglio sindacal-marxista pseudo-cristiano? Ma neanche per idea. Sono quasi certo che – sì – incrocerebbe le braccia (e del resto, in questo sono specializzati), ma per sostenere la tesi contraria: la libertà del lavoratore di fermarsi o meno per il giorno religioso.
Il che ci porta a sostenere, ancora una volta, la veridicità dell’equazione social-sindacale definitiva: quando qualcosa non va bene alla CGIL o ai suoi satelliti sindacali (tipo FIOM) abbiamo la matematica certezza che l’Italia stia andando nella giusta direzione. E del resto, che questo sia vero, lo conferma la palese contraddizione già evidenziata da Renzi: la Camusso protesta e si lagna che il 1 maggio ‘sti poveri lavoratori sono costretti a lavorare per il capitalista di turno (salvo però prendersi magari il doppio festivo che in un famiglia monoreddito, in tempo di crisi, non fa schifo), per poi far lavorare in tal giorno tutto l’apparato organizzativo del mega-concertone.
Morale della favola? Ma chi se ne frega di quel che dice la CGIL! Dico io: chi vuole lavorare in tal giorno lavori pure. Chi vuole stare a casa stia a casa. In fondo è questa la libertà. La precettazione ideologica, in un senso o nell’altro, è solo puro regime.
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Ideologia comunista versione 2011. Polemiche per i negozi aperti durante il 1 maggio
Creato il 23 aprile 2011 da IljesterPossono interessarti anche questi articoli :
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