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A 340 anni dalla morte di Battista si può certamente affermare che la sua opera vive nella cultura “sperimentale” del Seicento europeo. È una delle tracce intorno alla quale si è sviluppata una chiave di lettura che permette di inserire il linguaggio, la lingua e i modelli espressivi antropologici in un contesto Barocco che abbraccia e interessa sia l’Europa che la geoletteratura del Mediterraneo Uno dei poeti rappresentativi della scuola della sensualità resta certamente lo spagnolo Luis de Gòngora (1561 – 1627) sia con le sue “Solitudini” e soprattutto con “Favola di Polifemo e Galatea”. Gòngora non fu solo un poeta ma un agitatore di coscienze. Fu riscoperto da Garcia Lorca e ne fece conoscere la modernità. Il rapporto tra le figure e le opere di Gòngora e i poeti dell’Accademia napoletana fu estremamente interessante. Il Barocco spagnolo, vera anima di un Seicento poetico ed europeo dentro la cultura del Regno di Napoli, che si rapporta con la cultura russa, inglese e americana, portoghese, francese, è un Barocco che non conosce gli schemi e le etichette di quella melanconia che sfiora, a volte, l’assurdo ben costruita in Giambattista Marino (1569 – 1625) o in un Giuseppe Battista (1610 – 1675), che pur nella sua complessità, rimane privo di una profondità drammatica tanto che venne definito: “Scaltro manipolatore di argutezza, non sempre fredde, e d’iperboli” (Cfr. “Poeti dell’età Barocca”, Guanda, 1961, vol. I, pag. 353).
Nel Barocco che vede Napoli come centralità di modelli “accademici” c’è anche Giuseppe Battista, nato a Grottaglie, l’11 febbraio1610 e morto a Napoli il 6 marzo 1675, il quale vive in una temperie in cui si scontrano Rinascimento e Contro Riforma, in cui il rivoluzionario Giordano Bruno (1548 – 1600) recita il suo senso tragico nel nome di una eresia a Campo dei Fiori e Tommaso Campanella (1568 – 1663) si rinchiude nella sua città del sole in una utopia che recita la cristianità come follia e Galileo Galilei (1564 – 1642) disputa lo sguardo verso il cielo convinto che luce e manto stellare siano dimensioni della natura. Il Barocco supera il Rinascimento e traccia il tempo di una decadenza non come caduta di valori ma come una nuova estetica del fare arte e letteratura. Quella decadenza in cui il recupero della classicità greco – romana è un intreccio con lo scenario teatralizzato di un Miguel de Cervantes (1547 – 1616), in cui l’amore e il concetto dell’inquietudine dell’amore diventano abolizione della visione del peccato.
Il Barocco trova la sua originalità nell’abolizione del concetto di peccato perché la poesia che esce dalle Accademie, pur nella metafisicità, si intreccia in un post Rinascimento onirico e illuminante che toccherà successivamente le stagioni della drammaticità foscoliana. Battista, in una tale temperie, è una chiara testimonianza di un vocabolario che si innerva nelle stagioni sperimentali che apriranno un dialogo articolato tra letteratura e filosofia.
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