Thierry Dufroux
Certi indirizzi gastronomici si ha la tentazione di tenerli per sé, tanto piacciono. Il bistrot Belhara di Parigi è di sicuro uno di questi. Confesso: per un momento mi sono detto che scriverne voleva dire intaccarne l’atmosfera, in qualche modo banalizzarlo, ma a ben pensarci direi che Thierry Dufroux non corre affatto il rischio di diminuire la qualità della sua cucina per far fronte ai clienti, prova ne è la scelta del quartiere, il VII arrondissement, vicino all’Ecole Militaire, a due passi dalla Tour Eiffel. Il numero 23 della rue Duvivier, una viuzza, intima, tra l’Avenue de La Motte Picquet e la rue de Grenelle, è collocata in uno dei quartieri a più alta densità di buongustai capaci di percorrere chilometri per assaggiare un buon piatto. Thierry ha raccolto la sfida e il suo percorso di formazione ne dimostra la determinazione e l’ambizione.
Originario del dipartimento del Maine-et-Loire, a dieci anni trasloca con la famiglia a Bayonne, patria del celebre prosciutto e a sedici comincia già a lavorare nel settore della ristorazione inanellando gli indirizzi prestigiosi: l’Hôtel du Palais a Biarritz e Arrambide a Saint-Jean-Pied-de-Port, un passaggio all’Eliseo durante il servizio militare sotto Mitterand, per poi passare ai 3 stelle Michelin di Michel Guérard nelle Landes, Bernard Loiseau in Borgogna e Alain Ducasse a Monaco. Con quest’ultimo passa quattro anni prima di andare alla sua scuola di Argenteuil, nella quale insegna ad altri giovani discepoli del guru della cucina francese, e fare consulenza con Bruno Caironi, braccio destro di Ducasse.
Ma l’idea di avere un ristorante tutto suo è con lui sin dall’inizio. Alla fine dell’esperienza con Ducasse, lascia gli stellati e si associa a Delphine Mariane e Magaly Alcover nel bistrot Volney, un altro indirizzo da annotare, tra la place Vendôme et l’Opéra. In appena due anni, nel 2011, il locale viene eletto miglior bistot prima dalla guida Lebey e poi da Gilles Pudlowski. Ora Thierry è pronto per il grande salto e dal II arrondissment atterra nel VII chic e borghese. Ma attenzione: la cucina che propone è quella del bistrot, quindi semplice, tradizionale, a prezzi accessibili, con una punta di innovazione e maestria da vendere. Semplicità e bontà sono le parole d’ordine! Quando è ai fornelli, Thierry non ha in mente che i pasti domenicali della nonna e gli chef che ha incontrato sulla sua strada e gli hanno insegnato tutto.
Quando compra il locale, un ex bistrot i cui proprietari ormai anziani preferiscono riposarsi, Dufroux affronta quattordici giorni di lavori con i quali trasforma in minima parte la struttura, la personalizza e crea soprattutto una finestra che gli permette di comunicare direttamente con la sala e tenere il contatto diretto con il personale e i clienti. Le reazioni raggiungono immediatamente la cucina, capace di reagire prontamente ad ogni evenienza. Solo così, pensa Thierry, potrà evolvere e dare piacere ai convivi. In sala, il simpatico e garbato Frédéric, che lavorava per i precedenti proprietari da ventisei anni, è la testimonianaza della storia del posto, ma anche del rispetto che la nuova proprietà porta nei confornti di un mestiere della ristorazioen che a volte sacrifica gli uomini senza ragioni valide.
Nel menu soffia un venticello basco (il nome Belhara indica una celebre onda dell’oceano cavalcata dai surfisti) con qualche classico della gastronomia del sud-ovest francese (prosciutto di Bayonne, il formaggio Ossau-iraty o il peperoncino di Espelette), che accompagna con franchezza di gusto i classici della cucina di bistrot.
All’arrivo, per l’attesa, una terrina accompagnata dal pane del celebre Poujoran (a due passi nella rue Jean Nicot), ma il servizio è rapido e la cucina è efficace. La scelta prevede sempre delle zuppe con prodotti di stagione, l’immancabile foie gras, i salumi, le uova rigorosamente bio, due pesci (cotti al grasso d’anatra), una carne rossa e una bianca e dei buonissimi dolci. Tra questi, non posso non consigliarvi il Riso al latte, un omaggio anche qui alla nonna. La ricetta, al passo con i tempi è stata alleggerita nella materia grassa, ma il sapore è alle stelle e mai uguale, dato che è accompagnato da frutta di stagione. Ottimi anche il Paris-Brest, croccante e gustoso, e la torta al cioccolato, il cui impasto, secondo i dettami di Ducasse, è croccante e sa di nocciola.
La scelta dei vini, 60 etichette non esose, è convincente, adeguata alle dimensioni del ristorante e mira a crescere in qualità. I 36 posti a sedere, già oggi, dopo appena dieci mesi d’apertura, raramente liberi, propongono prezzi ragionevoli per una cucina di grande qualità che regala piacere e convivialità: due menu a pranzo, uno a 24 e il secondo a 34 euro, mentre la sera, quando le tovaglie decorano i tavoli per un servizio ancora più curato, il menu è proposto a 38 euro vini esclusi.
Il Bistrot Belhara nelle intenzioni di Thierry Dufroux è una creatura destinata a crescere e a evolvere. Premiato nel 2014 da Michelin con il Bib Gourmand, il locale mira ora alla prima stella.’’Ogni giorno’’ dice lo chef, ‘’è una nuoa sfida e il mio personale lo sa’’. Fabien, il suo secondo in cucina, ma tutto il personale in sala, Frédéric e Claire, partecipano a questo successo con energia e convinzione. Thierry sa trasmettere e motivare, con comprensione, ma anche con fermezza quando necessario. Il risultato è quello di un indirizzo franco e sincero, che mantiene le promesse e ristora davvero e forse anche di più, offre un’atmosfera ovattata e dinamica, protetta dallo stress, ma non sconnessa dalla realtà e sollecita le papille come pochi. Imperdibile se vi piace mangiare bene, a prezzi misurati e in un’atmosfera piacevole.
Domenico Biscardi - Incroyables et Merveilleuses ([email protected])