Magazine Lavoro
Nessuno ci credeva, era solo un giochino innocente per passare il tempo e scherzare con gli amici. Purtroppo i sistemi operativi sono cambiati innumerevoli volte e, a quei giochini semplici e veloci, sono subentrati mastodontici videogames con richieste hardware superiori a quelle necessarie per il lavoro di routine.
Mi piacerebbe averlo adesso sottomano, quelllo stupido giochino, per vedere quale sarebbe il responso. Non tanto quello sentimentale che, meno male, fila che è un piacere, ma quello relativo a come mi sento in generale, perché qui, di carica vitale, ne vedo ben poca.
Me ne accorgo quando mi sveglio per cento volte prima, o appena dopo l’alba e non riesco più a dormire, preso da mille preoccupazioni e tante paure. Mi guardo allo specchio e vedo la mia bocca prendere una piega sempre più amara contro la mia volontà. Ridere e sorridere diventa un esercizio obbligatorio in presenza dei figli, ma sempre meno praticato in loro assenza.
Come un operaio della fiat, penso e ripenso alle mie scelte, mi domando se ho fatto bene a rifiutare un contratto capestro ancor peggiore di quello che è toccato a Mirafiori. Non orari di lavoro pesanti, mal pagati, ma ben delineati nella loro struttura, ma una firma in bianco che mi avrebbe costretto a giornate massacranti in cambio di una paga non più alta di quella di un operaio.
Mi sono illuso di avere una specializzazione e un’esperienza che mi avrebbero consentito di muovermi da una posizione privilegiata, di poter ricostruire una vita dignitosa, in cui sarei stato pagato per ciò che valevo, e invece mi sono sbagliato. Gli operai hanno accettato a malincuore un contratto duro, ingiusto, retrogrado, ma hanno (forse) salvato il loro lavoro e la sussistenza della loro famiglia. Io ho peccato di presunzione e non ho voluto piegare la testa, pensando addirittura che, chi ci avrebbe perso di più sarebbe stato il padrone e non io.
Mi sbagliavo, come al casinò, il banco vince sempre.
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