Basta l’accenno di un temporale perché subito vada via l’energia elettrica che peraltro è la più cara d’Europa. E tuttavia in questa Italia cosparsa di morti veri e della cenere delle speranze, oltre che delle centrali a carbone, l’Enel butta via soldi per lanciare su Twitter una delirante gara a raccontare la propria storia di guerrieri del metro, del pendolarismo, della fila in autostrada, della propria gara nella vita.
Difficile immaginare qualcosa di più patetico e ridicolo di questa inutile campagna che batte senza requie in televisione, per rimandare a twitter dove però è stata giustamente sbertucciata dall’universo mondo. Non poteva essere diversamente visto che le classi dirigenti italiane, soffocate nel loro provincialismo imitativo non si rendono contro che cervelli angli e americani abituati ad altre ingenuità, ad altre retoriche, ad un altro immaginario siano destinati a fallire come è accaduto allo spin doctor di Monti o ai disegnatori di auto made in Usa che in Fiat creano non per gli italiani o gli europei, ma per gli agricoltori dello Iowa o come – tra mille esempi possibili – questo ultimo infortunio degli insensati #guerrieri.
Se da noi esistesse gente così la prima cosa che dovrebbe fare è dare l’assalto all’Enel impedendole di buttare via i soldi dei clienti per queste cagate pazzesche, ma soprattutto dovrebbe battersi per i propri diritti invece di subire la rapina di futuro prima operata a mano armata di tv dal Cavaliere Evasore e continuata con vaselina retorica dai suoi ex nemici, rivelatisi epigoni. Tuttavia questa inconsulta campagna è benvenuta perché nella sua insensatezza, scopre uno dei principali artifici attraverso cui la comunicazione nel suo complesso cerca di sterilizzare ogni protesta verso lo statu quo del declino: servirsi della rabbia per un futuro negato, del malcontento, dell’ira che serpeggia sottopelle per disperderla ai quattro venti, nel mare del nulla invece di farle prendere una direzione.
“Siamo i guerrieri dei posti in piedi, siamo i guerrieri delle tangenziali, delle scartoffie, siamo i guerrieri del lavoro… Vincere è possibile se lottiamo insieme”. Also sprach lo spottone Enel. Ma vincere che cosa? Lottare contro che cosa e per che cosa? Al sistema del profitto e dello sfruttamento di cui l’Enel è nel suo piccolo un esempio? No di certo, l’oggetto manca completamente: lo spot televisivo e quelli che compaiono su Twitter sono soltanto un invito a resistere, a “inseguire il sogno” a non mollare dal momento che un altro mondo e altre possibilità non esistono. E’ in effetti un invito a non ribellarsi, ad essere guerrieri che si arrendono senza combattere, ma a vedersi lo stesso come eroi che sopportano sfruttamento e impoverimento o l’inesistenza della politica o le bugie che vengono dette. O anche l’indifferenza, i disservizi generali compresi quelli della medesima Enel , la precarietà, i ricatti sul lavoro, l’inquinamento.
Un meccanismo troppo scoperto che si è rivelato un boomerang come non scrivono i giornali che hanno ricchi contratti pubblicitari con l’Enel, forse l’effetto di una straordinaria fiducia nel rimbambimento collettivo da parte dell’agenzia che ha creato lo spot, la famosa Saatchi&Saatchi, quella che ha acquistato notorietà mondiale dopo aver fatto vincere Margareth Tatcher nelle elezioni del ’79. Forse non è affatto un caso. Così mentre la comunicazione politica e mediatica nostrana è volta a creare o dare per scontati obiettivi inesistenti o irrealistici o semplicemente bugiardi, quello dello spot Enel va oltre e tende invece ad eliminare l’obiettivo stesso, basando tutto sull’emotività a monte come appunto avviene in altri contesti. Probabilmente all’Enel non viene nemmeno in mente che fornire un servizio efficiente, a prezzi europei, senza eccessivo inquinamento o casse integrazioni sarebbe una pubblicità efficace. Anzi sarebbe una sconfessione dello stesso spot e del contesto culturale in cui nasce.