di Michele Placido
con Mathieu Kassovits, Daniele Auteuil
Francia 2012
genere, polar
durata 89'
Al centro della storia la figura sfuggente e misteriosa di un cecchino, Martin Kaminski, leader di una banda di rapinatori di banche, ed il commissario Mattei, tutore dell'ordine incaricato di catturarlo. Una caccia all'uomo cruenta e senza esclusioni di colpi che diventerà per entrambi una questione personale quando, dopo essere stato catturato grazie ad una telefonata anonima, Kaminski riuscirà ad evadere, e si metterà alla ricerca di chi lo ha tradito, lasciando dietro di sé una scia di sangue che non distinguerà tra buoni e cattivi.
Per Michele Placido "Le Guetteur" era molto di più di un film, perché la proposta di girare in Francia con attori del calibro di Daniel Auteuil, Mathieu Kassovitz e Olivier Gourmet rappresentava non solo il riconoscimento di una professionalità capace di dialogare con il cinema internazionale, ma anche la possibilità di prendersi una pausa dalle paludi di una cinematografia casalinga sempre avara per un autore che voglia confrontarsi con le forme del cinema di genere - basti pensare, sempre per restare al nostro regista, lo scarso interesse suscitato dal pur buono "Vallanzasca - gli angeli del male" (2011). Un mestiere che Placido conosce bene per averlo più volte frequentato ("Romanzo Criminale", 2005) e che dal punto di vista tecnico e delle riprese mette a disposizione in maniera efficace in questo film. Per affermarlo basterebbe analizzare la sequenza d'apertura, quella della mancata rapina, in cui Placido non solo dimostra di conoscere a menadito il cinema americano, riprodotto con dovizia sia dal punto di vista stilistico, grazie ad un montaggio serrato ed ansiolitico, che spettacolare, con scontri a fuoco e crash automobilistici di incredibile dinamismo, ma anche di saper mantenere intatta la propria identità, con un realismo che permette al film di restare umano, con il sudore e la paura impressa nel volto dei poliziotti e sparata in primo piano sullo schermo. Una qualità sulla quale pesa una sceneggiatura - ricordiamo che "Le guetteur" è un lavoro su commissione - sbilanciata quasi subito da un interesse eccessivo nei confronti di personaggi e situazioni che, paradossalmente nell'intento di alzare la posta in gioco spingendo l'acceleratore sul gore e sull'horror, finiscono per produrre il risultato inverso, facendo perdere alla storia credibilità, compattezza e tensione. Così ad un certo punto capita che il personaggio di Kaminski, funzionale per ineluttabilità e linee d'ombra ad un genere come il "polar" che di essi si nutre, venga messo in secondo piano, e sostituito in chiave psicologica e di meccanismi interni, da derive patologiche e melodrammatiche introdotte dal personaggio di Oliver Gourmet, che portano "Le guetteur" nei territori della mostruosità da serial killer e di personaggi alla Hannibal Lecter. Ed a nulla vale che il film lambisca nell'accennato duetto tra Mattei e Kaminski quello di De Niro e Al Pacino del mitico film di Michael Mann. Ci vorrebbe un altro spessore e ci sarebbe bisogno di un'altra storia, mentre in un calderone del genere anche le interpretazioni di attori come Mathieu Kassovitz e Daniel Auteuil per non dire dei nostri Luca Argentero e Violante Placido finiscono per perdere consistenza, consegnandosi ad un risultato che è un'occasione persa un po' per tutti, soprattutto per chi dovrà pagare il biglietto.