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Il chierichetto del Sindaco

Creato il 14 giugno 2011 da Paperoga

Il chierichetto del Sindaco

Era tutto pronto. Ero preparatissimo. Conscio dell’importanza del mio ruolo, avevo fatto tutto per tempo.

Dal giorno in cui Gastone e la Milanese, comunicandomi la loro decisione di convolare a nozze in uno sperduto paesino del Salento, mi avevano proposto di celebrare il matrimonio civile quale delegato del sindaco, non avevo fatto altro che prepararmi al giorno in cui sarei stato il Grande Sacerdote laico, il Sommo Celebratore, il Dispensatore di fiori d’arancio.

Anzitutto ero partito dall’abito. Per me che ai matrimoni ci andrei anche in tuta (e sono stato ad un passo dall’andarci diverse volte) è stato strano accorgermi della necessità di conformare il mio aspetto alla munificenza della mia funzione. “Stavolta basta con il solito atteggiamento da pezzente”, mi dicevo, dovevo essere imponente e trionfante, indossando un abito che mi desse un aspetto sgargiante, saggio e severo. La mia prima idea è stata quella di farmi fare su misura un pesante abito da Sommo Sacerdote babilonese, con un alto copricapo tutto tempestato di simboli esoterici, una roba che in confronto anche la mitra papale rasenterebbe in squallore un cappellino di plastica del Gruppo Vacanze Piemonte. Quali accessori, un bel bastone e guanti di raso bianco con sopra alcuni pesanti brillocchi. Avrei poi portato con me sotto braccio un librone rilegato con copertina intarsiata in legno da dove avrei letto il mio lungo discorso di 25 minuti pronunciato in aramaico antico con cui avrei appassionato, commosso e rapito il pubblico presente. Sarei entrato nella sala comunale accompagnato da due fidi paggetti al fianco, il Sindaco mi avrebbe accolto baciandomi l’anello e mi sarei seduto sul trono predisposto per l’occasione. Immagino anche che gli invitati mi avrebbero omaggiato di doni in natura e denaro, che due enormi portatori di lingua swahili si sarebbero caricati in spalle ed avrebbero depositati nel garage dei miei genitori.

Avevo già in mente anche alcune modifiche alla breve e asfittica cerimonia civile che, come tutti sappiamo, si riduce ad una corsa degli sposi con dietro i loro invitati davanti al sindaco, che dice due cazzate e poi ammolla alla coppia un duplice calcio in culo sbraitando che c’ha altri 16 matrimoni da celebrare nella prossima mezz’ora.

Io invece avevo in mente una coreografia più dignitosa, che desse il giusto risalto ai due sposi e soprattutto al loro celebrante: gli sposi sarebbero entrati assieme, ed arrivati davanti a me e al mio giaguaro (ah, non ve l’ho detto che avrei avuto a fianco durante la cerimonia un giaguaro alla catena), si sarebbero inchinati ed io avrei posto le mani sulle loro teste benedicendoli con poche ed oscure parole. Poi gli sposi si sarebbero scambiati le promesse nuziali inginocchiati come fedeli islamici in direzione della Mecca (nel quale caso io sarei stato la Mecca) e a sancire il legame, dopo il bacio di rito, il mio giaguaro avrebbe provveduto a leccare l’atto di matrimonio a mò di ceralacca.

Era dunque tutto pronto quando, qualche giorno prima del matrimonio, mi chiamano prima Gastone e poi La Milanese.

Sai”, dice quello, “il sindaco sta facendo un po’ di storie sulla delega, vorrebbe celebrarlo lui, è neoeletto e non ne ha mai celebrato uno. Se non riusciamo a fartelo celebrare comunque tu faresti lo stesso il tuo discorso, anzi magari ti facciamo sedere vicino al sindaco come una sorta di cerimoniere”.

Una sorta di cerimoniere? Cioè praticamente devo fare il chierichetto del sindaco? Il chierichetto del neo eletto sindaco di uno sputo di paese in cui la gente va ancora a dorso di mulo? Devo reggergli la fascia tricolore? Devo tenergli il calamaio di inchiostro mentre lui firma l’atto di matrimonio? L’anello? Chi cazzo me lo bacia l’anello? E il giaguaro? Che cazzo me ne faccio di un giaguaro adesso? Lo abbandono sull’autostrada come i cani?”

Ma di che cazzo stai parlando?

Eh, ce lo so io, ce lo so...”

Non solo vengo derubricato ad un grigio diacono, ma La Milanese ha pure il coraggio di farmi richieste aggiuntive:

Hai pensato come vestirti?”

Perdio se c’ho pensato, a proposito a chi cazzo l’appioppo un abito da sacerdote babilonese adesso? Lo metto per carnevale?

Sento Gastone da lontano: “Ma di che cazzo stai parlando?”

Eh, ce lo so io, ce lo so…Comunque che cazzo ne so, verrei con un vestito scuro, e una camicia senza cravatta a sto punto”.

Benissimo benissimo“, cinguetta La Milanese, “magari visto che sei accanto al Sindaco che ha la fascia tricolore potresti indossare una bandiera della Pace messa a mò di sciarpa…”

Una bandiera della Pace? E chi sono io Padre Zanotelli? E poi, mi degradi a chierichetto e mi chiedi anche la bandiera della Pace? Io vengo con la bandiera dell’Odio, o dell’Ira Funesta, o dell’Incazzatura a Bestia, se vuoi. Posso venire vestito da pirata con la benda all’occhio il pappagallo sulla spalla e la bandiera nera coi teschi?”

Ma di che cazzo stai parlando?”.

Ad ogni modo, il giorno della cerimonia, nel paesello di Inculopoli mi presento a capo mesto, senza tunica da sacerdote, giaguaro e vincastro, ma anche senza bandiera della pace. Do la mano al Sindaco che invece è tutto contento come se si sposasse lui. “Piacere, sono il Sindaco!” “Piacere a sto caz…eh, piacere, sono Paperoga,”, brontolo a denti stretti.

Comincia la cerimonia. Io sono alla destra del Sindaco, davanti agli sposi con al loro fianco i testimoni. Il Sindaco introduce la cerimonia e mi dà la parola per fare il discorso introduttivo. Ho lasciato a casa il lunghissimo monologo scritto duranti nottate insonni al lume di candela. Parlo a braccio un paio di minuti scarsi, minuti in cui abbandono ogni velleità lirico/retorica e al massimo mi trattengo dal mandare a fare in culo gli sposi, dal dare delle zoccole alle invitate e degli stronzi agli invitati.

Per tutta la cerimonia sto seduto accanto al Sindaco, spalle accasciate e viso di granito, mi manca solo la campanella da suonare per far alzare le persone.

Poi però Gastone e La Milanese si sposano. Così, all’improvviso diventano marito e moglie. E manco sono diventati marito e moglie che gli piomba addosso loro figlio, tenuto pazientemente lontano da parenti e amici fino a quel momento. Li guardo un attimo tutti e tre, belli e vergognosamente felici, ed accantono ogni velleità di officiante. Sono lì, a due metri da loro, nella posizione invidiabile di chi non vorrebbe mai e poi mai essere da un’altra parte.

Anche se cazzo, a dirla tutta, con quella tunica, quel copricapo e quel giaguaro sarei stato davvero il sovrano dello sposalizio, ed alla fine della cerimonia i presenti non avrebbero baciato mica gli sposi, ma mi avrebbero osannato e portato in trionfo, ignorando d’un botto i nubendi.



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