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Quello che però Marchionne sta facendo non è solo prendere per i fondelli i governi che si sono succeduti negli ultimi mesi ma cercare di riscrivere l'approccio politico e di concertazione di questo paese, continuando però a fallire nella sua impresa originale che sarebbe quella di vendere auto. Nonostante le promesse e le garanzie (che nessuno, appunto, ha visto) di Fabbrica Italia non si sa più nulla se non che assomigli molto da vicino a un flop, una cosa di cui è meglio non parlare perché non funziona. Tutti gli stabilimenti Fiat Auto sono ancora in cassa integrazione, quindi a produzione ridotta (se non a zero), a Irisbus hanno messo i sigilli e pochi giorni fa, sul Corsera, Sergione nostro ha dichiarato che ci sono altri due stabilimenti auto che potrebbero chiudere dopo quello di Termini Imerese.
Il tutto mentre il governo, anche quello tecnico, latita, le istituzioni tacciono e la gente si disinteressa sempre di più a quel dibattito che tanto sembrava emozionare il paese qualche mese fa. E anche il presidente Napolitano, garante della nostra Costituzione, non fa un passo avanti d'innanzi alla cancellazione di tutele, diritti, contratti, libertà individuali che avvengono dentro gli stabilimenti Fiat, persino in quelli Ferrari e Maserati dove la necessità di produrre beni di lusso su quattro ruote non dovrebbe essere legata a tempi e metodi da fabbrica dell'800. Il tutto si consuma col solito qualunquismo italiota, quello che "gli sta bene" o "chissenfrega" o "tanto il padrone è lui", quello insomma che poi ci regalò il ventennio di mussoliniana memoria e svariati anni di politica e puttane.
In Fiat non si può più, dopo decenni, tenere in bacheca il giornale che i lavoratori vogliono tenerci. Non si può più decidere di essere iscritti al sindacato che si sceglie, né reintegrati dalla cassa integrazione se si fa parte di quello "sbagliato". Non si può scegliere il proprio rappresentante, non si può rimanere assenti per nessuna ragione se si vuole ottenere il premio aziendale, non si può rimanere ammalati a rischio di perdere l'indennità coperta dall'azienda, non si può andare in pausa mensa se non è d'accordo il capo, il quale potrà decidere se siamo o meno stanchi ed affamati. Da giovedì scorso la Fiat può anche stabilire di rifiutarsi di applicare le decisioni dei giudici e non reintegrare tre lavoratori che hanno vinto il processo d'appello. Libertà sindacali, malattia, lavoro, libertà di espressione, di giudizio, di parola. Sono valori contenuti nella nostra Carta, sono in molti casi logiche che significano né più né meno che ognuno può pensare con la propria testa e, magari, pur lavorando bene per un'azienda, non ne condivide il metodo e vorrebbe poterlo discutere per migliorarlo. Per dare un contributo.
Marchionne calpesta tutta questa serie di cose nel silenzio di ogni autorità. Citando la mente brillante dell'onorevole Gasparri, vien da dire che ricorderemo le firme che sono state messe in questa faccenda e quelle che non sono state messe. Ricorderemo questi tragici silenzi quando la Fiat, in Italia, non esisterà probabilmente più. Per ora prendiamo atto del fatto che Marchionne è il vero capo dello stato in Italia e tra un referendum fascio-corporativo e l'altro ci stiamo chiedendo chi l'abbia votato. Per ora ci vengono in mente solo quelli che lo hanno assecondato. I lacchè e quelli che si sono arresi subito. Ci vengono in mente quelli che parlano di crisi e plaudono all'italo-canadese che per ora non ha convinto gli americani a girare in 500 e produce manifesti politici televisivi per convincerci che l'Italia buona è come... la Panda. E' un bel sticazzi no? Non lo vogliamo mettere? L'Italia come la Panda però spiega tante cose. Se non altro il guru della finanza automobilistica, dove non serve vendere auto ma far girare numeri in borsa ci ha ricordato che più di una Panda in Italia non possiamo essere. Anche perché se così non fosse qualcuno lo avrebbe probabilmente rispedito a casa.
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